27.2.07

la guerra pubblicitaria che contrapponeva dotolo mobili ai nicoloro

e allora che te ne pare?
siamo dotolo mobili veniteci a trovare
al passo di mirabella
e la tua casa sarà sempre più bella
canzoncina dello spot di dotolo mobili

mi alzo al mattino con la sveglia sotto orecchio
surf di stazioni perché certi pezzi mi sveglierebbero
poi giornata di assessment
come le precedenti, d'altra parte
strizzacervelli dicono che son così e così
in ogni caso, si può recuperare
dopodiché prendo il 233 per la rivoluzione
roma stupisce, roma tradisce
fermata a favore di campo rom
fermata "disonore" nel vespasiano della farnesina
vale a dire
malridotta
come un qualsiasi istituto tecnico di provincia meridionale
altro che e.n.a.
mi dileguo frastornato
a rifletter la mia ombra in acque verdastre
sotto ponte milvio
desiderio di lasciarmi andare
non verso il mare
controcorrente
verso la sorgente


p.s.
eppoi, sulla strada di casa
un furgoncino di dotolo mobili
parcheggiato
(a lisca di pesce)
a via somalia

26.2.07

template

dopo le ultime modifiche (sulla destra) al template, questo blog non ha più nulla da invidiare a... a... a chi? cazzo, non saprei!

22.2.07

chi ben comincia


Il governo è cascato,
C’è chi dice che sia colpa dei dissidenti,
C’è chi dice sia colpa dei senatori a vita,
C’è chi s’insabbia coi numeri, coi pallottolieri, coi regolamenti parlamentari,
c’è chi apre le consultazioni e chi prospetta scenari,
c’è chi dice, la pace, la base, amerika, la fiat,
c’è chi dice “di nuovo i borboni”,
c’è chi dice, peccato per d’alema, chi, ancora berlusconi?,
E mai nessuno che si vergogni di essere italiano!
(comincio io)

21.2.07

fiumi di pixel

Dico, tanto per iniziare, che i rapporti tra gli uomini (qualunque sia il loro temperamento sessuale) sono complicati; se poi s’immischia l’amore, peggio. dico che scrivere avendo come base della musica rap, per me, non è cosa abituale. Ma un amico mi ha rifilato, a cinque euri, il suo nuovo disco e qualche panzana verosimile su amori diseguali, in età, modelli, potenza: da rimanerci secchi. Dico che in questi giorni di sostanziale nullafacenza, potrei essermi innamorato. E non vorrei che c’entrasse la nullafacenza. Dopodiché se seguissi l’istinto non progredirei. e a non progredire, nulla di male, se non venissi meno ad una faccia, ad una mimica, ad una morale. Dico che la blogosfera è il circo dell’autoreferenzialità. Un blogger, meglio se presente, categorizzabile di primo acchitto, essenzialmente monotematico. Venendo meno ai tre requisiti, il peggio che ne segue non è tanto la irrilevanza, quanto l’assoluta incomunicabilità col pubblico. Tipico esempio di selezione avversa nel senso che a leggerti sono, al massimo, insospettati dipendenti dell’azienda sanitaria locale avellino 2, degli studenti dell’università di caltanissetta, dei pensionati emigrati in svizzera, e mai quelli che vorresti tu (e cioè, fondamentalmente, quelle come Eleonora, 18 anni, di Savona). Se i post sono disorientanti, i commenti, giustamente, quando arrivano, sono difficilmente conseguenti ai post. D’altronde manca qualsivoglia continuità di discorso, di rapporto, di logica. Se poi è assente del tutto un approccio promozionale, immobile la macchina dei commenti, svilita la funzione dei links, inattivata quella dei feed, si rischia di perdere doppiamente il contatto col reale… Dunque, acclarata la profonda e istupidente crisi d’ispirazione, lettori silenti (o lurker) si manifestino, lettori soliti favoriscano un’idea, lettori-qui-per-caso, per voi c’è personalitàconfusa!

Scegliete tra le cinque alternative:

1. inadeepsleep si trasforma in blog politico, iscrivendosi ad un network di destra-finto-liberale come questo o di sinistra meta radicale come questo (per capirci, lì dove prima mi prendono) e comincia a sfornare una serie di post strumentali alla polemica del giorno, massima aspirazione paologuzzanteggiare;

2. inadeepsleep si trasforma in un blog intimistico estremo, del tipo l’amoremioèilpiùbellissimodellaterra, con annessi: foto della coppia, copia&incolla di canzoni di jon bon jovi, jo donatello (anche in duetto: jon bon jovi&jo donatello), sfoghi inattuali al minimo scazzo della compagna, cui seguirebbe ovvia minaccia di suicidio;

3. inadeepsleep si trasforma in un blog a sfondo sociale, promovendo le centinaia e centinaia di manifestazioni benefiche a cui partecipa l’autore, in giro per l’italia, a favore del mondo, con accorati appelli alla generosità degli italiani e terribili requisitorie contro le cattiverie dei potenti che amano la guerra, il denaro e la figa;

4. inadeepsleep si trasforma in un blog supereroe, che se ispirato dal munifico dio della scrittura unisce le volontà degli Uomini Nuovi, altrimenti irreperibili, la cui massima ispirazione è liberare la propria città dai malanni che l’affliggono, il meridione dall’arretratezza morale che l’attanaglia, l’italia dal deserto culturale che la rallenta, il mondo dalla povertà materiale che l’affama.…;

5. inadeepsleep non si trasforma e per l’ennesima volta manda tutti a fanculo, che, per carità, come alternativa è la mia preferita, ma il fatto che la scegliate voi, ammetterete, è alquanto ironico!

6. fanculo tu e inadeepsleep, che, per carità, da parte vostra, sarebbe l’opzione più onorevole, ma purtroppo non praticabile: le alternative (vedi sopra) sono soltanto cinque; questa c'è ma solo per togliervela di mezzo, capito? e fanculo, di nuovo!

19.2.07

fade out

(ri)comparirò!

16.2.07

a solofra vendono cara la pelle

AVVERTENZE PRELIMINARI
QUESTO POST E' TOTALMENTE PRIVO DI SENSO.
LA SUA PRODUZIONE E' DOVUTA A IMPROROGABILI IMPEGNI CONTRATTUALI.
L'AUTORE, TUTTAVIA, SI SCUSA CON LO ZOCCOLO DURO DEI SUOI LETTORI PER LA QUALITA' SCARSA DELL'INTERVENTO.
E COGLIE L'OCCASIONE PER INVITARE ALL'USCIO I LETTORI (DURI A MORIRE) PER CUI SE C'E' QUALITA', E' IN QUESTO POST E NON NEGLI ALTRI.


eri malato.
adesso sei guarito.
e hai un sacco di lavoro da fare.


mantra lenitivo della sindrome APT (Apatia Post Cronosisma)
da Cronosisma. Kurt Vonnegut


alle 18 in punto ho spento la mia lampada perché ho un amico a kyoto e lui non l'ha mandata giù questa storia dei protocolli che pure hanno dato alla sua città una fama, altrimenti, impensabile. voglio dire, per me sarebbe bastato. sono stati due minuti di buio nella mia stanzetta che pare fuori, in ogni caso, dai giochi globali ma pur sempre di questa terra o sbaglio? però non mi son dato cura di propagandare l'iniziativa e così, dal piano di sotto, provenivano i rumori di consumi televisivi dannosi per la testa più che per il resto. ora, dovrò scusarmene (via mail) col kyotense (o kyotano o, ancora, più semplicemente, uomodikyoto) se, persino, in un piccolo (o grande) appartamento di quattro, dico quattro persone, non si riesce a ridurre il consumo, neanche per pochi minuti. mi arrovello sulla cosa e finirò per soffrire di un cerchio alla testa per via di un buco in cielo.

14.2.07

7.2.07

ultras: unico orgoglio della città!... (e noi, zitti, accanto)

Se vogliono risolvere i mille problemi che tutt’ad un tratto (no, da sempre) affliggono il pallone, scambino i provvedimenti urgenti, le norme nuove di buon senso e le regole riciclate perché bellamente inapplicate, con un solo, semplice, obbligo valido per tutti i tifosi, ogniqualvolta entrano allo stadio: guardate la partita! Perché il marcio viene proprio dall’emergere prepotente e, per certi versi irriguardoso nei confronti della bellezza del gioco, di uno spettacolo nello spettacolo, quello delle curve irreggimentate, che cantano come un sol uomo, delle coreografie multicolori e superdecantate, dei pochi striscioni intelligenti e dei miliardi di idioti. perché il marcio viene dal progressivo conflitto tra le due rappresentazioni, quella in campo e quella sugli spalti, in cui se la prima è noiosa, talvolta deprimente, ci si accontenta dello show della curva, della festa di giovani che continuano a sputar cori fino al novantesimo, che, a dirla tutta, smarriscono persino l’occasione dell’insulto più antico e dunque neutro, arbitro cornuto, perché, semplicemente, non seguono le fasi della partita. Così il capo-ultras dà le spalle al gioco e dirige migliaia di teste attente solo ai suoi ordini, un’orchestra frastornante, e fomenta gli animi, e insulta pesantemente non solo gli sbirri ma persino i poveretti che, follia delle follie, vorrebbero tranquillamente assistere ai ventidue che si disputano un pallone. Chi frequenti qualsiasi stadio, quelli di A con (o senza) i tornelli, a scendere fino ai campi polverosi dei dilettanti, e viva la giornata con un minimo di distacco, conosce bene il disorientamento che si prova a non capire dove volgere lo sguardo e la voce, se ai fatti rappresentati in curva (nelle due curve, quando sono presenti gli ultras ospiti, lo spettacolo è decisamente più appetitoso) o a quelli, meccanici e ripetitivi della gara. Come se si fosse perduto il senso della partecipazione ad un evento sportivo e con violenza (questa sì, primitiva), alcuni degli spettatori tentassero di rubare la scena, di ritagliarsi un ruolo, di strappare un grammo di notorietà ai calciatori strapagati e infatti quante volte si dice che i campioni passano, i tifosi restano (poi i capi-ultras, quelli arroganti e duceschi resistono ancora di più)? Tutto quello che segue, il morto la domenica, l’odio per le forze dell’ordine, lo spaventoso giro d’affari che ruota intorno al mondo ultras (biglietti omaggio, gestione trasferte, gadget, servizi d’ordine), viene dopo. D’altronde, perché negare l’ingresso gratis ai veri artefici dello show: si è mai visto uno sbirro manganellare totti o del piero perché non avessero il biglietto? La logica perversa di questi ruba-scena esige che gli onori siano giustamente divisi tra i due spettacoli in scena la domenica e di fatto, i giocatori, al termine della partita, vanno ad applaudire le gesta dei tifosi e non sempre accade il contrario. E giornalisti ultras esaltano la bravura dei tifosi organizzati, a partire da “questa tifoseria non merita la serie…” , per finire al “si gioca come in casa” per elogiare i trasferisti coraggiosi; esultano sguaiatamente, curvescamente, dopo le vittorie mentre sparano su allenatori, giocatori, dirigenti, peggio degli ultras più beceri, dopo le sconfitte, piegandosi a cassa di risonanza di un fenomeno che non sanno raccontare con oggettività (vale a dire da giornalisti). ora, dir colpevoli tutti è facile, ma forse è più facile guarire il gioco tramortito, ex più bello del mondo. se, d’ora in poi, allo stadio, non ci distraiamo, isoliamo chi vuole abbaiare alla luna, guardiamo la partita e accontentiamoci solo di quella.

5.2.07

la modification

spengo il motore. aspetto che tu esca.
il cassonetto argento, dalla scritta napoli soccer, che durante le ricorrenti crisi spazzatura si è visto spesso circondato, ora avrebbe spazio libero per tagliare la corda ma sciancato com'è preferisce qui aspettare la fine del servizio. nasconde palla mondo, poco flessuosa, istallazione postmoderna di una palestra per donne pro-fumate. mentre a terra giace ramo d'albero, spezzato, secco, rassegnato. in lontananza fiorisce la mimosa a preannunciare raggelante global warming. un cane abbaia. un altro risponde. un apparecchio tv trasmette raggi blu dal secondo piano. in alto veglia la sagoma di montevergine. da cui si intravedono: luce rossa d'antenna, fascio giallognolo abbazia, fari d'auto che scendono lungo i tornanti. penso che quando sarà, io e i passeggeri di quelle auto, a rigore, non potremmo dire di non esserci mai incontrati. poi m'accorgo di non essere arrabbiato. perché quando sto male, tutto sommato mi trasformo in un occhio.

2.2.07

turbainurbamenti

a un passo dal possibile,
a un passo da te,
paura di decidere,
paura di me
elisa, a nome di un’intera generazione


Ci muoviamo spavaldi lungo gli assi che da piazza istria portano a piazzale delle province, da porta pia puntano su piazza Gondar. Dopodiché, una volta oltrepassati questi confini esistenziali, siamo subito disorientati, confusi dallo sbaraglio della vita metropolitana, noi provinciali inurbati non vediamo l’ora che il 60 express ci riporti all’ovile. Noi siamo quelli per cui la breccia, onore dei bersaglieri, è stata un di più, avremmo potuto lasciar spazio e privilegi ai pontifici, magari la storia patria avrebbe preso tutt’altro corso, tra pax e pacs mentre la storia personale, tutto sommato, sarebbe stata la stessa. Dunque, consideriamo nostra soltanto una piccola porzione di città, del resto ignoriamo angoli e persone; ci siamo costruiti un'enclave nella metropoli e sorridiamo con affetto a chi ci rinfaccia dolci nottate, federicofellineggianti, nella capitale tentacolare a cui, per tempra antisocial, abbiamo ammanettato i tentacoli. Al massimo, godiamo della vista delle massaie ciarliere alla fermata del 310. le quali non assomigliano a nostra zia solo perché massaie, solo perché ciarliere. C’è dell’altro. forse è lo schiocco della lingua a scandire le notizie di una certa importanza, suo marito è morto, suo figlio su marte, il suo amante, da quando con lei, come risorto. Al massimo, ci chiudiamo nella biblioteca dell’università, dove, è vero, invece dei topi, girano personaggi curiosi, ragazzi con la sola intenzione di ritardare la laurea, ragazze con la sola intenzione di sradicare le doppie punte, stanare saperi da libri ogni giorno più intonsi, selezionare, ma solo se c’è modo e tempo, uomo adatto, che sia danaroso o nulla. Dunque, poche distrazioni. Se non fosse per il circolo di tennis che s’ammira dalla terrazza, sul didietro, campi in terra rossa, uomini d’affari indaffarati sui rovesci del gioco. Noi che bramiamo di entrarvi ma l’esclusività del posto ce lo nega e a nulla valgono gli sconti famiglia perché, a suo tempo, evademmo dalla famiglia fatto salvo il sostanzioso cordone finanziario per cui eternamente saremo debitori, che pure non ci permette spese folli. Se non fosse per passaggi a vuoto, spiegazioni fumose, tira&molla gratificanti, avremmo pure individuato, finalmente, la strada, amministrativista o pubblicista (senza passar per il giornalismo). Avremmo trovato, cioè, quella spinta, che è difficile capire da dove provenga, che muove i virtuosi, semplicemente, ad agire, intuendo, tra l’altro, il fatto che non sarebbe arrivata a spiare di continuo gli spiragli della coscienza, in eterna attesa di segnali. Ora, possiamo aprirci a nuove avventure e mai più ignoranti di fronte a parole come assessment e recruitment. Perché se lavoreremo, sarà soltanto per spaccare il capello in cinque. Chissà per un think tank, thanks! Intanto, cerchiamo di rosso la data del tre maggio e nel frattempo, dovrò inventarmi una pozione magica che tenga incollati tutti i capelli in testa, per non rischiar di venire spelacchiato nelle foto che poi restano, e più di tutto, per non uscir perdente da una scommessa con il mio riflesso. Dopodiché cercheremo di non esser cannibalizzati dai nuovi coinquilini, due dei quali autentici fenomeni dell’italietta di quest’anni. Tanto per dire, pochi giorni fa, convenivano sull’utilità di possedere il porto d’armi, non foss’altro per il vantaggio di poter sparare al pentagono. Al che, inutile dietrologia per concludere, chi è più terrorista, noi o loro?