30.6.07

dilemma salingeriano

ma dove finiscono parcheggiati i camper d'inverno?

29.6.07

discorso ai nuovi italiani

passo, del discorso al lingotto, in cui W, in quattro e quattro = otto, riassume il senso della mia tesi di laurea alla specialistica, in maniera alquanto diretta:


E poi, penso ad un Partito democratico che lavori duramente alla riqualificazione della spesa pubblica: ogni anno, ci si scatena in una lotta durissima per limare ai margini i capitoli di spesa, in più o in meno, senza mai gettare lo sguardo sulla parte più consistente della spesa, quella che si ripete ogni anno, senza che ci si chieda se serve davvero a qualcosa. Le pubbliche amministrazioni devono invece giustificare l'utilità di tutte le somme che richiedono, non solo di quelle aggiuntive: giustificare fin dal primo euro ogni richiesta di stanziamento, valutare fino all'ultimo euro come sono stati utilizzati i soldi dei contribuenti.


Il Presidente dell'Anpi, Massimo Rendina, in un telegramma, così ha espresso il suo apprezzamento per le parole di W:


CI IMPEGNIAMO SOSTEGNO TUA PROGETTUALITA' RIVOLTA BENE COMUNE

28.6.07

eventi paranormali

alla mia casella posta da blogger, disponibile in alto a destra, giunge poco di più che sporadico spam. ma ieri sera, la rivelazione:

Da:
stefano
A:
maynardo@libero.it
Oggetto:
ho bisogno del gelatino
Ricevuto il:
26/06/07 19:18

ciao ascolta a mia figlia piace ti piace il gelatino..dove e come posso scaricarla visto che dal mio programma di musica non ci riesco

e tutto, credo, per questo vecchio post sulla mitica coppia. Come aiutare il nostro amico?

p.s. ieri sul treno bologna-roma, ho assistito, mio malgrado, alla conversazione-più-surreale-del-mese, tra il guru daniel lifschitz, pittore, scrittore e molto altro, avviato da lungo tempo su cammino neocatecumenale e giovane ciellino ammirato. Potremo mai salvarci?

26.6.07

il dispatrio

.

il sosia di nino manfredi aveva un hobby: le radio

calura insopportabile
di notte, botte di sete mi spingono al frigo
in cui mi serro
memoria del sosia di nino manfredi
il quale, a suo tempo, mi consigliò
di ricavare sollievo
bagnandomi con acqua fresca i polsi
provaci, è efficace
poi se evitassi di bere la sera prima
riesce pure meglio

24.6.07

spicciati

meglio perdere contatti in modo consistente
che contatto con la realtà circostante
dopodiché qui non si chiarisce in quale dimensione
tra la virtuale e la reale
pari i colpi e più mi difenda
studio sì, il veltronismo e la veltroeconomics
parigi e i suoi misteri
con un compasso sulla carta geografica
segno i miei spostamenti futuri
ché avellino is burning
e io (quasi) spacciato

20.6.07

qui come lì

Misuro il mio esser provinciale con la rinuncia, una volta espatriato, a voler registrare le lancette alle sopravvenute esigenze di fuso. Dopodiché lo sbarco a Lisbona fila liscio. Se non fosse per il primo di innumerevoli tassisti (la donna del punto informazioni dell’aeroporto, con cipiglio, aveva tenuto a precisare che tutti i taxi della capitale sono bianchi, e subito che ne spunta uno nero e verde mare) il quale commenta le prossime elezioni alla camera municipale, uscendosene che la politica è tutta una melma nei paesi latini, e la izquierda (la sinistra) non è più quella di una volta, è una pseudo izquierda, una izquierda di destra, per capirci. Scatarra di continuo, una brutta tosse lo affligge, ha un coincecao nel cognome, e ci porta dove indicato. Il piano è il quarto. Le coinquiline che ci ospitano sono tre. Dopo sfuggenti convenevoli, si scende in perlustrazione, si scende in città. Restiamo subito colpiti dalla presenza di moltissimi stabili abbandonati e sbrecciati, persino nella baixa. Superiamo il campo martiri della patria, pieno di galline, anatre, pavoni e ubriaconi. Più in là, statua enorme di medico guaritore, inzeppata di ex voto: devozione popolare. Primo miradouro (belvedere), prima incontro con erasmus vicentina, primo tram giallo in discesa iper ripida. Utilizzo la toilette (memoria) di un centro sociale, arredo vintage e da cui proviene musica anni ’50. All’Accademiu, lì dove non te l’aspetti, un campo da basket al terzo piano e accanto giovani donne che imparano la danza del ventre. Il palazzo dell’Alentejo. Assaggiamo (e gettiamo senza aver gradito) un pessimo liquore di ciliegia. Praca do commerco. Adamastor che dalle pagine di Ricardo Reis si trasmuta nella “piazza degli scoppati”. Fernando Pessoa, immobile dinanzi la Brazileira toglie il gusto a qualcosa. Più significativa la statua dello Chiado. Una gran brezza ci costringe al ritorno. Di sera, la prima delle feste erasmus, al muro gigantografia del topo di casa, e Ginevra in un angolo a spiegare al mio amico intontito, cos’è il desassossego, qual è il fascino della città, che può sembrare pure brutta, ma. Mai più incontrata, eppure ogni sera allungavamo il collo. Giusto avremmo desiderato descrivergli l’incanto per le scoperte dei giorni a venire. Il castello dei mori, che pure mi è costato un vaffanculo dall’italia, e certe stradine e certe macerie di alfama. Compreso un pranzo ignobile in mezzo ad un isola pedonale, nel quartiere che si preparava alla gran festa di sant’antonio, festoni sparsi ovunque, e poster giganti di artisti quali Jessica, Anna Ritta e ToZé Morais. L’Oriente di Calatrava (e altri ancora). La grigliata di erasmus italiani con barbecue approssimativo e discorso chilometrico con una tizia di alba sul tema del divorzio (sul quale c’è stato da poco un referendum in Portogallo), su veltroni e le sue chances, sul diritto alla casa, e altre cose che, dopotutto, ti tengono lontano dal mondo. Una coinquilina di fianco, riconoscendomi a stento, mi dice, sì, ma tu chi sei? Il giorno dopo, ci rendiamo conto di come le donne portoghesi soffrano, sopra la media europea, di zoppia e strabismo, forse per via dei saliscendi sconnessi e di antiche tare genetiche. Una di queste, in metro, ci chiede come sta il papa, bene, grazie, gli riporto i tuoi saluti. L’odore di muffa dei vecchi androni. Riempirsi di Superbock ché la Sagres costa un euro. Prima di arrivare a Sintra, una giovane donna ride della nostra capacità a prendere le misure con la macchina obliteratrice locale. Quasi mi innamoro della sua risata ma poi desisto. Sulla sommità del castello dei mori (un altro) ricevo telefonata dall’italia di convocazione ad un colloquio di lavoro, e se mi buttassi giù? Un sito internet conferma che un amico di famiglia è riuscito a guadagnare un assessorato divertente, così come preannunciava, orgoglioso, il figlio. Con una Seat Ibiza, in strade semi deserte, raggiungiamo prima Batalha, poi Porto (splendida al primo colpo d’occhio). Uno scazzo da brillo per una festa drum & bass, quasi compromette l’armonia. Una bevuta di porto in cantina ricompone gli animi. Coimbra, la studiosa, si presenta vuota e poco interessante. Ci lamentiamo del sorriso mancante di una patatina smile, coll’impressionante cameriera del pizza hut. Degli erasmus tedeschi ci raccolgono e ci portano all’unica festa della città. Dove siamo bravi ad imbastire, con chiunque ci capiti a tiro, un noto gioco di calcio, la “tedesca”, che scopriamo chiamano “brazileira”. Con uno spagnolo, si discute del carattere degli italiani, partendo dall’utilità del contropiede. Lui ne approfitta e mi fa una menata sulla inutilità degli scioperi generali (ce n’è stato uno in Portogallo il 30 maggio, pare grandioso). Oceano a Negres e vicino Caldas de Reinha, col cameriere amante di calcio che ci scruta quasi fossimo quello che sempre avrebbe voluto essere: un tifoso dell’italia. Di ritorno a Lisbona, la maschera di Giangi, il vicentino, che bestemmia con DIO PEPE!, brinda con CION CION!, e canta, impostato, una lacrima sul viso. Le folle oceaniche della notte del dodici giugno, vigilia di Sant’antonio, tutta Lisbona in strada, tra barrio alto fino al castello. L’alba, di nuovo sotto Adamastor, incelofanato. La tomba di Pessoa, la torre di belem, il pasteis de nada e la vacanza che corre a conclusione. Insomma molto bene, se non fosse per qualcosa da registrare. Perché è come se mancasse la parola fine. Qui come lì.

19.6.07

a (ri)leggere i quotidiani

Il sofà della camera è comodo, le molle, dopo tanti corpi che vi son seduti sopra, si sono umanizzate, formano un leggero avvallamento, e la luce della lampada sulla scrivania illumina con buona angolatura il giornale, non sembra neanche un albergo, questo, è come trovarsi a casa, in seno alla famiglia, al focolare che non ho, se mai l’avrò, sono queste le notizie della mia terra natale, e dicono, Il Presidente del Consiglio, accompagnato dalla fedele moglie Flavia, ha partecipato alla solenne inaugurazione della restaurata cattedrale di Noto, che nome curioso, non ricordo dove si trovi, ah, in Sicilia, è assolutamente splendida, più di quanto immaginassi, dichiara, mentre finge di ignorare il coro di fischi che lo attende all’arrivo ai piedi del duomo, Scandiscono slogan, urlano, Buffoni!, Venduti!, per quanti politici che si vendono, quello della politica dovrebbe essere il mercato più liquido in giro, Il monumento è il gioiello del barocco siciliano, la cupola e le navate crollarono miseramente sotto il peso dell’incuria e delle crepe aperte dal terremoto del ’90 il 13 marzo millenovecentonovantasei, novantasei, avevo dodici anni, è naturale che non ricordi, Ariano Irpino protesta contro la riapertura della discarica di Difesa Grande, giorni fa il Commissario Straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania Guido Bertolaso, proprio ad Ariano era stato circondato mentre si trovava a bordo della propria auto dalla folla che gli aveva impedito di scendere dalla vettura, si cerca una mediazione, il sindaco Gambacorta è stato convocato a Roma, una matassa intricata questa dei rifiuti, quasi si dovrebbe affiancare al tributo di scopo (la TARSU?) ad una paganeggiante invocazione alla potenza delle scope, Parte in salita il vertice per il Documento di Programmazione Economica e Finanziaria, scontro sulle pensioni, Rifondazione Comunista si oppone, contrapposizione che si ripete da anni tanto da poter immaginare pensionati che hanno scampato i tagli per decorrenza dei termini, L’Airbus ha progettato il Super Concorde che permetterà di raggiungere New York da Parigi, in appena due ore, nel duemiladodici è previsto il primo volo, avrò ventinove anni scarsi, purché sia in grado di pagare il biglietto a cifre che toccano i duecentomila dollari secondo i calcoli attuali, purché abbia qualcosa da fare nella Grande Mela arrivandoci dalla Francia, La facoltà di Economia dell’Università di Modena e Reggio Emilia si posiziona terza nella classifica stilata dal Censis, dietro Padova e Trento, escluse le private, mangiate in un boccone, rimanere all’università senza clamore, prospettiva da cogliere subito o perdere per sempre. La pagina che riferisce tranquillamente simili orrori cade sulle ginocchia di Maynardo, addormentato. Una folata improvvisa ha fatto tremare i vetri, il caldo si abbatte con la forza di un’onda. Per le vie deserte di Roma vaga iridescente lo spirito del tempo.


Scopiazzatura di pagina del romanzo di Saramago, L’anno della Morte di Ricardo Reis

18.6.07

rebus (a progetto)

c'è che se t'allontani un attimo dalla rete, ne vieni travolto, tenti di riprendere il filo, ma i fili son cresciuti a dismisura, niente a che vedere con quanto lasciato. c'è che se t'allontani un attimo dall'italia, rientrando, guardi tutti stralunato, ogni singola (e solita) stortura nazionale con dose di disgusto potenziata, e altro che jet lag, è questione di fegato (ri)cominciare. c'è che, a rigore, dovrei raccontarvi di lisbona, porto, coimbra, joel silva e tutti i fenomeni che m'hanno accompagnato durante il viaggio in terra lusitana, ma pochi attimi fa, un tizio di modena mi ha offerto di collaborare con la sua università con un dottorato, io che vorrei il titolo quasi senza frequentare, con altre responsabilità, altri traguardi possibili. io, insomma, che più confuso, come ora, non sono stato mai. c'è chi sfida la mia sostanza, e io, costretto, a rispondere, a tono, a poca distanza.



l'avellino è in serie b, a termine di una partita sofferta, quasi mal giocata, e decisa da un gol capolavoro di un giovane panchinaro che, durante tutta la stagione, s'era distinto per il poco che ha combinato. poi il pitone mannaro ed evacuofelice hanno timbrato la festa. questo già lo sapete. volevo solo confessare che io ho festeggiato, ingannevole, con la sciarpa, biancoverde, dello sporting lisbona: a futura memoria!

6.6.07

sto un po' fuori...


...mi raccomando le piante!

3.6.07

corsi di recupero

il governatore della banca d'italia, mario draghi, nella sua relazione annuale, tra gli innumerevoli dati messi in fila, ha ricordato che un quindicenne meridionale su cinque si trova in una condizione di "povertà di conoscenze" che ne segnerà, inevitabilmente, le chances di vita future. ma c'è di più: secondo un'indagine ocse, riportata oggi da tal alessandro de nicola sul sole 24 ore, "si arriva al paradosso che il 4 affibbiato allo studente del nord vale quanto un 6 o un 7 nel sud. la capacità in matematica del primo è superiore a quella del secondo, anche se quest'ultimo ha tre voti in più."

scoprire le proprie "insufficienze a distanza"- dato per certo che il divario, nel breve torno di tempo che ci separa dai nostri anni scolastici, non sia mutato - offre la medesima sensazione del ritorno di un'eco fragorosa che riporta un insulto, per di più statisticamente dimostrato, alla nostra intelligenza e addossa un'ombra indelebile sui nostri stentati risultati scolastici. tuttavia, invece di reagire scompostamente e mostrare, con orgoglio, quel che, bene o male, sappiamo, preferiremmo di gran lunga, e da meridionali, sostenere, magari con profitto, lezioni di recupero serale nei licei del nord che volenterosamente volessero ospitarci.

29.5.07

al duck sindaco

il polo vince al nord, titola il giornale. tenesse almeno lì, l'allarme per il surriscaldamento del pianeta risulterebbe meno pressante. tralasciando i non sense, mal riusciti, e pure l'analisi del dato nazionale, che a rigor di logica non esiste, essendo un'accozzaglia di dati locali assommati spesso malamente, mi limito a commentare l'elezione comunale di Atripalda, sulla quale si è già scritto. Al Duck Laurenzano è il nuovo sindaco della città dei fiumi (espressione, quest'ultima, coniata dalla ex sindaco, ora Presidente della Provincia, Alberta de Simone). il Laurenzano in questione vince col sostegno della Margherita (di De Mita Presidente e De Mita nipote), dei DS (di Alberta de Simone), dei Socialisti Italiani e del Movimento dei Repubblicani Europei. Suo fratello, Eugenio, cinque anni fa, perse la stessa carica, candidandosi col centro destra. Al Duck è già consigliere provinciale, eletto in quota Margherita. Il suo capogruppo è De Mita nipote. Avrà dalla sua tredici consiglieri (quattro della Margherita, sette dei DS, uno dei Socialisti Italiani). L'ultimo degli eletti, il socialista italiano, ha raccolto centotrentasei preferenze. Cinque anni fa, era il candidato a sindaco dei Liberi, una lista civica che raccolse tre centinaia di voti. La lista al Centro per Atripalda disporrà di sei consiglieri. Il capolista, tal la Sala raffaele, uomo di Gerry, con i suoi centonovantuno voti, sarà costretto a contendersi l'ultimo posto disponibile con tal Strumolo Attilio, che pure ha raggiunto la stessa soglia, probabilmente a dadi, oppure a colpi di fioretto. Gerry, eventualmente, gli terrà bordone. Arturo Iaione non ha tirato come l'avversario e ha ottenuto, come voti diretti al candidato sindaco, centoquattordici x (leggi ics) in meno, che non sono sufficienti, tuttavia, a volerle sterilizzare, a colmare lo scompenso che deriva dalla somma delle preferenze ai candidati di lista. Alleanza Nazionale raccoglie cinque centinaia di voti circa, e un consigliere. Rifondazione Comunista rastrella centotredici ics, sei candidati a secco, nessun consigliere, decisamente peggio rispetto ad un lustro fa. Su venti consiglieri, una sola donna, Annunziata Palladino, detta Nancy, DS; un solo giovane, Andrea Montuori detto Daniele, DS: fuochi d'artificio!

28.5.07

23.5.07

un post per te

nel passaggio di stato da studente a inoccupato
ho messo a tacere ogni nota di rilievo
ma fra un po' risfodero l'ipod
mi tappo le orecchie con le cuffie
e parto
(devo dedicarle un post, altrimenti non ci crede)
(devo dedicarle un post, altrimenti l'occasione passa)
di quindici giorni passati meno pericolosamente non si può
scorpacciata di quotidiani al mattino
appunti distratti nel bloc di pomeriggio
birra media di media di sera
e peccati di lingua
(devo dedicarle un post, finora non è efficace)
(devo dedicarle un post, finora confusione)
vuoi star con me?
NO
vuoi uscire con me?
NO
ho mille pensieri nella testa
una mitragliata di NO che rimbomba
eppure COPS ci appassiona
nel locale preferito vuoto e buio di venerdì
a commentare la diffusione di crack in america
sottovoce come al cinema
e ai due posti di lato i gestori fanno uguale
guarda che il canone bianco epilettico t'ama
non aver paura
un post per te
non te l'aspettavi eh?
NO
so che siamo ambedue per il "facile o niente!"
ma se serriamo i denti
un accordo si trova
meno liquido
meno

21.5.07

il buon governo come utopia

ATRIPALDA – Piazza Umberto I, verso sera, è semi colma, c’è subbuglio per i comizi che, secondo molti, decideranno l’esito della sfida elettorale per le amministrative di domenica prossima. Subito un colpo di scena. Dopo l’intervento del candidato di Alleanza nazionale, gli uomini di Gerry Capaldo, riuniti sotto l’ombrello della lista civica, Al centro per Atripalda, disertano il palco. Uno dei candidati di una lista avversaria, sotto anonimato, ci confida che la defezione è dovuta al timore di quanto avrebbe poi potuto dire il più atteso di tutti, Ciriaco De Mita (l’unico, in effetti, a disporre di voce su wikipedia, persino in turco). Dopo la trasmissione di ripetute versioni della canzone popolare (quella di fossati, intervallata dalla più recente degli afterhours), e un fugace assaggio del “cielo è sempre più blu” del compianto Gaetano, si parte col comizio. Introduce, piuttosto cantilenante, ma è un must qui, una giovanissima donna, che da verifiche successive non pare essere nemmeno tra le candidate, ma è quanto di più vicino alla rupture tranquille promessa dalla lista. A farle da cornice, e solo tra i riconoscibili, o non in quarta fila, Mario Sena, L.Gesù Anzalone, il segretario provinciale del MRE, il sindaco di Avellino, Giuseppe Galasso, la presidente della provincia, Alberta De Simone, infine, apparentemente distratto sulla destra, “il Presidente”, Ciriaco De Mita. Prende la parola il candidato a Sindaco, AlDuck Laurenzano, che per fedeltà alla bandiera, ha anteposto, talvolta, la politica alla famiglia, in quanto entità non altrimenti scalfibile. Che lo accusano di essere un uomo ambizioso, ebbene sì, lo ammette, lo è, perché un uomo senza ambizioni, è senza fantasia, è un uomo piatto (rattrappito, aggiungiamo noi, colpiti dall’enfasi). Insomma, che se c’è un uomo che ha tradito, questi è Gerry Capaldo, d’altronde la Margherita è una soltanto, e la presenza del Presidente scioglie ogni dubbio. Per discutere dei problemi concreti e dei programmi, ci sarà tempo (noi no, però), perché non vuole di certo rubare tempo al prezioso parterre. Dunque, parola alla De Simone. Mentre in alto, sul balcone del secondo piano del palazzo retrostante, parecchio fatiscente, nell’ombra, una donna nerovestita, assiste rapita. Simbolicamente o meno, resterà, per tutto il tempo del comizio, il riferimento più alto della piazza. L’Alberta si rivolge, ecumenicamente, agli atripaldesi, con voce mozza, prossima alla commozione, o è solo stile? Ha molto ricevuto dalla città ma molto ha dato e ancora ha da dare. In qualità di Presidente della Provincia. Cui, lascia intendere, gioverebbe interloquire con un’amministrazione dello stesso colore. D’altronde, non è stata lei, forse a finanziare il parco archeologico, 3 milioni di euro, per l’antica Abellinum? Non è stata lei ad aprire il primo centro dell’impiego della cittadina, nei pressi del centro servizi (ed è bellissimo, assicura)? Non è stata lei a programmare il pieno recupero del fiume Sabato, corso d’acqua principale della “città dei fiumi”, così da goderne tutti? E ancora si potrebbe fare, in un’ottica sovracomunale, tanto da contare di più, e scalare più facilmente le classifiche per ottenere i finanziamenti regionali (magari comunitari). Una metropolitana leggera che colleghi avellino alla stazione, ad esempio (e atripalda?), o comunque un deciso rafforzamento delle infrastrutture di trasporto verso l’università e i due corridoi europei (ché Baronissi non ci superi in strategicità). Che si punti sulla vocazione commerciale della cittadina, sui giovani colti, preparati, intelligenti: nugoli di teste bianche approvano. Insomma, si punti su Alduck Laurenzano. Nel frattempo, è sopraggiunta una leader nazionale, mica capperi, ché la posta in palio è bella grossa. Si tratta del segretario (mai segretaria) del Movimento Repubblicano Europei, Luciana Sbarbati. Che pur partendo in sordina, non potendo nominare né il nome del paese che la ospita, né il nome del candidato sindaco che sostiene, si riprende subito, e finisce, per la geografia, come un fiume in piena. Rivendica la laicità del suo partito, non certo il laicismo sfrenato, l’assurdità delle due piazze contrapposte (San Giovanni Vs Piazza Navona), la passione che è necessaria in politica. Dopodiché, e in nome dell’interesse generale, cui ognuno dovrebbe richiamarsi, richiama pure la spinosa questione dei rifiuti (di striscio evocata da Alduck, per il quale, tutto sommato, Atripalda rimane pulita). Dai giornali appare un dramma, ma da vicino (ora che ha girato un po’ di paesi della zona) è decisamente peggio. Talvolta, non si può nemmeno immaginare di aprire le persiane, una volta spalancate le finestre. Ebbene, in nome dell’interesse generale, una classe politica consapevole dovrebbe prima decidere, poi imporre la sua decisione, anche a comunità restie ad accettare contro il loro interesse immediato, in virtù di una decadenza del concetto di politica che è un'eredità degli anni del berlusconismo (non ancora finiti). Seguono applausi. Commovente sullo scadere del suo intervento, il tentativo malriuscito, di una donna più che appariscente, di passare al segretario, un foglietto, con su scritto il nome del proprio candidato, da sparare a tutto volume alla piazza (che ottimo volano elettorale sarebbe stato), scaduto in un nulla di fatto. D’altra parte la Sbarbati, ad ascoltar il consiglio, avrebbe rischiato di danneggiare il suo secondo microfono. Dopodiché il Presidente, De Mita. Che tra lezione di politologia e aneddotica paesana (quand’ero giovanotto, mi ricordo…) crea il silenzio tutt’intorno, aggroviglia il fluire del discorso e, quasi mai, ricerca l’applauso. In primo luogo, e piuttosto sbrigativamente, mette in chiaro le ragioni del suo sì al partito democratico, ché dopotutto si rimane nel centrosinistra, sebbene sia stato, sulle prime, scettico, ma quando iniziano i processi, i percorsi, si discute insieme, si cercano le soluzioni, e solo se non convincono, si fa un passo indietro. E lui, ribadisce, nei processi (sottinteso, politici) non si tira mai indietro. Rivendica (e questo lo dice alla Sbarbati che è una laica) la sua discendenza popolare che non assume le prescrizioni della gerarchia facendone norma, ma non può prescindere dalla dimensione religiosa di ciascuno (dalla trascendenza), dai vincoli solidaristici che ne discendono (e a dispetto di chi riduce tutto a transazione, alla dimensione economica). Il tutto infarcito di digressioni impensabili. Persino all’accertata nocività della cura Di Bella. Questo per dire che mica l’agenda politica può seguire l’emotività della gente. Giammai, deve governare i processi. Come per l’emergenza rifiuti: la gente vuole che la questione si risolva (il servizio sia prestato), mentre la classe politica locale (che, en passant, ultimamente lo allarma perché sottosviluppata) si “prende” l’emergenza e lascia, in strada, i rifiuti. La politica è altro. Solo quando non si trovano soluzioni alla malattia, si ricorre alle fattucchiere (e ce n’era una a Guardia de’ Lombardi, che era una… si blocca per evitare di scadere nel vituperio). Poi, torna alla questione di Atripalda. Precisa, e mai un affondo, che è un amico della famiglia Capaldo. Una delle sorelle, all’inizio della sua carriera (quanti decenni fa) era una delle sue più accese sostenitrici. Amico del padre. Amico di Pellegrino, una delle intelligenze più vive in campo economico-finanziario, nel nostro paese. E – suspense- era e rimane amico di Gerry Capaldo. Al quale aveva offerto, la penultima volta che l’ha incontrato (e l’ultima?), al congresso regionale della Margherita, la candidatura a sindaco. Ma lui aveva tentennato, allorché, gli aveva dovuto ricordare che se non si fosse candidato, si sarebbe dovuto decidere (con enfasi estrema). Decidere il suo allontanamento? Gerry Capaldo che difende una politica del ricordo, l’aveva seguito, per amicizia, ma forse senza convinzione, nell’avventura nei popolari, e poi nella margherita. Concede all’avversario addirittura, le sue preoccupazioni, intorno al progetto del PD, sono legittime, ma passare al centrodestra, è decisamente troppo. Poi, con personaggi di dubbia risma. E allora, allarga le braccia e chiama la piazza a decidere chi tra Iaione e Alduck Laurenzano meriti di più, per qualità personali, storia politica e quanto altro. Scrosci, inevitabili, di applausi. Lista avversa, appoggiata da uomini dell’Udeur. Chiede se Mastella è venuto a chiedere voti. Gli rispondono di no. Perché si è vergognato, aggiunge sarcastico. Mastella che ricerca non il centro politico, quanto il centro famiglia. Insomma, non c’è molto da almanaccare. Basta saper lavorare (e questo non lo dice solo alla De Simone), basta saper dare risposte alla cittadinanza, e il centro sinistra (almeno qui) non può perdere. Qui, che il centrodestra esiste solo per distrazione del centrosinistra. E, ad Atripalda, dove da ragazzo, negli anni del liceo, e con i genitori che avevano un negozio di stoffe, venne a comprare un vestito (non da Passaro, come gli suggerisce la folla, che poi striglia, perché non importa). Vestito che pagò 10'000 lire, e che il padre, da esperto, riconobbe essere di buona fattura. Questo per dire che si deve scegliere, e ben scegliere, come lui fece all’epoca. Scegliere Alduck Laurenzano. Chiude e la piazza si svuota, solo un capannello intorno al Presidente. Oggi replica la lista, Al centro per Atripalda. E se c’è una cosa più giusta delle altre, tra le innumerevoli dette stasera, lo si deve, di nuovo, a De Mita, il quale se la prende con chi, tra i candidati, e leggendo i programmi e le dichiarazioni ai mezzi d’informazione, spara enormità come si candidasse alla carica di governatore del mondo, assumendo posizioni sulla guerra, la povertà nel mondo, sul rapporto stato e chiesa. In realtà, si tratta di governare una piccola cittadina, seppure è “la città dei fiumi”, governarla bene, e già sarebbe tanto, se si riuscisse a consentire a tutti di spalancare liberamente le finestre. Dietro piazza Garibaldi, giovani della Rifondazione Comunista, suonano e ballano. Nessuna eminenza grigia. Vinca il migliore?


Per cronache più minute e meglio avvertite, si legga qua e qua

15.5.07

harry e i fratelli

Ai marines stelle&strisce di stanza in iraq è stato vietato l’utilizzo di Utube e myspace e altre cianfrusaglie. Rischiavano di fornire informazioni riservate al nemico. D’altra parte, la velocità della rete telematica a disposizione della truppe occupanti risultava parecchio rallentata, ultimamente. Il principe William, immalinconito dall’ultima disavventura sentimentale, ha attivato un profilo sul network face box. Suo fratello, il simpatico Harry, ha fatto armi e bagagli, e ha raggiunto il suo battaglione al fronte iracheno. Essendo, attualmente, il terzo in linea di successione al trono, è improbabile che il Principe sia impiegato in prima linea. I terroristi/resistenti si immolerebbero volentieri per ottenere il suo scalpo. Più probabile resti in retroguardia, a smaltire il lavoro d’ufficio. Se il divieto posto per i soldati americani fosse allargato a tutte le truppe della coalizione, Harry, di fatto, non potrebbe né leggere né commentare il “muro” del fratello.

11.5.07

Per non morire da...

Credevo che a saperne di più il mio problema si sarebbe semplificato, e forse era bene completare la mia istruzione. Ma da quando ho lavorato per Robey, sono giunto alla conclusione che non potevo utilizzare nemmeno il dieci per cento di ciò che sapevo già. Ti faccio un esempio. Ho letto della tavola rotonda di re Artù, quand’ero ragazzo, ma a che mi servirà mai? Il sacrificio e gli sforzi mi hanno toccato il cuore, che dovrei fare dunque? Oppure prendi i Vangeli. Come credi di poterli mettere in pratica? Macché, non sono utilizzabili! E allora corri ad accatastarci in cima altri consigli ed altri nozioni. Qualsiasi cosa si limiti ad aggiungere nozioni che non puoi utilizzare è solo un pericolo. Comunque, ce n’è fin troppa di questa roba, ecco che cosa ho capito, troppa storia e troppa cultura da seguire, troppi particolari, troppe notizie, troppi esempi, troppe influenze, troppa gente che ti dice di essere come loro, e tutta questa enormità, abbondanza, turbolenza, questo torrente impetuoso come le cascate del Niagara. E chi dovrebbe interpretarlo? Io? Non ho abbastanza testa per padroneggiare tutto. Mi sento portar via, guarda! un uomo potrebbe passare così quaranta, cinquanta, sessant’anni entro le mura del proprio essere. E ogni grande esperienza avrebbe luogo solo entro queste pareti. E ogni conquista resterebbe entro queste pareti. E anche ogni fascino. E perfino l’odio, la mostruosità, l’invidia, il delitto, sarebbero là dentro. Questo non sarebbe che un sogno tremendo, spaventoso, dell’esistenza. È meglio scavar fossi e prendere gli altri a badilate piuttosto che morire fra quelle quattro mura.

da Le avventure di Augie March – Saul Bellow

La fototessera digitale, altrimenti detta badge, che, consentendomi di superare il posto di guardia degli uscieri in armi, mi permette di entrare, immune, nel campus universitario, ha una seconda funzione, sconosciuta ai più, benché utilissima, o quantomeno lo è stata per la “mia educazione”. Durante la sessione di esami, quando altrove la tensione scalfisce la tranquillità degli studenti, per chi non se la sente di affrontare l’incertezza del confronto col cattedratico di turno, la nostra benemerita istituzione accademica offre pacchetti vantaggiosi, 3 (esami)x 2, e via dicendo, a seconda delle ambizioni di media e di carriera, a seconda della generosità di ciascuno. È proprio il codice a dieci cifre del badge, che opportunamente digitato sul touch-screen del sottoscala che offre l’accesso al famigerato caveaux, dove un uomo della segreteria, impeccabilmente vestito, conclude la transazione, consultando tariffari e aggiornando registri. Il giorno dopo, l’esame vero e proprio passa via liscio, il professore firma il libretto ligio, tu esci fuori e sorridi al vento. Peccato per chi biasima solo perché ne resta fuori!

Un’aula smisurata così non l’avevo mai vista. Forse perché non si trattava di un’aula. Eravamo ad uno dei padiglioni della fiera di roma: migliaia di banchi, matite, teste. Tre giorni dopo l’undici settembre, affrontavamo, smilzi, il test d’ingresso per l’università. Il numero chiuso impediva all’intera massa frignante di entrarvi a mani basse e a mani basse prendere. Da parte mia, tormento (o tormentone dei primi mesi): tentativo abborracciato di scansare nullafacenza certa, risucchiato com’ero dai doveri di un futuro da qualcosa. Ma poi, e prevedibilmente, il “tanto per provare” bastò. Certo per un pelo. Perché a metà prova, pensai m’avanzasse tempo per guardarmi intorno e godermi quel dannato lavorio di sospetti brocchi, fieri di arrivare. E nel rimanere indietro, ritrovavo il gusto di metter in sospensione un’adesione mai accreditata. Dei minuti finali ce ne tolsero tre, ché la voce già malferma del rettore ci chiamò al silenzio per le vittime del disastro delle torri. Dacché io riflettei che il continuare a scrivere non m’impediva di rispettare quella richiesta. Pochi secondi e un paio di attendenti si avventarono contro la mia persona e per poco non ne fui cacciato, da subito. Pochi giorni e i caccia americani cominciarono i bombardamenti sull’afghanistan. Pochi giorni e si chiuse una, breve, stagione di speranza.

Innanzi al portone sbarrato della sala colonne, all’interno della quale, solerte, la commissione d’esame decide la mia sorte, emetto sudore copiosamente, mi mangio le labbra nervosamente. Sono stato il primo della giornata ad essere chiamato dentro. Non volevano neppure che leggessi le mie sporche slides. Il mio relatore m’ha subito intimato di arrivare alle conclusioni del lavoro. Poi, poiché m’attardavo a recuperare il discorso, sapientemente preparato, mi ha assestato una domanda sulla contabilità nazionale, di cui tardo a comprendere la potenziale portata. Ma nonostante i miei voli pindarici, approvavano entusiasti, si davano di gomito, fossi capitato in un manicomio? Fuori, riprendo alla memoria quello che è successo, mentre intorno, i pochi sopraggiunti, mi incitano, mi rassicurano, mi detergono la fronte. Un uomo, tarchiato e col pizzetto, tirato in lucido e dal pesante accento siciliano, mi si para davanti e mi chiede di dipingergli la scena. Gli sbiascico due parole, poi, evidentemente, visto che non ne ho più, mi presenta la referenza, è il padre di w.g., mica cazzi. Avrei dovuto essere più gentile. Ma il tempo è poco. Si aprono i battenti. Gli uomini in toga sono lì ad attendermi. Gli uomini in toga sono tutti in piedi. ‘Fanculo a tutti!

Senza personaggi così, la teoria secondo la quale, tutto sommato, la mia università, a livello faunistico, non si differenzi molto dalle altre, perderebbe il suo peso specifico. C’è da obiettare che gran parte dei “personaggi così”, a tempo debito, si sono ritirati, si sono insabbiati, al meglio, si sono lasciati sfilare, oberati da esami, a loro detta, insostenibili. I primi due che conobbi, per esempio, in una mattina di ottobre, vecchia un secolo oramai: il palermitano indolente che soffriva di saudade e, forse, abbandonò l’idea di studiare già prima di salire. Con cui elaborammo sapidi scherzi verbali, durante le lezioni infinite del primo anno, in aule gremite e, dunque, con obiettivi mobili in abbondanza. E a.p., casco di capelli, primi anni novanta, di anzio, tifosissimo della roma, e di una puntualità che lasciava intendere un desiderio di non deludere le attese. O ancora, l’ascolano filosofo, con lunga coda di cavallo, con cui conversavamo, tra il colto ed il ridicolo, nel parchetto, di come tutto lì intorno ci stesse riducendo come in una batteria per polli. Di lì a poco sparì. In una batteria per polli la sorte peggiore spetta al pollo soppresso o al pollo riprogrammato?

Sino al giorno, in cui, smarritomi per una storia d’amore andata a male, capii l’importanza di calibrare bene i miei passi e sostituii una mia vecchia teoria - per la quale era inutile conservare, nella rubrica telefonica, i numeri di coloro che ritenevo avrei perso facilmente lungo la strada – con una nuova, ancora non accantonata, in cui mi sarei tappato il naso e sarei stato più attento alle pubbliche relazioni. Tanto da finire, da osservatore, a gozzovigliare ad una tipica festicciola (universitaria) del giovedì, dall’altra parte del tevere, assediato dalla gioventù che di giorno, accuratamente, evitavo, e prendere il mio look come un’attenuante. Oppure al cinema d’essai, di domenica, accanto alla chiesa - da cui, dopo la funzione del pomeriggio, defluiscono sciami di giovani benpensanti e illibati – a godersi pellicole armene, ultime a cannes, di bianco immacolato e silenzio rimbombante. Poi, chiudere la serata con un passito, col giornale del giorno dopo, che ti annerisce i polpastrelli e appaga il tuo bisogno di informazione, forse già prima di leggerlo. Il giorno successivo, lo stesso giornale, nell’aula otto, avrebbe scatenato il solito dibattito sul “giornalismo schierato”, sull’italietta della malora.

I commenti successivi:
◙ Sei stato un po’ arrogante col professore, se mi permetti, l.
◙ Io non posso chiedere niente a te, tu niente a me, l.
◙ Non vedi l’ora che finisce tutto, eh? Da vero anti-social!, f.
◙ Ubriacati, sbracati, impazzisci, r.
◙ Mi devo un po’ riprendere dalla giornata, a.
◙ Ora non ci vedremo mai più, vero? M.
◙ Lo sai che sei un grande? Prendi per culo e parli in faccia, f.
◙ Fai finta di essere affettuoso, m.
◙ Ora ho capito perché tuo fratello ha sempre preso le mazzate, p.
◙ Grande!, g.
◙ Se verrai a trovarmi, tortellini, f.
◙ Ho sbagliato numero. Comunque, auguri!, a.
◙ Ovviamente, con il massimo?, g.
◙ Non sono venuto ché si è rotta la centralina dell’auto, q.
◙ Vado via ché devo mandare una mail al professore, s.
◙ Stai tornando (magro) come una volta, g.
◙ Ti conviene rimanere qui; fai una vita diversa, no?, s.
◙ Ora raccogli tutte le occasioni: lavorolavoro!, m.
◙ Ora, sei passato di status, l.
◙ Bell’ambasciatore!, f.

Niente è stato uguale all’ultimo anno universitario. Tra mensa, aule studio, biblioteca, per la prima volta mi sono sentito parte del tran tran quotidiano, quasi fossi uno studente normalizzato. Proprio quando gli esami erano finiti, o quantomeno si cercava ogni genere di giustificazione per cercare il modo di non accelerare, senza esser mazzolati finanziariamente dalla scure che si abbatte sui fuoricorso. Ci siamo riusciti. Eppure, è finita. Ci teneva stretti il timore di perdere la parte più preziosa della nostra giovinezza. Sbagliavamo. Difficile abolire il tempo per i rimpianti ma, almeno, non bisognerebbe programmarlo con largo anticipo. Ora, col culo scoperto, cercheremo di non deluderci, di non soffrire troppo per i successi annunciati di chi, finora nostro simile, ne anellerà di sostanziosi, e a catena, ma svendendosi anima e corpo. Saremo ancora in cerca dei maestri di vita, che la nostra università, pure a pagarla oro, o forse proprio per questo, non è stata in grado di offrirci. Cercheremo di scoprire chi siamo, e se l’imprinting universitario si rivelerà una falla o una arma. In ogni caso, dovremmo ringraziare per sempre, le maschere che hanno allietato le nostre lunghe giornate: l’usciere rauco e l’usciere capellone, il vigilantes capo e il vigilantes scemo, il professore in bermuda e il professore balbuziente, la bibliotecaria assillante e la bibliotecaria ammiccante, infine, posterina, per l’ispirazione.

Ore nove e un quarto: preciso come uno svizzero. A sei giorni dalla discussione, devo presentare il lavoro, rilegato, al professore sgusciante. Prima, vado a prelevare il suo assistente, che, fedelmente, o finto tale, mi ha seguito in questi mesi, e che arriva, in ritardo, già trafelato. È bell’in tiro. Non vorrei che, come l’altra volta, fosse, in presenza del professore, più a disagio di me, fino a biascicare le frasi, a dimenticare l’essenziale. Mi offre subito un caffè, mentre sputa fango sulle amministrazioni regionali. Poi, prendiamo di corsa un taxi a via delle province. Dobbiamo raggiungere il Professore, che ha un consiglio di amministrazione al quartiere Parioli. L’assistente comincia ad armeggiare col contenuto della sua borsa, in cerca di un foglietto su cui ha appuntato la scaletta della mia tesi e altre informazioni preliminari da presentare al cospetto del Professore. Comincia a sudare. Di buona volontà, gli dico che potremmo riscrivere il tutto e, tremolante per gli scossoni dell’andatura, stilo l’elenco. Nel frattempo, il taxista, intruppatosi nel traffico, chiede la strada ad un rom, di turno al semaforo. Ne ottiene una scrollata di spalle dispiaciuta. Fortunosamente arrivati a destinazione, si fa ironia sui prezzi degli attici in zona. Dopodiché con manovra repentina, l’assistente mi lascia giù ad aspettare, perché non è il caso, perché non ce n’è bisogno. Finisco per passeggiare nervosamente, superando vecchiette smancerose con cani e giovani uomini impettiti. L’assistente scende dopo cinquanta minuti, colla battuta pronta: “trovato qualche appartamentino interessante?”. Scende pure con una fame dannata, si sbafa tre tramezzini in pochi secondi, poi si conversa di letteratura, di egitto e di Lisbona, di kharma personale e di vino locale. Scopro che ha una manciata di cognati. Entra nel tram e paga il biglietto. Io glielo timbro ma proseguo nella corsa da portoghese. Se salisse il controllore, mi pagherebbe la multa? Dalle parti di villa torlonia, mi lascia ripetere il discorsetto, e, conveniamo, che l’affanno si compensi coll’emozione del giorno a venire. Lo convinco, ma credo basti poco. Di nuovo, sotto casa sua, mi strattona con presa da basket player u.s.a., e mi incita, “spaccagli il culo, a questi, vecchi, rincoglioniti ed eterni!”. C’avrei provato, non m’hanno dato nemmeno il tempo. Si accomodi, grazie!

27.4.07

sta saglienn a paura


trovata qui

23.4.07

lo zoo della speranza

Costretto dagli eventi a tapparmi in casa per memorizzare discorsetto, eventualmente declinabile su modalità efficaci di ripartizione del tesoretto fiscale, finisco, gioco forza, attirato dalla sala tivvù, a cui la parabola satellitare convoglia segnali di emittenti internazionali o, basta volerlo, quelle di telemodena, che trasmette la fase finale del campionato regionale di mosca cieca. Rapito dai raggi emessi dalla scatola col tubo catodico, circumnavigo felice, o solo obnubilato, intorno a sondaggi francesi, scudetti nerazzurri, rotocalchi biagiani. In questi anni molte cose sono accadute. Per fortuna qualcuna è anche finita: esatto enzo, l’università. Intanto il sorriso di ségolène mi manda, letteralmente, in sollucchero. Quanta partecipazione! Poi, approvo col capo i discorsi di saviano, invidio il suo forzato citazionismo. Mi chiedo quando le telecamere della domenica sportiva fasceranno di luce mediatica le fontane postmoderne di piazza libertà per il tricolore biancoverde, forse nel 2012, l’anno del centenario, forse mai, e perché quest’ingiustizia? Mi chiudo a riflettere sulla composizione del mio, personale, pantheon per il partito democratico, a congetturare se lo stesso possa comprendere il professore di greco del liceo, non sapendo, tra l’altro, se nel suo, oltre a Polibio, ci sarebbe spazio anche per il buon Aldo Fabrizi. Sarei più in difficoltà se dovessi scrivere il mio manifesto, come Sofri, su Repubblica, invita tutti a fare: rispondete ad un tema antico, Quale dei governi liberi meglio convenga alla felicità dell’Italia. Un concorso simile, lanciato su internet, a cui rispondesse anche solo un quarto dei votanti ufficiali per le Primarie dell’ottobre 2005, darebbe vita alla più vasta conversazione statutaria e democratica di tutti i tempi. Da parte mia, l’eccesso di partecipazione, insieme, mi affascina e mi soggioga. Devo approfondire (e pure sull'antropologia culturale). Gran parte della, cosiddetta, “società civile” è tenuta assieme dal desiderio di trasformarsi, prima o poi, in “classe dirigente”. In ogni caso, non maneggio bene la scienza politica, e si vede. So solo che Gerry Capaldo ha lasciato la margherita, e finzione o realtà, non si candiderà, nella città del Sabato, dove c’è grossa fibrillazione (profonda partecipazione). So solo che la capacità della politica clientelare di beneficiare la numerosa schiera dei clientes è largamente sopravvalutata da queste parti, e rappresenta un freno al cambiamento, esattamente come la presenza dei sauropolitici. Perché, semplicemente, quando c’è uno che compra, c’è sempre uno che si lascia comprare. Talvolta, per un prezzo irrisorio, o addirittura nullo, solo per timore di rimanere solo, di rimanere libero.

20.4.07

difetto di parole

ho una lingua che si rifiuta di battere ed emettere i suoni adatti all'interlocutore e ora che mancano pochi giorni all'evento, la cosa inizia a preoccuparmi, per cui mi lancio, forsennatamente, in ripetizioni, ad altissima voce, di pericolanti allocuzioni, su argomenti disinteressanti, tanto che il mio autorevole referente è stato chiarissimo fin dal principio, non ci si vede mai, ok? dopodiché sorrido della mia eloquenza, tallone d'achille generosamente svezzato, perché non so voi, ma io tengo ai miei difetti, e li cambierei, per carità, ma solo in cambio di alcuni nuovi, ugualmente edificanti.

17.4.07

con quali parole cominciano i cinque romanzi della tua vita?

"Se sono matto, per me va benissimo, pensò Moses Herzog. C'era della gente che pensava che fosse toccato, e per qualche tempo persino lui l'aveva dubitato. Ma adesso, benché continuasse a comportarsi in maniera un po' stramba, si sentiva pieno di fiducia, allegro, lucido e forte. Gli pareva d'essere stregato, e scriveva lettere alla gente più impensata. Era talmente infatuato da quella corrispondenza, che dalla fine di giugno, dovunque andasse, si trascinava dietro una valigia piena di carte".

Saul Bellow - Herzog

"Qui il mare finisce e la terra comincia. Piove sulla città pallida, le acque del fiume scorrono limacciose di fango, la piena raggiunge gli argini. Una nave scura risale il fiume tetro, è la Highland Brigade che va ad attraccare al molo di Alcantara, il vapore è inglese, delle Regie Linee, lo usano per attraversare l'Atlantico, fra Londra e Buenos Aires, come una spola sulle vie del mare, di qua, di là, facendo scalo sempre negli stessi porti, La Plata, Montevideo, Santos, Rio de Janeiro, Pernambuco, Las Palmas, in quest'ordine o nell'inverso, e se non naufragherà nel viaggio, ancora toccherà Vigo e Boulogne sur Mer, infine entrerà nel Tamigi, come ora sta entrando nel Tago e non ci si chieda quale dei due fiumi sia il maggiore, quale il villaggio".

José Saramago - L'anno della morte di Ricardo Reis

"L'orologiio battè le due e mezzo. Nel piccolo ufficio in fondo alla libreria del signor McKechnie, Gordon - Gordon Comstock, ultimo membro della famiglia Comstock, ventinovenne e già piuttosto muffito - oziava dietro il tavolo, aprendo e chiudendo col pollice un pacchetto di quattro penny di sigarette Player's Weights".

George Orwell - Fiorirà l'aspidistra

"Se davvero avete voglia di sentire questa storia, magari vorrete sapere prima di tutto dove sono nato e com'è stata la mia infanzia schifa e che cosa facevamo i miei genitori e compagnia e bella prima che arrivassi io, e tutte quelle bagginate alla David Copperfield, ma a me non mi va proprio di parlarne".

J.D. Salinger - Il giovane Holden

Subito, con le prime parole che le rivolse, volle avvisarla che non intendeva compromettersi in una relazione troppo seria. Parlò cioè a un dipresso così: – T'amo molto e per il tuo bene desidero ci si metta d'accordo di andare molto cauti. – La parola era tanto prudente ch'era difficile di crederla detta per amore altrui, e un po' più franca avrebbe dovuto suonare così: – Mi piaci molto, ma nella mia vita non potrai essere giammai più importante di un giocattolo. Ho altri doveri io, la mia carriera, la mia famiglia.

Italo Svevo - Senilità

invito: allerta, capola, gabriella, lidia, giannif. e tutti quelli che mi conoscono

16.4.07

moleskine

appunto pensieri. smaschero il punto di domani

12.4.07

così va la vita


Due sere fa hanno sparato a Robert Kennedy, la cui casa estiva si trova a dodici chilometri dalla casa in cui vivo tutto l'anno. E' morto la notte scorsa. Così va la vita.Un mese fa hanno sparato a Martin Luther King. E' morto anche lui. Così va la vita.E ogni giorno il governo del mio paese mi comunica il numero dei cadaveri prodotti dalla scienza militare in Vietnam. Così va la vita.Mio padre morì molti anni fa, di morte naturale. Così va la vita. Era un uomo dolce. Era anche un fanatico di armi. Mi ha lasciato le sue armi. Si sono arrugginite.


Kurt Vonnegut, Mattatoio n°5,
antefatto: qui e qui e qui


10.4.07

il CA(pa)LDO alla testa

Gerry capaldo sfida il primo caldo primaverile e, di pomeriggio presto, bazzica in una piazza deserta, ancora rattoppata dai lavori di restyling che, secondo la vulgata più informata, non potranno terminare se non il giorno esatto delle elezioni, ultimo ammonimento per i votanti ancora incerti a confermare la propria fiducia alla vecchia amministrazione. Sempre che l’esito dei lavori sia, per loro, soddisfacente. Come, a dir il vero, ai più non sembra. Pali altissimi sorreggono riflettori da stadio, fortissimamente inestetici; rotatorie dubbie; pavimentazione pronta e grigia; palazzone che copre la collinetta di san pasquale che nessun premio pritzker riuscirebbe ad alleggerire. Le campane della dogana rintoccano le tre ed un quarto. Gerry capaldo, sindaco immarcescibile di svariate amministrazioni, e capo indiscusso di altrettante maggioranze, tiene in pugno una biro con cui nervosamente traccia scarabocchi su un pezzo di carta volante. Parlotta con un giovane inamidato, impettito, indubitabilmente in forze, che annuisce ai, senz’altro, fini ragionamenti del politico di carriera. Mancano poche ore alla presentazione delle liste elettorali per le consultazioni che si avranno di qui ad un mese. Gerry capaldo, vecchio esponente della balena bianca, ora margheritino, domani, chissà?, se del pd, è visibilmente agitato. Deve diradare i suoi ultimi dubbi sulle capacità, le referenze, il passatofuturoepresente degli uomini (e donne) che in questa tornata vogliono accompagnarlo, come sempre, alla vittoria, all’eterna riconquista del potere nella piccola cittadina e scegliere la sua squadra. Ogni cinque anni, si appalesano decine e decine di uomini nuovi, ambiziosi, convinti di contare, di poter dire la loro, di possedere un cospicuo numero di voti, di parenticugini&fratelli, che ammiccano, che rimandano, che vicendevolmente si raccomandano. Diventa sempre più faticoso star dietro a tutte le loro storie, agli incastri, ai loro astrusi ragionamenti. Gerry Capaldo appare stanco. Di domenica, la piazza è piena zeppa di questi ed altri personaggi, che formano cellule, sodalizi, alleanze, che, magari, per anni si sfaldano, poi, però, magicamente, si ricompongono, facendo nascere dicerie di cui si alimenta l’anima profonda del paese. Da un po’ di tempo, combinazioni familiari più che ideali, ad esempio, consentono a Capaldo un’alleanza stabile con i diessini. Ma ciò ha creato forti malumori tra gli esponenti del fiorellino, spaccatosi in due circoli, per la cui ricomposizione è necessaria tutta l’abilità diplomatica dell’ex sindaco, che attualmente ha un solo interesse: una candidatura condivisa tra margherita e ds che batta, senza tafazzismi, gli avversari di sempre. Quelli che dicono male della famiglia capaldo, quelli che li paragonano a piccoli berlusconi, che seppure per stranezze geografiche risiedano e producano nel paese vicino, amministrano da sempre la città del Sabato, fino, paradosso dei paradossi, a far militare propri esponenti in entrambe le liste in campo, pur di non lasciare a mani altrui quella massa informe che si chiama potere. Gerry Capaldo, di indole pacifica, non ha mai ribattuto alle critiche che da decenni gli piovono addosso con un’insistenza certamente fastidiosa. Nemmeno per un attimo ha creduto fosse il momento di lasciare spazio ad altri, di fare due passi indietro per svelenire il clima, per far venir meno la pregiudiziale. Si è sentito indispensabile, e caricato di una responsabilità per la cittadina che ha fatto la fortuna sua e della sua famiglia. Ma, in attimi come questi, a colloquio stretto e pure senz’esito con una mente vacua come quella che gli è accanto, sente improvvisamente il peso degli anni, e nello scempio urbano, ancora da ultimare, la modestia del lavoro delle sue amministrazioni. E così, ora che mancano poche ore alle decisioni decisive, e il telefono trilla con una continuità esasperante, ora che i bari si vanno a scoprire e i pavidi si tirano indietro, solo ora comprende che il futuro della sua città gli è intimamente indifferente e mentre il suo discorso si fa inconcludente, la mano sul foglio tremolante, prende la sua decisione irrevocabile, di lasciare per sempre la politica, di ritirarsi perché si sbranino da soli, per manifesta incapacità, in un ultimo, sorprendente, empito di orgoglio*.

* OGNI RIFERIMENTO A PERSONE O COSE è PURAMENTE CASUALE

8.4.07

fontigliano

la poesia è negli occhi di chi guarda
(e poi passa?)
basta un panorama d'onde collinari
a varia gradazione di verde
per predisporre l'animo
a rispondere
o quantomeno ad interrogarsi:
essere qualcuno per qualcosa o qualcosa per qualcuno?
deliberare per conoscere o cosce di pollo da delibare?
essere o esser-ci?
...
dopodiché,
qui o in un altrove qualsiasi?
(non mi esce il finale)

3.4.07

il circolo di chi non ha molto da dire ma, quantomeno, pensa ad alta voce

meneghello in tivvù, rumiz sulla vite secolare di taurasi, la mia vita, rutilante, in doppiotetto mi rammentano che potrei sempre allietare i miei lettori con le mie storie, le mie testimonianze, le mie finestre. da cui, per esempio, si scorge montevergine, di sera, punteggiata di luci supplementari, che lasciano immaginare una discobenedettina, diggei Tarcisio alla consolle, e balli sorprendenti, disimpegno edonista concesso a chi ha contatti stretti con l’altissimo. Mentre qui, a valle, di lacrime e sudore, si balla, terremoti o meno, nel traffico o al mercato, o ancor peggio al parking, dove si scansano postulanti ellesseu, croce&delizia della città, privatizziamo il servizio o pubblicizziamo la carità?, che chiedono spavaldi, sul posto auto, un sovrapprezzo per un caffè che, si sa, aiuta a campare la famiglia e ad assaporare meglio la vita grama che va. di questo e di altro si fa un gran parlare in città, persino de mita al congresso regionale, se n’è dovuto occupare. In un discorso che pochi si son dati cura di ascoltare – pure se trasmesso a reti unificate – anche perché lui si rivolgeva ripetutamente ai soliti tre: polito (che conosce da poco e di cui condivide il pensiero del suo ultimo libro di cui, tuttavia, ha letto solo il titolo), rosetta (che, invece, conosce da sempre, pure il padre, per dire, e della cui interlocuzione si avvale quando parla della storia dicci e dei rapporti colla gerarchia) e tal amendola (in rappresentanza dei diessini con cui vuol fare il partito democratico ma a condizione che…uno, due e tre). Due ore e dieci di discorso, scandito da applausi interrotti sul nascere, per timidezza o sconsideratezza di chi li faceva partire, e applausi fragorosi ignorati dal Nostro che continua imperterrito, costretto com’è, a non dimettersi dall’intelligenza che ha, ma che potrebbe sempre, per sfinimento, dimettersi per la scarsa intelligenza di chi gli è intorno. D’altra parte è sempre questione di messaggi che si vuole trasmettere. per quanto mi riguarda, ho allestisto il mio profilo splinder, arricchito da ritratto giovanile di maynardo, probabilmente da duncan grant, il vaglione, e da rete di amici da allargare, peccato mortale chiudersi in una nuova bloomsbury, non ci aggrada l’elitarismo, ma magari un qualche scambio (d’idee) proficuo ne viene fuori.

1.4.07

ripescaggi

TETRIS

abito in una casa di collina
e userò la macchina tre volte al mese…
… vivere più a sud
per trovare la mia stella
e i cieli e i mari
prima dov’ero


Giubbe rosse, Franco Battiato

Uso la macchina tre volte al mese: di ritorno da roma, scaldo i motori della piccola utilitaria e scendo giù in città. Senza utilità immediata, come una passeggiata. E sulla strada trovo insegne nuove, asfalto a pezzi, rotatorie in fiore. Una volta giunto a piazza libertà, svolto a destra per il corso. Schivo pedoni danzanti mentre furgoni bloccano la corsia degli autobus. Mi superano a destra, mi superano a sinistra, strombazzano per un nonnulla, ed è un allegro tran tran. Conto settantatre auto in doppia fila, una persino in tripla. Uomini in casacca arancione formano lobby dialettale contro i parcometri, nessuno ha pensato di trasformarli in ausiliari del traffico (?), primi agguerriti rivali dei parcheggiatori folli. Mentre scappo via, un’immagine si fa viva: se i vigili, o chi per essi, potessero accatastare questa sfilza di auto in uno dei tanti spazi lasciato a marcire in questo corso groviera?!? Otto, dieci piani di auto a frecce lampeggianti, attrazione autentica per gli sparuti visitatori, e non solo, monito perenne per i parcheggiatori folli, botta d’autoironia… e un buco in più coperto.

28.3.07

cambio capitale






antefatto: 1, 2
foto da: 1, 2





26.3.07

diliberto dal billionaire

quasi calpesto
piccione spiaccicato
suo occhio mi fissa
come peone ben armato
su isola appostato
di video gioco domenicale
senza duecento lire di gettone
e di rimando
vado ad orda festosa (1, 2, 3, 4, 5, 6)
tra alcool e trucco
(dove
sconto la mia distanza per non aver fatto una passata di lucidalabbra)
perché
lì avrei avuto bisogno di piedi prepotenti
e armi contundenti!

23.3.07

luogo comune

soltanto nei due poli dell'unione umana, là dove non vi sono ancora o non vi sono più parole, nello sguardo e nell'abbraccio, può trovarsi la felicità, giacché lì soltanto esiste assolutezza, libertà, mistero e profonda assenza d'ogni riguardo. tutto quello che nei rapporti umani sta frammezzo quei due poli è debole e tiepido, è determinato, deciso e limitato da formalità e convenzioni borghesi. qui domina la parola. questo mezzo freddo e smorto, questo primo prodotto d'una civiltà mediocre, così estraneo alla calda e muta sfera della antura, tanto che si potrebbe affermare che già ogni parola è in se stessa un luogo comune.

thomas mann

22.3.07

avevo voglia di scrivere: m'è passata!

sopra la panca, sotto la luna
sceglie una capra la sua fortuna
ogni sua cellula può raccontare
quanto fa male farsi tosare

sotto la panca, sopra un gelato
muore un biscotto col cioccolato
forse si scioglie o forse rimane
forse lo mangia una coppia di rane

sopra una panca, sotto un inferno
peggio di andare da villa a salerno...

babalot, panca bestia


scrivo, inchiostro rosso, dietro brochure di convegno bell'e andato, dove accorsi convinto di trovare la strada su cui raccogliere molliche di pane che mi orientassero... ma subito, sulla destra, mi compare, dr. enfasi, che in pochi attimi allestisce solito palcoscenico di rampantismo militante e malinconico, "mondo fatto" e finito di businessman pronti allo sbrano, mica come nelle pubbliche amministrazioni dove si grattano i coglioni (come se poi le rappresentassi, come se poi veramente fossi il sindaco di trevico). mi confessa che è stato costretto alle dimissioni (?) da stage in multinazionale, per tesi pericolante, per prole frignante. vuole che l'accompagni all'84 (ma se passa il 36 fa lo stesso). e così m'accingo a spaccar il capello in quattro in quattro, ma con lui è fin troppo semplice, diciamo ragionare come tagliare tronco di quercia secolare. sospira: "sopraggiunge la primavera romana!", mentre una folata gelida mi strozza in gola l'acido che ho in corpo. s'illumina in volto. corre goffamente a raggiungere il 36. riesco solo a gridargli un generico "fammi sapere!". speriamo di no. allora, torno alla base. sorriso al mendicante. rumenomanovali alla finestra. mangio e bevo. scopro il blog di universitario perfettino irpino e me lo segno, perché un giorno aggiorni la lista. per informazioni, vorrei vivere a via degli appennini numero trenta. me lo ripeto da anni. io che batto il quartiere metro per metro, fino a sentirmelo stretto. quando mi dicono, butti tempo, sbotto subito e ribatto a denti stretti, quasi fossi sotto ricatto. ma in cuor mio, riconosco che rispetto al mio fancazzismo di questi giorni, il bodyguard di ettore andenna è un vero stakanovista.

20.3.07

l'ossessione dei numeri

sull'ultimo venerdìdirepubblica, giorgio bocca affermava che durante l'arco di un'intera vita un uomo medio legge circa quaranta libri, dunque perché affannarsi? a scrivere, intendo io. uno come lui, ad esempio, ne sforna uno all'anno, e non pare preoccuparsi del fatto che un "uomo medio" riuscirebbe a stento a finire la sua opera omnia, e rimarrebbe così totalmente digiuno della bellezza. comincio così perché mi rimproverano l'ossessione per i numeri, e io, m'irrigidisco, insomma mica vero? solo che poi, tornando indietro nel tempo, a scartabellare tra i ricordi, salta fuori il mitico quadernetto dove appuntavo i risultati delle partitelle sotto casa, gli infiniti due contro due, i tre contro tre, se proprio ci andava bene (vale a dire, quando tutte le madripremurose ci offrivano l'agognato permesso o qualche "prefabbricatense pacifico" si univa a noi) i quattro contro quattro. naturalmente, le squadre si cambiavano giorno per giorno, e così pur di competere e far di conto, ogni singolo era una squadra. ognuno di noi accumulava giorno dopo giorno vittorie, pareggi, o sconfitte, goal fatti, e goal subiti. di sera, altro che tv, stilavo serie infinite di classifiche, medie, statistiche, trend e la mattina seguente aggiornavo i compagni interessati. purtroppo, cazzo!, a fine stagione, a vincere fu proprio un "prefabbricatense pacifico", tal patrizio. e noi ci trinceravamo dietro il fatto che non giocasse con continuità, si allenasse di nascosto, sgomitasse sporco. la verità era che che uno corretto come lui non ne trovai più. intanto l'esperimento del quadernetto dei campioncini, dopo quell'estate, fu rapidamente accantonato.

19.3.07

segni inequivocabili dell'imminente fine del mondo

mio fratellocheèfigliounico, sul suo pc, ha messo come sfondo del desktop l'immagine dell'uomo più forte del mondo che solleva, fiero, un masso enorme, dopodiché, si può supporre, il buon uomo vada a bere la cosiddetta "bomba".


ultimamente, sconto gli effetti di scontri quotidiani con persone (me stesso per primo) che utilizzano l'intercalare "cazzo" continuamente, un po' come il verbo to do in inglese, o pure "fuck"!


perdo contezza delle cose fare; cercasi contessa pur di continuare!


ora è tutto sotto controllo!

12.3.07

pulizie pasquali

don eustachio, sacerdote della parrocchia di santa maria dei canadesi, ieri pomeriggio, ha bussato alla nostra porta. accompagnato dal chierichetto, dodicenne, sebastiano, stava compiendo il tradizionale giro quaresimale di benedizione. così maneggiava ispirato il suo aspersorio, irrigando d'acqua santa il nostro ambiente . ma una volta arrivato in cucina, s’è imbattuto in cumuli d’immondizia, in refoli di polvere. resosi conto dell’inutilità di quattro gocce, dico quattro, ha diluito il contenuto del suo secchiello nel mocho vileda di colore rosso, s’è rimboccato le maniche, e c’ha dato di straccio, aiutato dal fedele sebastiano. dopo un’oretta il nostro appartamentino era tirato a lucido come dio comanda!

8.3.07

le ultime parole...

maynardo ha detto...

...ora vado nella pagina dei modelli e combino un casino!

6.3.07

filosofo de 'sto cazzo

d'inerzia e non d'energia
allungo il passo,
a stento,
perdo tempo da tempo immemore,
anche se non sembra,
è l'immagine che mi frega,
nei limiti,
dei miei gangheri,
da cui esco volentieri,
perdendo l'orientamento,
così bussano alla mia porta,
toc toc!
e non mi trovano,
mentre,
col tom tom
cerco di rientrare a casa,
insomma,
è tutto un smarrirsi,
un cercarsi,
è tutto
uno sballato
gioco di coincidenze

5.3.07

w l'italia!

io non faccio politica... non l'ho mai fatta!
da un'intervista a sergio abramo, ex sindaco di catanzaro
in W l'Italia, raitre, domenica sera

mr. google, how are you? fine thanks, very fine! intanto, però mi escludi dalle tue liste. cosa diavolo ho fatto per meritarmelo? guarda che qui, prima di poco fa, arrivavano persone da ogni angolo del mondo, grazie alla tua mediazione magica. digitavano sulla barra della tua home page minimal, che so, mariobarisanofotte, e il mio indirizzo risultava primo fra i primi. così erano convogliati su inadeepsleep, fior fior di lettori ignari e ora, invece, solo bari. dunque, possiamo, mr. google, da gentiluomini quali siamo, arrivare ad un compromesso, accordarci su un prezzo, su uno scambio equo, reciproco, di spazio pubblicitario, prima che sia tardi, e le momentanee incomprensioni diventino irrimediabili chiusure. parliamone, mr google, non può farle male; d'altra parte, le porto visite, come tanti!

2.3.07

perso com'ero, resto!

l'amore disamorato mi doveva capitare. a spiegazzare certezze. a far eco ai miei silenzi. a riempire di dubbi tutto il labile del mondo. t'inseguo ad ostacoli e scanso i fossi e poi ci rinuncio e poi ci riprovo. perso com'ero, resto. di rado rassicurato dalle tue effusioni, perché a debita distanza. fino quasi alle lacrime che impazienti attendono di sgorgare, e sembrano solo voler affettare. sto male e per te pare indifferente curarmi. sto male per te e sarà difficile guarirmi.

schay may

e chissà se il mondo del pallone non sia tenuto in piedi dalla potente lobby del fantacalcio...

27.2.07

la guerra pubblicitaria che contrapponeva dotolo mobili ai nicoloro

e allora che te ne pare?
siamo dotolo mobili veniteci a trovare
al passo di mirabella
e la tua casa sarà sempre più bella
canzoncina dello spot di dotolo mobili

mi alzo al mattino con la sveglia sotto orecchio
surf di stazioni perché certi pezzi mi sveglierebbero
poi giornata di assessment
come le precedenti, d'altra parte
strizzacervelli dicono che son così e così
in ogni caso, si può recuperare
dopodiché prendo il 233 per la rivoluzione
roma stupisce, roma tradisce
fermata a favore di campo rom
fermata "disonore" nel vespasiano della farnesina
vale a dire
malridotta
come un qualsiasi istituto tecnico di provincia meridionale
altro che e.n.a.
mi dileguo frastornato
a rifletter la mia ombra in acque verdastre
sotto ponte milvio
desiderio di lasciarmi andare
non verso il mare
controcorrente
verso la sorgente


p.s.
eppoi, sulla strada di casa
un furgoncino di dotolo mobili
parcheggiato
(a lisca di pesce)
a via somalia

26.2.07

template

dopo le ultime modifiche (sulla destra) al template, questo blog non ha più nulla da invidiare a... a... a chi? cazzo, non saprei!

22.2.07

chi ben comincia


Il governo è cascato,
C’è chi dice che sia colpa dei dissidenti,
C’è chi dice sia colpa dei senatori a vita,
C’è chi s’insabbia coi numeri, coi pallottolieri, coi regolamenti parlamentari,
c’è chi apre le consultazioni e chi prospetta scenari,
c’è chi dice, la pace, la base, amerika, la fiat,
c’è chi dice “di nuovo i borboni”,
c’è chi dice, peccato per d’alema, chi, ancora berlusconi?,
E mai nessuno che si vergogni di essere italiano!
(comincio io)

21.2.07

fiumi di pixel

Dico, tanto per iniziare, che i rapporti tra gli uomini (qualunque sia il loro temperamento sessuale) sono complicati; se poi s’immischia l’amore, peggio. dico che scrivere avendo come base della musica rap, per me, non è cosa abituale. Ma un amico mi ha rifilato, a cinque euri, il suo nuovo disco e qualche panzana verosimile su amori diseguali, in età, modelli, potenza: da rimanerci secchi. Dico che in questi giorni di sostanziale nullafacenza, potrei essermi innamorato. E non vorrei che c’entrasse la nullafacenza. Dopodiché se seguissi l’istinto non progredirei. e a non progredire, nulla di male, se non venissi meno ad una faccia, ad una mimica, ad una morale. Dico che la blogosfera è il circo dell’autoreferenzialità. Un blogger, meglio se presente, categorizzabile di primo acchitto, essenzialmente monotematico. Venendo meno ai tre requisiti, il peggio che ne segue non è tanto la irrilevanza, quanto l’assoluta incomunicabilità col pubblico. Tipico esempio di selezione avversa nel senso che a leggerti sono, al massimo, insospettati dipendenti dell’azienda sanitaria locale avellino 2, degli studenti dell’università di caltanissetta, dei pensionati emigrati in svizzera, e mai quelli che vorresti tu (e cioè, fondamentalmente, quelle come Eleonora, 18 anni, di Savona). Se i post sono disorientanti, i commenti, giustamente, quando arrivano, sono difficilmente conseguenti ai post. D’altronde manca qualsivoglia continuità di discorso, di rapporto, di logica. Se poi è assente del tutto un approccio promozionale, immobile la macchina dei commenti, svilita la funzione dei links, inattivata quella dei feed, si rischia di perdere doppiamente il contatto col reale… Dunque, acclarata la profonda e istupidente crisi d’ispirazione, lettori silenti (o lurker) si manifestino, lettori soliti favoriscano un’idea, lettori-qui-per-caso, per voi c’è personalitàconfusa!

Scegliete tra le cinque alternative:

1. inadeepsleep si trasforma in blog politico, iscrivendosi ad un network di destra-finto-liberale come questo o di sinistra meta radicale come questo (per capirci, lì dove prima mi prendono) e comincia a sfornare una serie di post strumentali alla polemica del giorno, massima aspirazione paologuzzanteggiare;

2. inadeepsleep si trasforma in un blog intimistico estremo, del tipo l’amoremioèilpiùbellissimodellaterra, con annessi: foto della coppia, copia&incolla di canzoni di jon bon jovi, jo donatello (anche in duetto: jon bon jovi&jo donatello), sfoghi inattuali al minimo scazzo della compagna, cui seguirebbe ovvia minaccia di suicidio;

3. inadeepsleep si trasforma in un blog a sfondo sociale, promovendo le centinaia e centinaia di manifestazioni benefiche a cui partecipa l’autore, in giro per l’italia, a favore del mondo, con accorati appelli alla generosità degli italiani e terribili requisitorie contro le cattiverie dei potenti che amano la guerra, il denaro e la figa;

4. inadeepsleep si trasforma in un blog supereroe, che se ispirato dal munifico dio della scrittura unisce le volontà degli Uomini Nuovi, altrimenti irreperibili, la cui massima ispirazione è liberare la propria città dai malanni che l’affliggono, il meridione dall’arretratezza morale che l’attanaglia, l’italia dal deserto culturale che la rallenta, il mondo dalla povertà materiale che l’affama.…;

5. inadeepsleep non si trasforma e per l’ennesima volta manda tutti a fanculo, che, per carità, come alternativa è la mia preferita, ma il fatto che la scegliate voi, ammetterete, è alquanto ironico!

6. fanculo tu e inadeepsleep, che, per carità, da parte vostra, sarebbe l’opzione più onorevole, ma purtroppo non praticabile: le alternative (vedi sopra) sono soltanto cinque; questa c'è ma solo per togliervela di mezzo, capito? e fanculo, di nuovo!