30.11.06

la situazione rimane in evoluzione

Perché
ma perché questa notte
ha le ore più lunghe
che non passano mai
Ma perché ogni minuto
dura un'eternità
Quando il sole tornerà
e nel sole io verrò da te
un altro uomo troverai in me
e che non può più fare a meno di te
Quando il sole tornerà
e nel sole io verrò da te
amore amore corri incontro a me
e la notte non verrà mai più
Albano - Nel sole
la
mia
spocc
hia all
o specch
io, tratti a
spicchi, pulir
e il bagno per r
egalo, pugni a vuo
to, jeb, montante, d
i retto, il fantasma è
k.o., io no, o almeno cr
edo; gli amici di luis sono
catecumenali o drogati?, le am
iche da momart sono stakanoviste
, troveranno lavoro perché pronte s
chiave, passare davanti al momart mi
schianta, l'aperitivlocale, ben abbardato,
mi provoca orticaria, ma, una volta acclima
tatomi, una fame pazzesca. studiacchio, distr
aggo, oggetto di studio, sono distratto, prepara
to alla sfida, lancio il guanto lontano, accecato da
un insolito sole autunnale lo perdo in volo, stramazza
al suolo, tonfo. perdo, spento, spengo i cavi, quasi m'acca
scio,la faccia di cazzo rispunta, i conforti di contrabbando ri
suonano fessi, le amiche di comodo evaporano in un attimo, la
crime finte risalgono alle palpebre dei fortunati, sbarro gli occhi
platealmente, ogni gesto è misurato, tranne il colpo al cuore, la fi
tta, la disfatta, l'auto-sfottò che precede lo sfratto dall'affitto. allora,
chiuso con gli esami, tornare, finalmente, a casa, dai genitori accoglien
ti, senza medaglie e destino, amministrare il quotidiano di nuovo con len
tezza. e, invece, deciso a rimanere, nella città della non-finanza, degli aggi
ustamenti, capitale dell'eterno compromesso, delle messe, nere e bianche, de
lle morti civili e delle vite gentili, del ponte lanciani, e di papa luciani. il barista
polacco mi ospiterebbe anche a casa sua, ora mi fa da emissario nel mondo d
ei lucratori di case, appostati da finti custodi del palazzaccio fascista. e mi
prepara un caffè a vetro, regalandomi il vetro, un bicchierino da liquore,
cosa non si fa pur di recuperare un cliente affezionato? se mi trasfe
rissi perderei pure il norcino sorcino, il buongiorno della vecchia
pizzaiola, il fotografo meshato, il bar cuba, l'alterigia della
giornalaia, l'arancione del conad, la bandiera del libano,
forse persino la mia vecchia bicicletta del '64, inadat
ta ai lunghi spostamenti e ai quarti piani. e attimi
storici. balla, balla ballerina. persiane abbassa
te e i pezzi di gigione urlati, divani divelti, li
brerie pericolanti, mura così candide. rimar
rei nella capitalia, dall'amministratore
che mi perseguita, se ne facessi un f
eticcio, invece dimenticherò. dime
nticherò posterina e i suoi avver
timenti incrociati, gli sguardi af
filati, mai ricambiati, mosso d
a un contegno fuso a sdegn
o. dimenticherò: "fa carrie
ra chi riesce a stare nei
posti dove si prendon
o le decisioni". e il
mio azzardo sul p
ubblico-privato.
dimenticherò
i giochi di n
ash, e il t
uo odios
o sarca
smo
al
tuo
posto
avrei fat
to peggio, p
erché sono cat
tivo e pecco spe
di hybris ma guari
rò. dimenticherò i co
mpagni di scuola finiti
in banca, e quelli lambiti
dalla galera. sopporterò i po
chi che si guadagneranno le cr
onache. poi non so, perché ci sar
ò ma ancora non ci sono. la vita può
cambiare in un momento, ti fa paura e
anche se quel momento è stato, ieri, indi
viduato, sulla base di oscuri pensieri, che re
stano il mio segreto più intimo, so pure che è
cambiata in meglio, per come mi guadagno ogni
respiro. non si può entrare ed uscire nel cuore altr
ui come in un saloon, già detta da chissà chi, comple
tamente introiettata, oramai. ci sarà legna per un
nuovo inizio. ci saranno mansioni e nuovi compiti.
e la convinzione che il verbo amare all'imperfetto
è privo di significato!
ottanta: la gallina canta
canta la gallina, canta il gallo
ecco mussolini
che monta a cavallo
canta il gallo, canta la gallina
sicuro che ad ogni notte
segua una mattina
settanta - P.G.R.

17.11.06

obituary parte due per maynardo (dopo merola, friedman). precisazione per gli "i.n.a.d.e.e.p.s.l.e.e.p."

Ci lascia - ma già da decenni aveva un posto garantito nel ristretto novero dei giganti del secolo (lo scorso, però) - l’economista americano milton friedman, premio nobel nel 1976, padre dei monetaristi, dei chicago-boys, liberisti e libertari, e su tutto, anti-maynardiani. Una diatriba intellettuale epocale per la scienza economica per la quale il compromesso della IS-LM non accontentò nessuno dei contendenti (né accontentò il nostro prof. di macroeconomia, ma possiamo riconoscere che in quel caso è merito delle nostre, balbettanti, spiegazioni). Naturalmente, noi parteggiamo con gli “opposite” (e, sia chiaro in giro, solo in queste occasioni speciali ci azzardiamo ad utilizzare il plurale maiestatis) ma ci piace ricordare il fiero capofila della scuola avversa, con le parole dell’ultimo sopravvissuto (lui è dei nostri), paul samuelson: “per il solo fatto che lo dica friedman non vuol dire che sia sbagliato!”
maynardo

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riguardo a questo:

...se, una volta entrato tra i primi mille di blogitalia
e i primi trecentomila di technorati,
devo considerare il bicchiere
mezzo pieno o mezzo vuoto
e di conseguenza licenziare maynardo
e passare a milton…

Naturalmente, un anno fa, le prospettive di inadeepsleep apparivano decisamente più rosee delle attuali, laddove, ora, è svanita la passione e mezzo- svelato l’arcano. L’ingresso tra i trecentomila di technorati e i mille di blogitalia non solo non si è verificato ma, appena sfiorato, come una molla traditrice, ci ha sparato lontano ogni fievole faro di interesse (che suona malissimo ma è voluto). L’alter-ego Maynardo, egli stesso senza contorni, più volte ha mostrato segni, plateali, di cedimento, arrivando persino, poche settimane fa, a invocare le dimissioni, da cui la chiusura per brutto di fine ottobre. Tuttavia, noi (qui non è un plurale maiestatis; sono i dodici componenti del comitato i.n.a.d.e.e.p.s.l.e.e.p. - dall’iniziale dei nostri nomi di battesimo, poiché era difficile scegliere un nome che trovasse d'accordo tutti, tra l’altro siamo in numero pari, ma questa è un’altra storia - a parlarvi in qualità di veri tenutari del blog), confermiamo la nostra piena e incondizionata fiducia nell’opera del redattore maynardo, pure nelle difficili contingenze e neghiamo di aver mai fatto pressione per pubblicare le frasi succitate. In ogni caso teniamo a precisare che Milton è fuori delle nostre possibilità economiche.

comitato i.n.a.d.e.e.p.s.l.e.e.p.

14.11.06

mode e mutamenti e conversioni

Settimana storta, quella appena trascorsa. Comincia col fallimento del mio primo speed date; sapete quegli appuntamenti al buio, organizzati per single incalliti, in locali svuotati, che durano una manciata di minuti? giusto il tempo di un “ciao, come va?”, che già si (s)cambia, tanto da essere certi di non aver fatto brutta impressione così da guadagnarci in autostima. Il problema è il mio certificato da “single”. All’ingresso, un energumeno della security capisce che è contraffatto (effettivamente lo è: da mario, per la precisione) e mi butta, senza complimenti, fuori.

Giorni dopo, entusiasta dell’ultima moda tra noi giovani- universitari- romani- precari: il book-crossing, esco col mio bel libro, semi- nuovo, le correzioni di franzen, appena terminato, sottobraccio e fiducioso lo appongo sulla panchina, novanta gradi est, di piazza bologna, lato vasca senza fontana. Mi allontano, sicuro che un omologo, giovane- universitario- romano- precario, alla vista di quel dono insperato, corra di filato a casa, spulci nella sua risicata libreria (altrimenti, che razza di precario è?), scelga il libro da barattare e lo sistemi, diligente, sulla medesima panchina, come da “moda”, d’altronde. Dopo due ore, allora, ritorno alla mia panchina, gonfio di curiosità e… del libro quel poco che rimane è stato visibilmente devastato dalla furia distruttrice di un cane parecchio dentato.

Per non dire del car sharing. Che mi è costato l’ennesimo incidente. Dacché mi nasce il sospetto che non sia tagliato per la modernità. Che sia meglio, come diceva ieri giovanni lindo ferretti da ferrara, ritirarsi in un borgo appenninico. A cavalcare a pelo il proprio animale, sopraggiungere sul crinale un attimo prima dell’alba. Scontrare il sole (che poi è come dire, la creazione, giusto?) e stupirsene. Vivere della Parola. Che, col tempo, (ti) muta!

non sudo ma m’innamoro,
non mastico chewing gum,
non vado a panama,
non faccio il lord!

c.c.c.p., riadattati

12.11.06

disgraziatissima serata...

addio, re della sceneggiata, arte o pseudotale, migliore interprete dello spirito di una città che tutto mette in scena, fingendo la poesia, raggirando il dolore, irridendo il prossimo, soprattutto se più disgraziato. prosaica truffa mirata per i narcisi, impareggiabile spettacolo per i semplici, dai vicoli di camorra ai sperduti focolari di zappatori analfabeti, finanche oltreoceano. migliaia e migliaia gustavano i tuoi film, accorrevano ad un tuo concerto, voce di un orgoglio altrimenti dimenticato, di una comunanza quotidianamente bistrattata. eppure non rappresentavi nulla di eccelso, nulla di gratificante, di rassicurante. ti seguivano perché esibivi un sentimento comune a tutti loro, sempre con la stessa faccia, sempre con le stesse parole: l’enorme sofferenza di appartenere, in qualche modo, vicini e lontani, con o senza i titoli, a napoli, tanto è vero che quando cantavi sembrava sempre che potessi scoppiare a piangere da un momento all’altro. sopraffatto da un amore incontenibile, dunque incapace di agire. con te, scompaia, in questa città (che non è la mia ma della quale, tuttavia, sono inzuppato), l’indulgenza verso la prevaricazione, l’accondiscendenza alla legge del “è sempre stato così”; scompaiano le lacrime d’ordinanza, persino le emozioni gratuite, e si sfidi la realtà, scorticati, senza il dovere di una eterna, e a lungo andare noiosa, messinscena!

7.11.06

spaghetti di soia

Nell’amore vince chi fugge. Ma se fuggono entrambi, chi cronometra? Il quesito precipita come un masso sui tornanti verso l’irrigidimento sentimentale; mi blocca, allora con lo stesso mi balocco, poi si sbriciola in un momento: hai ragione tu! in ogni caso, sono già in retromarcia. ci si vede fra trent’anni. indosserò un tight blu e una convinzione in più.

I libri da esposizione ikea sono veri, si sfogliano come pagine che frusciano, sono in svedese, ma i titoli si ripetono ossessivamente, al che la domanda è legittima: siamo sicuri che la classifica best sellers in svezia non sia tarocca? Dopodiché non ho nulla da dichiarare sulla mia (seconda) esperienza al mega-mobilificio, a parte una: ho imparato ad apprezzare il salmone. Ma pure gli spaghetti di soia del cinese non scherzano.

Javi che è di Siviglia crede che Francesco de gregori sia come jovanotti. Non ho voglia di dilungarmi sulle affinità/divergenze, non ne posseggo i titoli. Come spiegargli, poi, che il caffè conad non rappresenta il meglio dell’italica produzione, che Vasco Rossi non è detto piaccia a tutti, che il mio non è un dialetto ma una cadenza, che il papa è in tv ma non nelle case, che la spagna mi è sempre stata sul cazzo.

Oggi pomeriggio, il sapore della mia matita era insoddisfacente, il colore delle monografie deprimente, il contenuto degli articoli altalenante, allora ho creduto fosse giunto il momento di mettersi in proprio e ho buttato giù l’incipit della tesi. Gli applausi finti scrosciavano dagli artoparlanti della biblioteca. Evidentemente, il momento era parecchio atteso.

5.11.06

specchio, specchio delle mie trame

A guardare con occhi distaccati (ma è possibile?) l'Italia di oggi viene in mente uno specchio rotto. Tanti specchi rotti e ridotti in frammenti che riflettono, ciascuno, un'immagine parziale e deformata della società. Un effetto di rifrazione.
In quella molteplicità di immagini si specchia una moltitudine di gruppi sociali grandi e piccoli; nei frammenti di minime dimensioni si specchiano singoli individui. Ciascun - gruppi e individui - guarda se stesso e se ne compiace, ma non c'è la visione di insieme. Si parla molto spesso di identità condivisa, di valori e di obiettivi condivisi, senza comprendere che la condivisione è diventata impossibile. Ci vorrebbe uno specchio unico per avere un'identità collettiva unica, ma è proprio questo che manca. Come è potuto accadere? E quando è accaduto?
(digressione storica: calata di Carlo VIII, Guicciardini, l'annessione piemontese voluta da Cavour tra cattolici coi portoni chiusi e listati a lutto, massoni miscredenti, contadiname, galantuomini, latifondisti, piccola borghesia degli impieghi, mafia, camorra. Poi, fascismo e nuova rottura dello specchio: 8 settembre 1943)...
Non è tuttavia di queste varie rotture che qui vogliamo parlare, non è questa la realtà di oggi anche se molti retaggi, positivi e negativi, confluiscono in essa. Faccio soltanto osservare che le rotture del passato furono provocate e gestite da gruppi egemoni in una società povera di risorse e in grave ritardo sull'evoluzione delle altre nazioni europee.
Noi qui vogliamo parlare di quanto è avvenuto in una società sostanzialmente opulenta o quanto meno abbiente, nella quale l'identità è andata in pezzi in assenza di gruppi che avessero una visione chiara del bene comune, diversa da una concezione puramente mercantile.
Quando il denaro diventa il valore esclusivo e insieme ad esso il potere che procura denaro; quando il sentimento morale si riduce ad una maschera o addirittura ad un ipocrita luogo comune, allora l'identità condivisa va in pezzi, le corporazioni si disputano le risorse, ciascuno difende il suo e cerca cupidamente di appropriarsi dell'altrui, tutti comunque cospirano contro il bene comune e l'interesse generale con tanto più vigore quanto meno l'interesse generale e il bene comune sono percepiti come realtà e come obiettivi individuabili e condivisibili. Questo è ciò che sta accadendo sotto i nostri occhi sgomenti.
Si dà la colpa di quanto accade ai politici. In particolare al governo. È diventato un tiro al piccione, uno sport condiviso - questo sì - e un gioco di società. Ma la colpa non è del governo né dei politici: quando le redini del cavallo sono rotte la colpa non è del fantino...
Il vero ammalato è infatti proprio quella società civile che si propone in teoria come medico terapeuta. Guardate: gli impiegati dello Stato sono odiati e sbeffeggiati dai lavoratori di tutti gli altri settori; i titolari di partite Iva odiano e sono odiati dai lavoratori dipendenti; le piccole e piccolissime imprese detestano la politica ed anche la stessa Confindustria che li rappresenta, ma chiedono d'interloquire dopo aver gridato che l'interlocutore non è credibile; i giornalisti sono ritenuti responsabili di tutti i fraintendimenti di quanto viene detto pubblicamente e anche questo è diventato un gioco di società. Le banche sono guardate con rancoroso sospetto dagli imprenditori. Perfino la camorra non ha più un'immagine univoca e condivisa di se stessa: si è spezzato lo specchio anche lì, nel cuore della criminalità; i piccoli camorristi si sono messi in proprio, ciascuno ha recinto e blindato il proprio territorio, le sparatorie si ripetono ogni giorno.
Per fortuna non tutto è nero pece. Ci sono aspetti positivi, alcuni addirittura di eccellenza, in questo paese...Non mancano risorse d'intelligenza, di moralità, di capacità organizzativa, anzi questo paese ne è ricco. Manca la fraternità italiana. Il rispetto reciproco. L'esempio proveniente dall'alto. Credo poco a chi spera e propugna che l'esempio venga dal basso e si propaghi. Non è così. Non è mai stato così. L'esempio capace di diffondersi e di configurare una comunità è sempre venuto dall'alto, dalla classe dirigente nel senso ampio del termine. Spetta alla classe dirigente fornire i modelli, i progetti, il canone...Il governo è composto da una settantina di persone e da tre o quattromila collaboratori a vario titolo. Troppi, ma pochissimi rispetto alla classe dirigente nel suo complesso, che si compone di tre-quattro milioni di persone, più o meno il 10 per cento della comunità nazionale. È da lì che può venire la rigenerazione del paese o la sua caduta nell'anarchia.
Lo specchio si è rotto. Occorre ricostruirlo. Oppure retrocederemo ad un "volgo che nome non ha".

Fratelli d'Italia, lo specchio s'è rotto
di EUGENIO SCALFARI



3.11.06

soliloquio triestino

Talvolta perdo il senso delle cose che mi sono intorno. Disorientamento. Mi lasciano memorie. così tocca ripartire daccapo. Naturalmente, sono sempre io che riprendo. Un io che va e un altro che s’impone. S’assomigliano come fratelli. Si odiano come fratelli. Sragionano come figli. I colori d’autunno rinforzano lo straniamento. Meglio scappare da qui o da se stessi? Questione di eterni inseguimenti. Intanto, incidenti. Il F.S.R.V.D.P.*, il pedale del freno troppo spesso tamburellato, impatto un muro. L’auto sembra intatta ma il volante va per conto suo, come nelle giostre. Si riprenderà

Cimici verdi infestano questa casa, al confronto le mosche sanno restare silenziose; si vede che hanno qualche deposito provviste, qui intorno. Io, invece, faccio il pieno di paranoie, ordinate in uno scaffale, sempre fornito. Giorni fa, ad esempio, temevo che un altoparlante diffondesse in strada l’audio di un promo porno. Corsi alla finestra ma riscontrai più pollai che pollari. Strazianti ammazzamenti. Regolamenti di conto. Piazze di spaccio. Clan, ‘ndrine, sgualdrine, nigeriane, per lo più. Abbasso le persiane.

Ultimamente, leggo il Foglio, che è disponibile gratuitamente in pdf, dopo le quattordici. Mentre dal barbiere ho scoperto che l’indipendente, da queste parti, non è un quotidiano ma un’associazione ricreativa. Mi piacerebbe scrivere un pezzo su Ottavio Giordano, il mio intervistatore-al-mercato-settimanale preferito ma dovrei prima visionare decine di VHS. Occorre, dunque, che prima rimpolpi la mia collezione, per la quale vi chiedo aiuto a tutti voi. Non disprezzo nemmeno Felice D’Aliasi, Carmine Losco, Fiore Carullo, Cinzia Puopolo, Antonio Di Nunno, Pierluigi Melillo, Nicola Elia, Egidio Foletto, Anna Guerriero, Michelangelo Varrecchia d’annata, oltre, naturalmente, ad ogni minuto su nastro del Direttore Barisano. Disponibile anche a scambi e duplicazioni. Max serietà. No perditempo.

Che tra l’altro, ho scoperto che i nostri, O.Giordano e C.Losco, prestavano le loro voci a radio colombo, una delle prime esperienze di radio libera, in terra irpina. I jingles della radio sono fantastici. I motivi per cui è stata chiusa, incomprensibili. Peccato. Non mi perdo in lacrime, non avendola mai ascoltata. Se qualcuno fosse pronto a riprendere il discorso, potremmo discuterne. La concorrenza di radio punto nuovo, studio elle, radio arc rete 101 non spaventa. Quella di radio magic & magic 2, stimolerebbe. Serata ruvida contro serata liscio.

Napoli non è il far west. Mancano i cavalli!


* il fondo stradale reso viscido dalla pioggia