28.5.08

ministeriale

il tassista ascolta vecchie canzoni di venditti. mi appare iperreale qui, a roma. il mio stipendio ha superato per la prima volta le tre cifre. per evitare capogiri, ho subito speso in libri la differenza. ritornando a quote più normali. manca pure l’acqua calda per la doccia. il padrone di casa è lontano a studiare la normativa fiscale. l’amministrazione è un groviglio di nodi decisionali con la semplificazione delle cose non fatte. altrove è sempre meglio. altrove è dove non dicono che il problema è sempre un altro. uscito dal Palazzo, mi vien sempre una fottuta voglia di scrivere.

25.5.08

formicoso libero

andretta s'è persa s'è persa e non sa tornare
andretta s'è persa s'è persa e non sa tornare
andretta aveva un amore i colli verdi
andretta aveva un dolore i poggi verdi

c’era scritto sul foglio, scaricheranno rifiuti
c'era scritto e la firma era d'oro era firma di re

uccidono il formicoso coi conferimenti
il formicoso battuto da forti venti

occhi di bosco contadino del regno profilo francese
occhi di bosco emigrante del regno profilo francese
e andretta perderà l'amore la perla più rara
e andretta ha già in bocca un dolore la perla più scura
andretta raccoglieva violette ai bordi del pozzo
andretta gettava i suoi sguardi nel cerchio del pozzo
il secchio gli disse - Signore il pozzo è profondo
più fondo del fondo degli occhi della Notte del Pianto

disse - Mi basta mi basta che NON sia più profondo di me
disse - Mi basta mi basta che NON sia più profondo di me


rifacimento andrea - fabrizio de andré

22.5.08

lindura

alle otto di sera, correggi il tiro! perché il tuo pezzo sia inattaccabile dai sindacati, dall’amministratore delegato appena promosso, in buona sostanza dal cliente sempre riverito, che paga con soldi non suoi, chi paga ha ragione pur senza ragionare. incasso e ci ripenso mentre rassetto la mia stanza, negli angoli difficili, dove s’addensano nebulose di polvere color grigio violetto e schegge di bic mangiuzzate. il cielo è sempre più giù. si vedono gabbiani volteggiare dopo piogge torrenziali che nulla hanno spazzato. stamattina, a ridosso dell’appia, riflettevo su come, in questa città la cui amministrazione toponomastica da tempo è uscita fuor di buzzo, sia ora di titolare un fascio di strade di una speculazione qualsiasi al tema dell’onirico: via delle coincidenze, via dell’altrove, via che svia, via a perdersi incrocia via a ritrovarsi

21.5.08

rin(toccato)

scivolo su rimandi ipertestuali in questa sfiga di lavoro che è una clausura virtuale e faccio luce ad intermittenza sulle mie strade cerebrali, quelle battute da una vita, le nuove ancora selvatiche, poi sulle vite che sfuggono fuori dalla finestra, le frenetiche, le immobili, quelle solo eventuali. mi accorgo di non aver mai saputo scrivere, era solo ansia di comunicare, esaurita l’ambizione comunicativa, è rimasta solo l’ansia. mi prefiguro paracadute dagli impegni presi, innocui, che portino a soluzioni diversamente gratificanti. ma il mio peggior difetto è la mancanza di presa sulle cose. sarei l’uomo più felice della terra se si trattasse soltanto di cominciare. è che più in là si solleva la spirale dell’inerzia, dove resistere equivale a sedimentare, mentre io mi liquefo, distraendomi ogni cosa sullo scaffale, dalla biografia di al cazzeggio col crumiro di fronte. un giorno, vicino?, apprezzerò l’essenzialità di rimanere nel quadrato del confronto, di non sviare. ho mille interessi sconnessi, impazzirò a coltivarli tutti, in passato, ero contro la pena di morte

19.5.08

sventato black out a montefredane

la struttura del nuovo ospedale ricorda quella del parlamento europeo di strasburgo. cambiano i colori. lassù rosso scuro, qui giallo bianco e celestino. portineria deserta. solo un parcheggiatore, della global service?, che offre un prezzo scontato per l’intera giornata. tutt’intorno i lavori proseguono. per un po’ sono stati fuori corso. ora un nuovo ciclo di finanziamenti muove le macchine. sarà una cittadella ospedaliera, con polo universitario e vista panoramica. in irpinia, parecchi paesini hanno panorami invidiabili. e molte paia di occhi stanchi per fissarli. una politica seria, da queste parti, dovrebbe, al contempo, cambiare gli occhi della gente e lasciarli integri. cambiare il modo di guardare l’estraneo, lasciare il mondo con cui siamo stati educati a guardare.

16.5.08

il ruolo del Pr

continuamente sul filo tra provarsi e deprivarsi

12.5.08

torta alla torba

consulenti in subappalto dimessi in quattro e quattr’otto per quadrare il conto, il gioco è per chi ruba seguendo di più le regole, i servizi languono, c’è sempre il pakistano, all’angolo, che vende le caldarroste di montella, l’indiano al call center che assiste, in coloniallingua, l’americano con problemi alla tv satellitare, fame e desiderio di pasta e fasuli, il romeno rimette i soldi in patria, un altro l’alcool sul pavimento della cavea graffitata, perdo l’ennesimo 211 quando l’ultimo aereo per oporto decolla obliquo, un giorno entro nel negozio dall’insegna, vini sfusi di qualità, nella pizzeria dell’egiziano torme di brigadieri di sardegna napoletani addentano kebab in tondo, al discount non si trova la pasta barilla, al bar mancini trentenni romanisti intrattengono anziani in canotta, si parla del più e del meno, è buio arancione, quello sparso da lampioni col fusto verde, il presidente era amico di un cavallo in odore di mafia, la mafia perseguì la strategia delle stragi, aveva bisogno di qualche stagista

11.5.08

panni nuovi

andiamo a vedere i colori delle ciminiere
dall'alto dei nostri elicotteri immaginari
andiamo a dare fuoco ai tramonti
e alle macchine parcheggiate male
ad assaltare ancora i cieli
e a farci sconfiggere
a finire sui telegiornali
foto in bianco e nero delle nostre facce stravolte sui quotidiani locali
andiamo a vedere i cantieri delle case popolari
dai finestrini dei treni ad alta velocità
trasformiamo questa città in un'altra cazzo di città
andiamo a vedere le luci della centrale elettrica
andiamo a vedere le luci della centrale elettrica
andiamo a vedere le luci della centrale a turbogas
piromani le luci della centrale elettrica

l’urbumanista

8.5.08

il paese alle vongole

se calderoli semplifica, taglio corto e mando tutti a fanculo!

7.5.08

istituzioni&destitituzioni

conosco il reddito di mio zio
niente sul suo dio

5.5.08

mad(r)e in hirpinia

non scrivo più da quando mi sento uno shmuck, parolina yiddish abusata da taluni autori un tempo avidamente compulsati, che grossomodo traduce l’italiano scemo, nell’italia capovolta, così ora come fu sempre, ché mi intorciglio attorno ai soliti ragionamenti sullo spazio al secolo ventunesimo, se conviene vivere a san pietro indelicato, frazione di chianche o nel suburbio della megalopoli di secondo livello, a sfrondare rapporti umani secchi, sguardi impauriti, pulsioni vattellapesca. mi riprometto di leggere unavitaviolenta di pasolini, sforzarmi di comprendere, non desistere a metà del guado, in cui sguazzo, ad occhi lucidi, se affronto un interlocutore comune. sono stati giorni di sobbalzi emotivi, contro chi mi imputa di esser privo di microchip emozionale, cui rispondo, per forza, con una blanda protesta mentre riscopro un amore prima inconfessabile per la figura materna, malata o prossima ad esserlo, gli antichi confonderebbero questa figura con la propria terra, su cui si scaricherebbero i cumuli di rifiuti tossici della regione, nel letto ondulato&verde del formicoso, raggiunto dalla fondovalle ufita, dove vecchi su trattori arrugginiti scorticano la terra, ricavandone, talvolta, vita