31.1.06

meglio che peggio

a legger blog altrui, taluni eccelsi, talaltri avvilenti, riconosci, oltreché la gioia nascosta di poter sprecare tempo, la tua “medietà” a scapito della possibilità… di esser peggio!

28.1.06

mario barisano

nella tetra galleria di personaggi che popolano avellino&provincia, riluce, e senza ironia, un solo uomo, checché ne pensiate, il suo nome è mario barisano. vera e propria icona pop, guru mediatico, sciamano del tubo catodico, editore televisivo, direttore di telegiornale senza tessera, polemista intransigente, urlatore professionista, anarchico delle convenzioni, fustigatore di pubblici ufficiali, autentico spirito libero, dialettico dialettale, paladino dei più deboli, primo commentatore dell’u.s. avellino, mille&mille volte querelato, ignominiosamente censurato ed altro ancora, tanto da farne un personaggio da romanzo, un romanzo minimo, quanto avellino, si capisce.


la sua storia comincia, circa quarantacinque anni fa, fratello tra fratelli, alla ferrovia, ex periferia degradata&operaia della città. della sua biografia però, non sappiamo molto né interesserebbe, immaginiamo. mario barisano diventa tale, impone il suo nome, o quantomeno lo trasfigura in quel che è, nel momento in cui appare in tv.
e della tv capisce il trucco più subdolo. non è mai importante quello che dici ma come lo dici. ebbene mario barisano, nelle sue lunghe apparizioni televisive, non buca lo schermo, lo sfonda, letteralmente. aspetto dimesso, barba incolta, mai in giacca&cravatta, capelli, un tempo lunghissimi, ora, in ogni caso, arruffati, aria sofferente, inchioda l’obiettivo con sguardi rabbiosi, poi si perde in lunghe pause, in cui si distrae, in cui si gira di lato a chiacchierare con il cameraman, orlando?, riportandone i commenti in video, e soprattutto, urla, deborda, straripa, scantona, sragiona, colla carotide ingrossata, paonazzo, livido, sputtana a destra e a manca, mette all’indice i vizi della città-bene, moderno savonarola, in eloquio farcito di avverbi come certo&probabilmente, di proverbi gergali, vere chicche per i cultori del genere, di perifrasi lunghe, complicate, pure sgrammaticate, ma di una bellezza disarmante.
affibbia soprannomi a mezza città, taluni leggendari: “‘a jatta nera” (ad un giornalista sportivo che pare portasse sfiga alla squadra di basket), “il vescovo-rosso” (ad un dirigente locale degli odiati ds), ed il celeberrimo “pepp’apparatore” (ad un ex presidente dell’avellino calcio, noto per la sua diplomazia). afferma, senza falsa modestia, di essere l’unico giornalista libero della città, direttore nonché proprietario dell’unica televisione libera, orgogliosamente fuori dalle spartizioni politiche. striglia i giornalisti concorrenti, talora semplicemente irridendoli, talaltra deplorando il loro asservimento a questo o a quel partito. sa di esser voce scomoda e congettura oscure trame per la sua eliminazione fisica (ovvero mediatica). si auto-elogia ed auto-incensa. paragona la vicina cittadina di atripalda, in cui pure ha, o aveva, degli interessi commerciali, alla secondigliano di avellino, attaccando personalmente il sindaco, alcuni assessori, una consigliera, in arte nancy, ai limiti della diffamazione, e stupidamente, quest’ultimi se la prendono, querelandolo. come se la prende la questura, ripetutamente bersagliata per l’inefficienza dei suoi uffici, tanto che, a marzo dell’anno scorso, la procura della repubblica chiude prima tivvù (la sua tv non poteva essere che “prima”), pulpito di m.b., come misura precauzionale di inspiegabili procedimenti a carico del proprietario. ennesima riprova di come il potere tema il dissenso e adotti provvedimenti censori, a tutela di un pubblico che ritiene deficiente.
la città è sbigottita ma fino ad un certo punto, abituati ad abbassar la testa. dopo qualche settimana la televisione riapre, una quindicina di posti di lavoro in pericolo hanno la meglio. ma con un vuoto: mario barisano. senza le sue tirate chilometriche ci si sente smarriti, tra la bonarietà di un melillo, la cavillosità di un genzale, lo strusciare di un festa, direttori a metà, in una città da pensiero unico.
solo lo scorso trentun dicembre, nove mesi d’infamia, mario barisano si materializza nel tg di prima tivvù, per annunciare il ritorno, e precisare con la consueta boria, che il duemilacinque è stato, per lui, non per la sua tv, nonostante tutto, un anno fantastico. ha già in mente un programma, in cui finalmente, i suoi nemici potranno riconoscere la “vera cattiveria di mario barisano”, oramai costretto anch’egli, per via della persecuzione subita, a parlare in terza persona.
l’appuntamento con il direttore va in onda il venerdì sera, alle dieci e trenta. la sigla: l’illuminante, je so’ pazzo di pino daniele, contrappunto ironico alla mediocrità degli avversari. ma, e spiace dirlo, è un barisano ferito, che stenta ad ingranare la marcia, insolitamente prudente, tiene a precisare che la trasmissione non è registrata negli studi di prima tivvù, e che avrebbe preferito la presenza di un avvocato, ringrazia gli attestati di solidarietà della sua gente, tratta senza pungere dell’IRM (un incendio ad un capannone di rifiuti tossici, passato per mini disastro ecologico), del PUC (il piano urbanistico della città di avellino su cui ci si scanna amabilmente da settimane) ed infine promette, per la prossima puntata, di ritornare su atripalda, vero e proprio cavallo di battaglia del nostro.
e, nel vederlo tanto tranquillo, rimpiangiamo i tempi che furono, in cui l’affondo finale, in un crescendo impetuoso si chiudeva con il saluto finale di Barisano, che si strappava il microfono da dosso e si alzava di scatto, ancora in video, ancora livido per la contesa del giorno.
ai suoi detrattori diciamo: cosa aggiunge e cosa toglie, la maschera di barisano a questa città, cavriago all’incontrario, dove la dc, variamente declinata, prende il 74%? dove il dibattito politico è talmente inconsistente, tema unico: elefanti&clientele contro tutti?
non difendo quel che dice mario barisano, ma difendo il fatto che lo possa dire (abusata, questa); in tv funzionano i personaggi, il resto è sottofondo. la censura offende la dignità dei telespettatori, prima di tutto, instillando il dubbio che essi siano indifesi nei confronti dell’imbonitore di turno. non è così. il pubblico sa distinguere il grano dal loglio, le bufale dalla verità e spesso preferisce guardare chi spara enormità con fantasia, piuttosto chi predica verità ritrite con pose da intellettuale d’accatto.
insomma, lasciateci mario barisano, autentica voce libera (e immaginifica) in una provincia troppo spesso con la schiena piegata!

25.1.06

profili penali del market abuse

mi chiedo da un pezzo se chi apre la pagina del proprio blog più volte al giorno, giusto per il gusto del counter, sia punibile per aggiotaggio

24.1.06

in coscienza

quante ore offro al dissenso da me stesso, solitario, senza riscatto, ad aspettare chissà cosa, una illuminazione?, da chissà dove, una finestra? con i dubbi che s'affastellano ai bordi della scrivania. scrivere per schiodarmi. poi agire sullo slancio. tipo rivitalizzare rapporti anchilosati da infiniti silenzi. o ammiccamenti. luridi compromessi con il nulla che mi fa da angelo custode. sarà vero? in effetti sarebbe più facile trovare ragioni se fossi dannato, o uno di quei personaggi lì, se tutt'intorno miseria&disperazione o fantasmi. in realtà, tutto sommato, la vita fila liscio e bene si sta, pure in questa città. dormire, ultimamente, è la cosa che mi riesce meglio. il titolo del blog c'azzecca ancora. ammiro gli insonni. dimostrano di saper resistere all'assopimento della coscienza. che poi a me, in coscienza, escon fuori post così...

23.1.06

zona a traffico limitato

i miei pensieri corrono veloci:
dal nulla un frastuono
e già un puntino all'orizzonte.
così realizzo che nella mia testa
non c'è traffico
né, evidentemente,
un belvedere per sostare.
insonorizzarla?

22.1.06

dio, statistica, verità e risposte

ma che dire? che dire quando uno è lo sfortunato depositario della sacrosanta verità? l'uomo si nutre di risposte! e legendre è un uomo. giovani delle generazioni future, ascoltatemi! non sappiate niente, ma abbiate una risposta a tutto. dio è nato da questa preferenza! dio e la statistica! dio e la statistica sono risposte che godono di ottima salute.

da Il signor Malaussène, Daniel Pennac

19.1.06

pasticciato zibaldone

Questione di catene:


il buon allerta m'ha invitato a partecipare ad un giochino, ma questo giorni fa, ed io praticamente ignoravo, fino a quando per un technocrati-rimando, me ne sono accorto. ora io non avrei voluto raccogliere il guanto, ché non ho fregole da blogstar, voglio ribadirlo, però poi effettivamente mi son messo ad elencare e dunque tanto vale... magari poi non invito nessuno, così mi metto in pari colla coscienza!


il regolamento é: scrivi cinque strane tue abitudini (diciamo manie, diciamo che m'autogestisco!) e postale assieme al regolamento; invita altri cinque a fare lo stesso e linkali (come detto, questa regola è abolita).


1) fissare la radiosveglia e cercare di resister ad occhi spalancati, fino allo scoccare del nuovo minuto, potrebbero essere sessanta secondi d'inferno od uno soltanto, non calare la palpebra, dio come brucia l'occhio...


2) accendere il videocitofono che dà sulla strada, nemmeno tanto trafficata, e contare le auto che passano: ora le auto che salgono su, portan bene; le auto che scendono giù, portan sfiga. si badi bene, il videocitofono resta acceso un minutino. una volta persi diciotto a zero. tutti scendevano. l'auto di testa era un carro funebre. p.s. gli scooter non si contano!


3) nelle strade deserte, e preferibilmente non tortuose né scoscese, camminare ad occhi chiusi, però a passi regolari, record imbattuto, venticinque secondi, poi mi tremano le gambe e ritorno alla luce!


4) fissare la sommità di una collina alberata, non eccessivamente distante, e provare a distinguere l'impercettibile movimento, al vento, è chiaro, delle fronde dell'albero più alto, che poi è una questione di colori, fa molto impressionista oltreché impressione!


5) la mia preferita: fischiettare di rimando il motivo che sento fischiettare quando vago tra la gente, ma il fatto è che in giro non c'è più quella leggerezza per fischiettare, che mondo infame, e dunque, debbo accontentarmi di rispondere ai fischi, mi si creda, non è la stessa cosa, sa fischiare pure un motore!


Questione di link:


oh Lidia, pure il vocativo, sia chiaro, non ti ho linkata, perché mi hai linkato, è che è venuta meno sury, il suo blog s'è perso nel vuoto, e per quanto detto non molto tempo fa, mi tocca prender misure, eppoi nemmeno gupigupi leggo più, dunque linko pure pulsatilla, niente male, ed il gioco sembra fatto, ma non è così, perché sostituisco pure chinaski77, troppa grazia, con elfluxusvomitato, insomma non puoi non esser d'accordo con me quando dico che se fosse stato solo un misero scambio di link, non avrei alzato tutto 'sto polverone... mi credi? ;P


Questione di template:


avrei desiderio di cambiare il template. più e più volte lo disegno preciso in testa. immagino uno sfondo di mattoni, che non son rossi ma arancioni, e poi macchie di vernice bianca su cui scrivere dei post in nero. semplice, no? chi può aiutarmi?

18.1.06

sala d'attesa

sala d’attesa inattesa, aria sospesa, noia rappresa, tv arancione spento, medico coi baffi, medico cogli occhiali, medico che indica il paziente e se lo porta via; segretaria che mi riconosce senza che la conosca o forse sì, mezza parente di quella lì; citofono che trilla, io che mi alzo e vado ad aprire la porta: perché mi sono seduto proprio vicino alla porta? che stupido che sono stato! costretto a sibilare buonasera a chiunque entri, a meno che il nuovo arrivato esordisca senza saluto, cafone afono, allora niente, che regola gretta. due cinquantenni parecchio cigolanti, la figlia ventenne di uno di questi, bionda, carina, intenta a tormentare il telefonino, messaggio che arriva, sono dal medico, ho il mal di gola, colpo di tosse, ci vediamo più tardi. un anziano che assomiglia a leone, l’ex presidente della repubblica, magari ai più sfugge, ma se devo associarlo a qualcuno, sì, mi ricorda proprio leone, foto in bianco e nero sul libro di storia, terzo anno del liceo, non si arrivava mai al dopoguerra, sai i programmi sono lunghi, i programmi van riformati, però oziosamente si sfogliava il libro, durante le interrogazioni, durante le autogestioni, e la faccia di leone ti capitava d’incontrarla.


e poi un paio di signore parecchio informate sulle ultime vicende della cittadina, nemmeno pettegole, solo a conoscenza di fatti che hanno scosso la comunità, era parente colla cugina di quello del bar, a via roma, la velocità, è peccato, è destino, che vuo’ fa’, sospiro cinematografico e via a non pensarci più, è questione di ore e sarà già tempo di aggiornare il repertorio. viavai dalla segretaria, il certificato medico è pronto?, poi scorrono fuori, alcuni li riconosci, anni&anni di non vedersi, invecchiato l’uno, invecchiata l’altra, tu irriconoscibile, resti seduto, immobile a ricomporre alberi genealogici oramai smarriti, un tempo prossimi, chissà cosa fara?, chella là, chella là… sbadigli, gare a fissare oggetti inanimati, batto la bionda che presa dallo sconforto, distoglie lo sguardo. ancora conversazioni tipo: ticket, ministero della sanità, colesterolo, condimenti acqua&sale, diabete, quello che mangiavo una volta non lo mangio più, sono ingrassato di ottanta chili e non me ne sono nemmeno accorto, io sì, risponde l’altra. sfoglio chi&oggi, ferilli&hunziker in quantità, divorziata da questo, esco con quello. leggo solo i titoloni e con rammarico noto di non riconoscere alcune facce, alcuni cognomi. si vede che il gossip mi sfugge. come le ore. i pazienti che mano mano entrano. le luci s'abbassano. sono rimasto solo. l’ultimo paziente esce. è il mio turno. respiro. entro. la porta si chiude. malato sì, ma fino a che punto?

14.1.06

riprendere fiato

era un blog in incognito, privato, personale, singolare, anomalo, senza volto, enne enne, ignorante, inesperto, impreparato, ignaro, coperto, secretato, autoreferenziale, surreale, sincopato, singhiozzante, essenziale, scostante, disomogeneo, distante, distonico, velleitario, minimo, sarcastico, acre, terapeutico, urticante, sterile, scarno, scarso, pudico, stupido, stupito, indecifrabile, misterioso, involuto, volubile, ironico, canzonatorio, autoironico, motteggiante, moraleggiante, libero, liberato, svincolato, emancipato, speranzoso, illuso, fiducioso, fuori, extra, tedioso, ingovernabile, lento, fiacco, indolente, pigro, svogliato, poltrone, sfaticato, accidioso, sbadigliante, modesto, molesto, imprevedibile, imprevisto, incoerente, sconclusionato, illogico, assurdo, contraddittorio, destabilizzante… ora, per un po’, dormiente!
p.s. intanto, ho cambiato il sottotitolo.

12.1.06

Sig. .......ONI

cogitabondo battevo le strade polverose della metropolicapitalediprovincia quando mi giunge alle orecchie una voce metallica, megafonante, familiare, dal pesante accento della bassa irpinia... "cittadini&cittadine, questa sera, in piazza umberto I, apertura della campagna elettorale di forza italia, interverrà l'onorevole presidente Sig. ......ONI, e sgomento ho realizzato, siamo in campagna elettorale. cazzo, mi è sfuggito il nome. che poi è sulla punta della lingua, per carità, lo si evoca un po' tutti, più volte al giorno, da almeno dodici anni... il sig.diecitelevisioni, no, il sig.hosempretutteleragioni... il sig. george,vladimir&tonysonomieiamiconi... il sig.iprocessicadonoinprescrizione... il sig.deiministridimessisiprendolefunzioni... il sig.riescoaguadagnarcidatuttelesituazioni... il sig.tuttoquellochenonhofattoècolpadeigovernidelleprecedentilegislazioni... il sig. conflittoni... il sig.possiedo,tral'altro,lasquadradicalciocontrocuiilliverpoolhavintolacoppadeicampioni... il sig.quandopassopersofiafacciodelleepurazioni... il sig.neapprofittodeicondoni... il sig. dellegrandiillusioni... il sig. rovinareputazioni... il sig.acceleroeconomicherecessioni... il sig.ringraziocraxiperlegentiliconcessioni... il sig. diapicellascrivoecantolecanzoni... il sig.ilcomunismo, l'antidemocraticità,lemenzognedelleopposizioni... il sig.traragazzidisalòepartigianinonfacciodistinzioni... il sig.incinqueannidigovernohorottoicoglioni... aiutatemi, cristo!

9.1.06

voglia di cominciare

undici incipit... ché voglia di scrivere non ce n'è!


una doccia per la catarsi o calvin klein invece di lavarsi? uno sguardo allo specchio, che occhi pesti, meglio che non resti. capirò la mia faccia prima che sia l'ultima ora, promesso!, a partire da adesso.


succhi gastrici, a mezzogiorno, mi scuotono dall'intontimento. se lavorassi come il mio apparato digerente sarei già dirigente. mi ripeto, non ho fame, non ho fame, non ho fame, perché è una fatica farsi da mangiare, e me ne convinco, ché la fame passa, ma appena ci penso, sono bell'e distratto. ne approfitto per uno spuntino. pantagruelico.


studio per tedio. mi sveglia una radio. (per finire prima possibile). (resisto a letto più tempo possibile).


la spinta immobilizzante mi prende e mi sospende. in eterno a metà, proprio non mi va. ci vuole un decisionismo sordo alle resistenze delle opposizioni interne. pure se tra usuraio e spazzino, occorre decidersi...


quando non si muove una foglia la paura m'attanaglia, allora intono canzoni antiche, per lo più inventate e la mia voce mi rassicura così che possa continuare senza esitare.


certe notti la macchina è calda e dove ti porta lo decide lei, certe notti la macchina è ferma e quando t'appisoli lo decidi tu...


da quando ho l'Ipod, mi sento un ggggiovane più dentro alle cose dei gggiovani che ci stanno dentro. avevo smesso di downloadare (downloadavano gli altri), dopo la parentesi napster/audiogalaxy, nel 2002, reato prescritto?, dovrò ricominciare perché corro il rischio di restar fuori dai ggiovani che ci stanno dentro... sono giovane?



quello che mi rimane. il nocelleto in secca, la magnolia luccicante, il camino in fiamme, un padre in affanno, un paese in panne, un'amica di ritorno, una madre in bende, il sole tramontante, mio fratello in trance, la cagna mugulante, io in gioco, io che gioco... quello che mi rimane


sono molto peggio di quello che sembra e molto meglio di quello che credo. anche se dovrei dire il contrario. o forse dipende dai giorni.


chi ben comincia è a metà dell'opera... infinita!


svogliatezza incorporata che tutt'intorno nullafacenza. non è questione di intellighenzia, di climi o di quattrini. solo disabituati a sgobbare e ad avere intuzioni più o meno felici da poter mangiare quantomeno panini.

5.1.06

deliri da blogstar che non sono perché...

... mai un commentatoreanonimo che m'insulti... prego!

3.1.06

post incidente

coscienza laica non adduce giustificazioni se non gira, se non va. non impreca né implora. non questua né taccheggia. magari traccheggia. e dunque responsabile fino in fondo pure del fango tutt’intorno. perché meglio accollarsi tutti i mali dell’umanità che accollare tutti i mali su di una sola persona… poi chiamalo se vuoi, sistema.

2.1.06

c'è solo la strada

[parlato] maria, ti amo.
maria, ho bisogno di te. poi la stringo e la bacio, infagottato d'amore e di vestiti. e anche lei si muove, felice della sua apparenza e del nostro amore. e la cosa continua bellissima per giorni e giorni. una nave, con una rotta precisa che ci porta dritti verso una casa, una casa con noi due soli. una gran tenerezza e una porta che si chiude.


nelle case non c'è niente di buono
appena una porta si chiude dietro a un uomo
succede qualcosa di strano,
non c'è niente da fare
è fatale, quell'uomo comincia ad ammuffire.
basta una chiave che chiuda la porta d'ingresso
che non sei già più come prima
e ti senti depresso.
la chiave tremenda, appena si gira la chiave
siamo dentro a una stanza:
si mangia, si dorme, si beve.


ne ho conosciute tante di famiglie, la famiglia è più economica e protegge di più. ci si organizza bene, una minestra per tutti, tranquillanti, aspirine per tutti, gli assorbenti, il cotone, i confetti falqui. soltanto quattrocento lire per purgare tutta la famiglia. un affare. si caga, in famiglia. si caga bene, lo si fa tutti insieme.


nelle case non c'è niente di buono
appena una porta si chiude dietro a un uomo
quell'uomo è pesante e passa di moda sul posto
incomincia a marcire, a puzzare molto presto.
nelle case non c'è niente di buono
c'è tutto che puzza di chiuso e di cesso:
si fa il bagno, ci si lava i denti
ma puzziamo lo stesso.
amore ti lascio, ti lascio.


c'è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l'unica salvezza
c'è solo la voglia e il bisogno di uscire
di esporsi nella strada e nella piazza
perché il giudizio universale
non passa per le case
le case dove noi ci nascondiamo
bisogna ritornare nella strada
nella strada per conoscere chi siamo.


c'è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l'unica salvezza
c'è solo la voglia e il bisogno di uscire
di esporsi nella strada, nella piazza
perché il giudizio universale
non passa per le case
e gli angeli non danno appuntamenti
e anche nelle case più spaziose
non c'è spazio per verifiche e confronti.


[parlato] laura, ti amo.
laura, ho bisogno di te.
con te io ritrovo la strada, le piazze, i giovani, gli studenti. li avevo lasciati qualche anno fa con la cravatta. sono molto cambiati, sono molto più belli. le idee, sì, le idee sono cambiate, e i loro discorsi e il modo di vestire. gli esseri meno. gli esseri non sono molto cambiati. vanno ancora nelle aule di scuola a brucare un po' di medicina, fettine di chimica, pezzetti di urbanistica con inserti di ecologia, a ore pressappoco regolari. ed esiste ancora il bar, tra un intervallo e l'altro. e poi l'amore, per fabbricarsi una felicità. come noi ora. una coppia, e ancora tante coppie. unica diversità, un viaggio in india su una due cavalli. due, come noi.


e poi ancora una porta, ancora una casa
ma siamo convinti che sia un'altra cosa
perché abbiamo esperienze diverse
non può finir male
perché abbiamo una chiave moderna
abbiamo una Yale
perché è tutto un rapporto diverso
che è molto più avanti
ma c'è sempre una casa,
con altre aspirine e calmanti
e di nuovo mi trovo a marcire
in un'altra famiglia, la nostra, la mia
abbracciarla guardando la porta
e la mia poesia.
amore, ti lascio, vado via.


c'è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l'unica salvezza
c'è solo la voglia, il bisogno di uscire
di esporsi nella strada, nella piazza
perché il giudizio universale
non passa per le case
in casa non si sentono le trombe
in casa ti allontani dalla vita
dalla lotta, dal dolore, dalle bombe.


[parlato] lidia, ti amo.
lidia, ho bisogno di te...
ma, per favore, in un hotel meublé.


perché il giudizio universale
non passa per le case
le case dove noi ci nascondiamo
bisogna ritornare nella strada
nella strada per conoscere chi siamo.
c'è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l'unica salvezza


c'è solo la voglia, il bisogno di uscire
di esporsi nella strada, nella piazza.
perché il giudizio universale
non passa per le case
in casa non si sentono le trombe
in casa ti allontani dalla vita
dalla lotta, dal dolore, dalle bombe....


perché il giudizio universale
non passa per le case
in casa non si sentono le trombe
in casa ti allontani dalla vita
dalla lotta, dal dolore, dalle bombe.


Gaber - Luporini

1.1.06

non commentabile

inizia un nuovo, scoppiettante, anno
(ma pure) un mese sfidante
una settimana importante
un giorno sbadigliante
un’ora tutta nuova
un minuto irrepetibile
un istante, ecco, un istante che se ne va
(quindi cosa cazzo festeggiamo? che sia sempre festa!)


l’impellenza di scrivere. buttar giù parole che frullano e infastidiscono, sai il rumore del frullatore... mentre tutto intorno piove&vento. e aggrapparsi a quello che non c’è. duemilasei. i numeri sono importanti. le lancette non smettono di scorrere e io odio il ticchettio. però volentieri ci facciamo trascinare. verso nuovi panorami. nuove idee. speranze di ogni uomo cuore-munito. mica è difficile scorgerne di senza. mai come nell’anno che è andato, c’è stato un turnover così vasto di conoscenze. chi è andato via, chi è venuto, chi ha solo fatto capolino (sull’uscio di casa), non c’ha capito granché e se l’è data a gambe. detesto una certa immagine che ho di me. su quella che hanno gli altri, non saprei dire. forse sta tutta qui l’incapacità, non dico di voltare pagina, ma di stare fermo, il tempo giusto, su di una, una soltanto.