31.3.11

la fine della blogosfera italiana

nel tempo presente, lo sbigottimento che viviamo
è l’unica traccia di razionalità ravvisabile
in persone che hanno vissuto nel giro di sole due generazioni
il passaggio dalla premodernità alla postmodernità

27.3.11

lo sprawl a roma

belvedere del gianicolo
casalinga ammira la città che si distende a vista d'occhio
e sopraffatta da quanto vede, esclama
"troppo hanno fatto!"

26.3.11

i bui recessi della centrale idroelettrica

salvaguardiamo beni comuni come l’idea di camminare senza meta
senza ideali da urlare, in questa città che ci muore,
noi con ciuffi di campagna che ci spuntano dalle orecchie
che però abbiamo dimenticato il nome degli alberi, delle piante
e siamo costretti dal lavoro a raderci via il dispiacere ogni giorno
e prendiamo il vento in faccia della metro che arriva
ascolto i tuoi pianti lontani in una stanza stinta come la mia
le mie lacrime le raccolgo nel bicchiere poggiato sul lavello
il nero dei nostri affitti sarà reinvestito nei colori dei gelati all’angolo
incerti tra una impegnativa solitudine ed una precaria compagnia
chiusi come ricci, con le valigie già pronte per scappare in un’america come questa
oppure per un veloce autoscatto nella steppa mongola, e non importa se sarà tundra
c’è tanta paura nel gesto dei tuoi polpastrelli che estraggono notizie dallo smartphone
l’aria di rivoluzione non nobiliterà il nostro immobilismo,
siamo suggestionabili sia sull’amore che sulla guerra
nell'inesausta attesa di un risolutore che ci sollevi dalla fatica della libertà
così ti invocheremo per farti tornare dall’estero
ma appena sbarcato ti feriremo a morte con la nostra naturale dose di freddezza

23.3.11

aria di rivoluzione

effettivamente
amerei di più
oggetti di cristallo
che palloni gonfi d’invidia
guadagnerei di meno
e mi direbbero
comunque: “sprecato!”
perché tale è il destino
di chi sogna rivoluzione

22.3.11

gheddafi: il figlio di preziosi

questo nostro mare assomiglia, già da tempo, ad una frontiera marittima
che si estende dal levante al ponente separando l'europa dall'africa e dall'asia minore.
l'identità dell' essere vi rimane tesa e sensibile,
invece l'identità del fare riesce con difficoltà a compiersi e soddisfarsi.
pedrag matvejevic, da la repubblica del 21 marzo 2011



e non abbiamo più i titoli per disputare di politica mediterranea o quant’altro
perché ci siamo rinchiusi in casa a seguire il serpentone delle news
una processione nella quale in testa c’è l’oro del santo, il petrolio,
in coda, alla rinfusa, scristianizzati che discutono di una velina, del pallone,
però l’unico effetto che risalta, stordisce, è la nenia delle preghiere delle anziane con il cero
esecutrici di un rituale di cui sono carnefici e vittime

20.3.11

un poeta di nome manolo calzati

intraprendeva letture
che non lo convincevano
e tra sé e sé diceva
un giorno scriverò
io solo come nessuno mai
dell'amore perduto
tra i binari della stazione
ed uno spicchio di luna

16.3.11

italia 150

tricolori
afflosciati
lacrimano

15.3.11

decalogo, a uso personale, di sentimenti morali

arrestare il flusso nefasto di info e immagini
l’infotainment di sé per se stessi
imporsi due o tre regole morali
l’amore per il prossimo
accogliere le idee altrui
lavorare per frutti che germoglieranno dopodomani
non aver mai paura di se stessi
dopodiché come dimenticarsene

13.3.11

cantonata scanzonata

non vivo in me
forse a gesù non crederei
se fosse qua
razzi arpia inferno e fiamme - verdena

poiché non sopporto di rimanere in casa ad ammuffire, anche se il tempo è brutto, nei lunghi pomeriggi domenicali liberati dal lavoro, esco in strada e mi metto in cammino. camminare aiuta a pensare. così mi rendo conto che una delle nostre sventure è quella di essere un popolo orgogliosamente casalingo, poltrone – il cui massimo appagamento è di riposare dopo il pranzo domenicale sullo stesso divano in cui s’assopiva il nonno - bloccato dai più comuni fenomeni atmosferici, acqua e vento, come fossero spade infuocate che cadono dal cielo. esco fuori di casa ma non posso fuggire l’urbe disseminata e dispersa, o almeno il quadrante che di essa frequento, oramai battuto palmo a palmo, forse alla ricerca di moderne capanne di gesù bambino, di una rivelazione che può nascondersi soltanto nella periferia più degradata ma ancora, in via del tutto ipotetica, palpitante di vita. la verità è che se è vero che la scrittura buona sgorga pura da un stato di malessere prolungato, luogo comune ripreso ultimamente da rapper-cantautori che da adolescente marcavo duro a calcetto non per tattica ma per la loro insopportabile burbanza, dovrebbe essere vicino il tempo del mio capolavoro. ma un capolavoro viene fuori dopo ripetuti esercizi - mentre io frustro il mio presunto talento – e poi un capolavoro, a rigor d’etimologia, è un manufatto frutto di una serie di regole tecniche ed estetiche che ignoro, condivise da un gruppo di artigiani di cui non mi sento parte. ad ogni modo, è un fatto che mentre il tempo passa inesorabile, e fratelli e cugini e madri e figli riscoprono la scrittura come un modo per infliggere il proprio segno nell’umana tenzone - che ora pare sia sinonimo di twitter -, guadagno la consapevolezza che in passato ho scritto qualcosa che vale, degno forse di pubblicazione nei tipi delle edizioni ripostes, probabilmente dopo accurato e notturno lavoro di editing. tutto ciò è un pensiero stupido e vanaglorioso, lo so, ma sarà che, all’angolo con casale dei quintiliani, la madonnina di ceramica mi sorride mentre una busta di plastica sventola gonfia ed indifferente su un ramo.

6.3.11

amor vacui

che credibilità può mai avere una generazione la cui educazione sentimentale
è compendiata nella canzone "gli avvoltoi" degli 883?

1.3.11

poesiola delle sette ed un quarto

ci vuole metodo per ingabbiare il talento
che altrimenti muore lentamente
e non lo diceva solamente neruda
passare la cornetta del telefono ad un sordo
è un modo per declinare la responsabilità
di una risposta che non si conosce dove stia
della verità s’intravede solo la scia
acceca, illude, svia
perché è creata dall’immaginazione
ma si raccoglie soltanto in strada