31.10.08

pericolo di pencolo

voglio un coltello che dipani il gomitolo nel petto
dove si sistema l’ansia, si raggruma il peso di tanti ieri
voglio occhi leggeri e vestiti normali
librarmi sulla città, metterci le mani
un posto di lavoro si giudica da quello che si osserva dalla finestra
poi, la vita e/è tutto il resto
l’amore che ci metti
questione di progetti
non sempre i passi sono proprietà privata
ad esempio quando si pencola per altrui pene
ma poi abbarbicati a questa pietralata, nulla si smuove
tranne sacchetti dell’immondizia che vorticano sul balcone
un pezzo di paese si rivolta
i restanti nove marciscono nello stesso brodo
diseducazione civile
fino a quando soprassedere?
quanto vale colpevolizzarsi?

28.10.08

il tramonto dell'occidente

ultimamente il sole tramonta prima ad occidente mentre crisi finanziarie globali investono realmente il portafoglio dei miei genitori, con un palinsesto di malattie, con un cagnolino che muore. alle lenti giganti non può più sfuggire la realtà, per quanto sono estese, dunque tocca socchiudere gli occhi più spesso, o scolare i fondi di bottiglia? un ragioniere, un tempo, non puntava sul talento, s’accontentava delle partite della nazionale, delle tribune elettorali, delle risse alle assemblee di condominio. ora, probabilmente la “dotazione umana” non è cambiata, solo che tutti hanno fretta di diventare qualcuno, e per di più farlo sapere in giro. facebook è diventato il nuovo gioco nazionale, nascondersi è fuori moda. saremo per sempre impigliati dalla rete? eppure, in giro, ci sono ancora giovani anziani che tutt’ad un tratto si sono rinchiusi in casa, parassiti della Madre, mai s’è capito se loro schifavano il mondo o viceversa, credo ne parli pure saviano nella sua, per altre ragioni, citatissima inchiesta. forse ha ragione l’anima cristiana la quale ha ricordato che nel corso di un’intera vita, non si può amare più di un esiguo numero di persone. dopodiché, aggiungo umilment'io, le reti smisurate sono soltanto marketing, per forza di cose, e diversamente dall’altro, slegato dal territorio: in definitiva, una speculazione.

27.10.08

23.10.08

milizia crumiri

sfrigolano le tempie sotto luci al neon oltremodo invadenti. le ore vuote di adesso, trascorse in cattività, rispetto alle passate perdono in immaginazione, campi verdi e orizzonti prossimi. quindici anni fa internet non esisteva, gracchia la segretaria inglese alla giovane apprendista. le piace madonna, è stata pure al concerto. esco. sulla strada del ritorno, incontro sempre una coppia ultrasettantenne. lui indossa un curioso giubbotto catarifrangente arancione. s’appoggia con una mano al bastone e con l’altra al braccio della moglie che osserva ogni suo passo, amorevole. di solito arrivano fino all’incrocio con monti tiburtini e poi tornano dietro. un giorno li vidi seduti a scrutare ciò che passava: un flusso insensato di automobili che scorre per l’altrove. un grappolo d’uva dalla tigre del deserto, cooperativa di maghrebini iperattivi, riaccorda con le stagioni. il decreto gelmini spinge i giovani all’amore. svolto per il mio vicinato. è buio pesto. sgorga sull’asciutto un fiotto d’immaginazione.

22.10.08

vaiasso

21.10.08

blasfemia

il mio stipendio resta fisso
come un chiodo in fronte a gesù cristo

19.10.08

sahara

la letteratura esordiente indiana è di gran fattura perché narra le tumultuose trasformazioni in atto in quel paese. dunque si paga un ulteriore scotto del fatto che qui nulla accade e, nonostante quanto si dica, arduo è ritrarre il fisso. per raggiungere il bar sahara ci sono tre scalini da superare; danno su una pavimentazione orrenda, anni ’70 sulla quale si potrebbe pattinare. i vecchi malaticci e abietti del quartiere magari proprio allora qui si trasferirono. ora, furtivi, scendono in fila da una scorciatoia che costeggia il piccolo parco. discorrono della puntata al superenalotto. uno di essi intona un’aria con la sua voce malandata da baritono. ciò che si vede intorno è in gran parte merito loro. non avendo la forza di reagire, nessuno ha il diritto di fargliene una colpa. un'altra vecchia tromba, dalle pagine del giornale, esorta i risparmiatori ad approfittare della caduta dei corsi azionari e detta la sua regola aurea: “sii cauto quando gli altri sono avidi. sii avido quando gli altri sono cauti.” la applico subito alla feltrinelli, le librerie sono l’unico mercato in cui mi muovo con agio. spendo i miei 86 € in saggi ponderosi che difficilmente avrò tempo di chiudere. poi m’arrovello al brulicare delle migliaia di corpi sul corso del consumo. quanta violenza infliggiamo al prossimo quando si decide di agire? da piccolo ero buddista. poi, non so perché, m’affascinò una certa idea di rivoluzione.

16.10.08

quello che avrei capito della paesologia

la paesologia è una forma di attenzione.
è uno sguardo lento, dilatato, verso queste creature
che per secoli sono rimaste identiche a se stesse
e ora sono in fuga dalla loro forma

la paesologia ha due fili:
uno di pietas e l’altro di necrofilia


franco arminio, da vento forte tra lacedonia e candela.
esercizi di paesologia



gli esercizi di paesologia, un vagabondaggio irrequieto, senza posa attraverso i nostri paesi arresi, chiusi nell’abitacolo della propria auto o trascinando passi pesanti in centri (dis)abitati è lo schiudersi al prossimo di un certo tipo antropologico sopravvissuto a secoli di chiusure e sottosviluppo. la comunità provvisoria, una forma di paesologia di gruppo, dunque in astratto non praticabile, tende a dissolvere lo spesso strato di desolazione da cui l’esercizio di paesologia nasce. grazie ad arminio, dunque, non si guarderà più questi paesi allo stesso modo. e chissà se ciò dipenderà dalla sua poesia civile o dalla sua azione comunitaria/politica. i presupposti della prima negherebbero gli effetti dell’altra. è una benedetta incoerenza per il futuro della nostra terra.

un tufo al cuore

con questa operazione 
eviteremo di creare inutili doppioni di opere pubbliche,
come nel caso dei mattatoi di avellino e atripalda, 
entrambi non utilizzati
luigi tuccia, "delegato" per il comune di atripalda  



con un protocollo di intesa siglato ieri l’altro, la provincia di avellino, il comune capoluogo e quattro dei comuni limitrofi (atripalda, monteforte, mercogliano ed aiello del sabato) si mettono in gioco per firmare un piano strategico per l’area urbana. un documento, s’auspicherebbe partecipato, che individui un percorso di amministrazione il quale mobilitando risorse materiali e umane, pubbliche e private, porti alla città sviluppo. e lo sviluppo, occorre ribadirlo, ha un’accezione oltreché economicista, principalmente sociale: dai servizi pubblici efficienti, all’occupazione, dalla lotta all’esclusione sociale, ai livelli d’istruzione e così via. in maniera strategica il direttore dei lavori, l’assessore donato pennetta ha rimarcato i mali che, dal suo punto di vista, attualmente affliggono l’area urbana così come disegnata e per la cura dei quali si rende necessaria un’azione sovracomunale ovvero pubblico/privata (?): la riqualificazione dei bacini del sabato e del fenestrelle e il rilancio dell’insediamento industriale di pianodardine. in generale, non sarebbe difficile elencare una serie di ritardi dell’amministrazione pubblica locale e degli altri attori sociali che impattano negativamente sul grado di competitività del territorio, che risente dopotutto dello stato di profonda crisi in cui versa l’intera area metropolitana di napoli. ragionare su temi così delicati appare in ogni caso macchinoso dal momento che gli unici soggetti coinvolti ad oggi sono gli amministratori già in carica. non si capisce quindi perché serva un piano strategico, ovvero uno strumento di amministrazione straordinario se poi non si innova la governance e restano protagonisti i consigli comunali (o peggio le giunte), senza che si individui alcun organismo/comitato/associazione (anche permanente, sicuramente aperto) di coordinamento e controllo del progetto. dunque noi tutti, di fatto, non parteciperemo al processo in cui si valuterà il merito delle proposte/azioni/visioni, nonostante i pur dieci/cento convegni in agenda. manca la trasparenza e non basterà per recuperare, stampare in centomila copie (tanti sono gli abitanti dell’area vasta) il documento finale. la cui ideazione, tra l’altro, secondo il sindaco galasso, ha tempi piuttosto brevi se è vero che “entro la fine del mandato consegneremo il nostro disegno complessivo per far diventare l’area urbana punto di riferimento per l’intera provincia”. et voilà!

* fonte, il mattino


per farsi qualche idea:

15.10.08

tagliar la corda

metà di ottobre e il sole è ancora alto
un tempo, quando sapevo scrivere non mi attaccavo al clima
saper scrivere è sfrondare i pensieri in cerca delle parole
tutti possiedono dei pensieri 
pochi investono sulle parole 
ancor di meno ne ottengono profitto
le scuole di scrittura suggeriscono di tener conto del pubblico
il mio pubblico era composto delle mie cento personalità in eterna contraddizione
un continuo parlarsi l’un sull’altra
tanto ricca era la discussione nella testa, tanto povera la mia comunicazione
poi sopraggiunse l’urgenza di distillare il mio profilo pubblico
sono ancora in azione
il risultato è che qualcuno dei miei io s’è defilato
tenue è diventata la sua voce
come un angolo della mia coscienza in cui ricordo di aver avuto una corda
ma ora quella corda non suona più
sarà allora tempo di tagliarla

13.10.08

geografia economica

il nuovo nobel per l'economia è paul krugman, professore di economia e relazioni internazionali all'università di princeton. è un neo keynesiano, laddove la qualifica-omnibus assuma un qualche tipo di significato. poco più che cinquantenne, avrebbe meritato il premio già una quindicina d'anni fa. non a caso, da tempo si diletta come editorialista sul new yorker.

in italia, commenta entusiasta giorgio ruffolo, classe 1926, è un neo-keynesiano che ebbe il suo momento di gloria, a cavallo tra i '50 e i '60, come capo ufficio studi dell'ENI di Enrico Mattei come e responsabile della programmazione economica del ministero La Malfa, prima esperienza al governo del centrosinistra, poi disastrosamente fallita. da tempo è un apprezzato saggista ed editorialista di repubblica.

10.10.08

stanchi morti

la situazione di estremo disagio psicofinanziario che stiamo attraversando si manifesta in tutta la sua evidenza quando leggi, da repubblica.it, che milano risale al quattro per cento, che è un meno quattro per cento, risultato parziale disastroso solo un mese fa. eppure noi non si ha nessun titolo in ballo in borsa. nemmeno il trattamento di fine rapporto si è scelto di destinarlo ai flessibili fondi pensioni e deperisce in azienda così come prevedeva la vecchia disciplina legislativa. ci accusano di essere, a pranzo e a cena, bloccati nel nostro bozzolo, mobili solo nella spola avellino-roma, provinciali irrecuperabili, mentre la ryan air generation in un solo week end riesce a raggiungere Parigi, Stoccarda, Londra, Calcutta, Padova, Orio al Serio e poi subito tornare dietro. L’euforia irrazionale non contagia. D’altra specie sono i sintomi.

p.s. i broker che si disperano in borsa, mani nei capelli, se ne fottono dei risultati negativi, sono solo stanchi morti dei turni massacranti.   

8.10.08

il primo giorno del creato


foto di diane arbus

dopodiché sopraggiunse la gelata delle borse e ci ritrovammo a corto di parole perché mai avevamo assistito ad una cosa simile mentre la gente attorno proseguiva a discutere di fantacalcio o al massimo, obbligata, si preoccupava del proprio libretto di risparmio. e noi che avevamo studiato keynes&milton friedman, malaccio per carità, a spizzichi e Bocconi come tutto, verificavamo allibiti che niente potevano lo scavar buche a conto del governo e le iniezioni di liquidità delle banche centrali. per difenderci emotivamente, orfani per un paio di giorni pure dei bus air, ci legavamo ossessivamente agli strumenti di networking sociali, in cui imbastivamo contatti improbabili, seguito di reti dalle maglie impalpabili. dio salverà l’america, i suoi figli. capitalismo meno saccheggio ché alternative non si presentano. m’aggrappo ad una biografia di enrico mattei e un’agenda colore rosso. l’intercity delle sei e ventotto lascia una manciata di minuti per un bacio dolcissimo. rimaniamo sempre noi, gentili, disutili e stronzi, nel paese, in sofferenza, in cui tutto sembra normale. come il primo giorno del creato.

6.10.08

the casualties


da qui


Alla fine del Sermone della Montagna il Signore ci parla delle due possibilità di costruire la casa della propria vita: sulla sabbia e sulla roccia. Sulla sabbia costruisce chi costruisce solo sulle cose visibili e tangibili, sul successo, sulla carriera, sui soldi. Apparentemente queste sono le vere realtà. Ma tutto questo un giorno passerà. Lo vediamo adesso nel crollo delle grandi banche: questi soldi scompaiono, sono niente. E così tutte queste cose, che sembrano la vera realtà sulla quale contare, sono realtà di secondo ordine. Chi costruisce la sua vita su queste realtà, sulla materia, sul successo, su tutto quello che appare, costruisce sulla sabbia. Solo la Parola di Dio è fondamento di tutta la realtà, è stabile come il cielo e più che il cielo, è la realtà. Quindi dobbiamo cambiare il nostro concetto di realismo...

Papa Benedetto XVI, da qui