12.12.09

cinque anni di inadeepsleep

sveglia è da molto che non scrivo seriamente, e pure se forse non ho mai cominciato, ricordo un tempo in cui ero decisamente entusiasta del mio passatempo. per l’occasione, cinque anni di questo blog, tornato, con discrezione, all’anonimato dei suoi esordi, sento la necessità di chiarire qualcosa riguardo a quanto vi ho via via raccolto: rapidi calembour, ritratti distratti, sfoghi amari, bestemmie al vento, pretenziosa bellettristica. nel frattempo, i blog si sono affermati, i loro contenuti, almeno in italia, piantati. le reti informatiche segnano le nostre vite, sconvolgono il nostro paesaggio psichico. in un sonno profondo continuiamo a vagare ma sogniamo ripetutamente di aprire gli occhi e di ritrovare un mondo migliore.

rispetto il problema centrale della modernità occidentale è che l’uomo non rispetta il prossimo per quello che di esso non comprende. ognuno si è rinchiuso in in un bozzolo parecchio spesso di egomania. nella vita pubblica prorompe rovinosamente il privato: un continuo, talvolta scabroso, mostrare se stessi; inguardabili narcisisti, forgiati nel culto della personalità, dei modelli rilanciati dal cinema, dalla pubblicità. un miscuglio perverso tra innovazione tecnologica e trasformazione antropologica. erodiamo lo spazio pubblico mentre aumenta il sospetto per gli attori superstiti, quelli che cambiano registro per il gusto di farlo, coloro che improvvisano per sottrarre terreno all’artificio. e proviamo paura dei diversi, quelli che si ostinano a rimanere poveri, stranieri, derelitti, sgradevoli, alienati. affetti da una grave forma di conformismo, anticamera del razzismo, che è, nel paese reale, il riflesso più fedele della crisi politica che stiamo attraversando.

berlusconi precisamente un lustro fa: silvio berlusconi e i suoi scherani tentano l’approvazione della riforma dell’ordinamento giudiziario, al secolo legge castelli: avrebbe modificato le regole di composizione del csm, separato le carriere dei magistrati inquirenti da quelle dei giudicanti. dopo poche ore, il tribunale di milano nel processo sme prescrive l’accusa di corruzione in atti giudiziari formulata contro il presidente del consiglio dei ministri, concedendogli le attenuanti generiche. a palermo, il suo sodale, onorevole marcello dell’utri, accusato del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, osserva sgomento la giuria del tribunale di primo grado entrare in camera di consiglio: sarà giudicato colpevole e condannato a nove anni di carcere, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e a due anni di libertà vigilata. dopo cinque anni, non s’è mossa foglia, solo il clima s’è aggravato. siamo ostaggi politici della parte deteriore del paese e la nostra opposizione è nelle facce che portiamo.


talento in italia, si sa, si fa spreco quotidiano del talento: drappelli di giovani con l’occhio vispo s’incolonnano ai check in degli aeroporti nazionali pur di salire sul primo volo low cost che salpi le alpi. ché l’estero offre le vere occasioni, le favolose opportunità, i rapporti civili, le strade pulite, i divertimenti, le donne (non) illibate. è che in patria, oramai è assodato, gli uomini puri di cuore, e non solo quelli, raramente raggiungono la felicità senza scendere a compromesso. si sprecano dunque inviti alla resa, dunque a partire, rilanciati da élites decrepite che però non gettano il guanto, fioccano lettere ai giornali di ricercatori oltreoceano che dopo aver lesinato per anni finanziamenti per il loro progetti hanno abbandonato sdegnati il belpaese e non lo rimpiangono. ovunque s’ingrossa il risentimento contro la mala gestione, la piccineria intellettuale, la scarsa lungimiranza del palazzo che ignora dove va il mondo, che pensa a se stesso, alla lunghezza del processo, allo stato di crisi della seconda repubblica, ai ricatti incrociati, allo sputtanamento generale, al mercimonio sessuale. per motivi speculari, ovunque si continua a pensare esclusivamente a se stessi.


roma quindici anni fa era una giostra all’eur assieme ad uno dei figli della terra dell’osso che non aveva speranze di invertire la tradizione di famiglia. allo scoppiare della guerra al terrorismo alqaedista, la mia famiglia quella tradizione credeva di invertirla definitivamente e mi mandò qui a studiare. al capezzale di mio nonno, che moriva lentissimamente, raccolsi una benedizione che è l’unico legame con i lari familiari. trovatomi in un ambiente non mio, nell’ardore, nel colore, nelle idee, nell’educazione ero poco più che adolescente in mezzo a tante cose da imparare. credevo si dovesse abolire la primina, evitare di perdere l’accento, i capelli, le residue convinzioni. non ero pronto a usare rispetto e devo essere stato un ignobile essere che sprigionava un insopportabile alone di diffidenza. non so se ho sprecato gli anni migliori ma quella roma era, per motivi diversi, infetta quanto me e non avrei potuto scendervi a patti.


napoliavellino l’età globale si caratterizza per la feroce competizione tra megacittà per attrarre le migliori risorse finanziarie e umane. come decenni fa, comprese la grande urbanista canadese jane jacobs è la diversità delle strutture economiche e sociali a rappresentare il motore della crescita e dell’innovazione. nessuno stratagemma consentirà ad avellino di separare il proprio destino da quello della regione che la ospita e del magnete urbano in cui gravita. gravato da un inarrestabile processo di deindustrializzazione, sfiancato dalla prepotenza della criminalità organizzata, segnata dall’inaffidabilità della classe politica, con un ciclo economico dominato dalla speculazione edilizia, dal saccheggio del territorio. raccogliere la sfida significa costruire una visione di un percorso possibile di rigenerazione, di sviluppo, da perseguire insieme. anche con quelli che ascoltano gigi d’alessio.


un tipico discorso di un dirigente locale del partito democratico il profondo rinnovamento dello scenario politico nazionale innescato dalla rivoluzione veltroniana ci sprona a raggiungere una sincera vocazione unitaria, la cui urgenza diviene pressante per il mandato raccolto dal popolo delle primarie. tuttavia, siamo consci di dover superare una serie di tensioni interne nate dai dissensi espressi dai soliti soloni della politica, in ordine alla rappresentanza in consiglio dei franceschiniani, probabilmente fuorviati da pratiche di potere sorpassate, per non dire demitiane, contro le quali noi ci siamo sempre aspramente battuti. noi non sbatteremo la porta a nessuno. emerge la volontà di esprimere un consenso su una figura al di sopra delle parti. non la imporremo con la forza per evitare gli errori e gli orrori della vecchia dirigenza. crediamo nella possibilità di un dialogo per ritrovare le ragioni dello stare insieme. sempreché riusciamo ad essere adeguatamente rappresentati nei direttivi, nelle assemblee, nelle commissioni, nelle sottocommissioni, negli organi, nei comitati, nei consorzi, nei ciddià, negli ato, nelle associazioni, nei conservatori, nei teatri, nei musei, negli stadi, nei cimiteri…


stretto di barba il fiume sabato corre gonfio d’acqua e stracci bianchi penzolano dai rami spogli, lasciandosi indietro la provincia di avellino, ruderi di acquedotti romani, strade ferrate deserte. uno strapiombo sulla sinistra nasconde alcuni paesi morenti: petruro, chianche, torrioni. sulla fauce di fronte domina ceppaloni e la scura colorazione della vegetazione che tinge le rocce agghiaccerebbe gli spiriti più indomiti. è un luogo magico e tragico insieme: sfondo dei sabba delle janare medievali, prim’ancora della massima umiliazione subita dall’esercito di roma. eppure non c’è mitologia che impreziosisca la desolazione di questa sera. il cartello arrugginisce e automobili guidate da fantasmi zigzagano tra le ombre e i cani randagi. pochi chilometri avanti archeologia industriale e bolla vinicola: lo strazio del sottosviluppo che strangola le ultime tracce di comunità. sento che in questi luoghi restano intrappolate le radici della nostra vigliacca abdicazione al futuro.

4.12.09

cosa è circo mediatico e cosa no(stra)

immediatamente prima, durante e subito dopo la deposizione del pentito spatuzza al processo di appello contro dell'utri, per concorso esterno in associazione mafiosa, hanno dichiarato (alle agenzie) dell'utri stesso ("io non conosco nessuno"), berlusconi ("è folle quello di cui mi accusano"), bonaiuti ("la mafia attacca il governo perché il governo è contro la mafia"), gasparri ("spatuzza refuso della parola spazzatura"), castelli ("su spatuzza la magistratura si gioca la credibilità"), stefania craxi ("vicenda diabolica"), boniver ("fantasia malata"), prestigiacomo ("ritengono attendibile un pluriassassino"), soprattutto capezzone ("sono indignato che una bestia che ha sciolto un bambino nell'acido improvvisamente ha una crisi di coscienza e dopo quindici anni sostiene che nel gennaio '94 ha sentito alcuni mafiosi dire che chi ha canale 5, aveva in mano il paese quando berlusconi doveva ancora scendere in politica. e su ciò è stata montata un'inchiesta e un circo mediatico che sputtana il paese")