10.4.07

il CA(pa)LDO alla testa

Gerry capaldo sfida il primo caldo primaverile e, di pomeriggio presto, bazzica in una piazza deserta, ancora rattoppata dai lavori di restyling che, secondo la vulgata più informata, non potranno terminare se non il giorno esatto delle elezioni, ultimo ammonimento per i votanti ancora incerti a confermare la propria fiducia alla vecchia amministrazione. Sempre che l’esito dei lavori sia, per loro, soddisfacente. Come, a dir il vero, ai più non sembra. Pali altissimi sorreggono riflettori da stadio, fortissimamente inestetici; rotatorie dubbie; pavimentazione pronta e grigia; palazzone che copre la collinetta di san pasquale che nessun premio pritzker riuscirebbe ad alleggerire. Le campane della dogana rintoccano le tre ed un quarto. Gerry capaldo, sindaco immarcescibile di svariate amministrazioni, e capo indiscusso di altrettante maggioranze, tiene in pugno una biro con cui nervosamente traccia scarabocchi su un pezzo di carta volante. Parlotta con un giovane inamidato, impettito, indubitabilmente in forze, che annuisce ai, senz’altro, fini ragionamenti del politico di carriera. Mancano poche ore alla presentazione delle liste elettorali per le consultazioni che si avranno di qui ad un mese. Gerry capaldo, vecchio esponente della balena bianca, ora margheritino, domani, chissà?, se del pd, è visibilmente agitato. Deve diradare i suoi ultimi dubbi sulle capacità, le referenze, il passatofuturoepresente degli uomini (e donne) che in questa tornata vogliono accompagnarlo, come sempre, alla vittoria, all’eterna riconquista del potere nella piccola cittadina e scegliere la sua squadra. Ogni cinque anni, si appalesano decine e decine di uomini nuovi, ambiziosi, convinti di contare, di poter dire la loro, di possedere un cospicuo numero di voti, di parenticugini&fratelli, che ammiccano, che rimandano, che vicendevolmente si raccomandano. Diventa sempre più faticoso star dietro a tutte le loro storie, agli incastri, ai loro astrusi ragionamenti. Gerry Capaldo appare stanco. Di domenica, la piazza è piena zeppa di questi ed altri personaggi, che formano cellule, sodalizi, alleanze, che, magari, per anni si sfaldano, poi, però, magicamente, si ricompongono, facendo nascere dicerie di cui si alimenta l’anima profonda del paese. Da un po’ di tempo, combinazioni familiari più che ideali, ad esempio, consentono a Capaldo un’alleanza stabile con i diessini. Ma ciò ha creato forti malumori tra gli esponenti del fiorellino, spaccatosi in due circoli, per la cui ricomposizione è necessaria tutta l’abilità diplomatica dell’ex sindaco, che attualmente ha un solo interesse: una candidatura condivisa tra margherita e ds che batta, senza tafazzismi, gli avversari di sempre. Quelli che dicono male della famiglia capaldo, quelli che li paragonano a piccoli berlusconi, che seppure per stranezze geografiche risiedano e producano nel paese vicino, amministrano da sempre la città del Sabato, fino, paradosso dei paradossi, a far militare propri esponenti in entrambe le liste in campo, pur di non lasciare a mani altrui quella massa informe che si chiama potere. Gerry Capaldo, di indole pacifica, non ha mai ribattuto alle critiche che da decenni gli piovono addosso con un’insistenza certamente fastidiosa. Nemmeno per un attimo ha creduto fosse il momento di lasciare spazio ad altri, di fare due passi indietro per svelenire il clima, per far venir meno la pregiudiziale. Si è sentito indispensabile, e caricato di una responsabilità per la cittadina che ha fatto la fortuna sua e della sua famiglia. Ma, in attimi come questi, a colloquio stretto e pure senz’esito con una mente vacua come quella che gli è accanto, sente improvvisamente il peso degli anni, e nello scempio urbano, ancora da ultimare, la modestia del lavoro delle sue amministrazioni. E così, ora che mancano poche ore alle decisioni decisive, e il telefono trilla con una continuità esasperante, ora che i bari si vanno a scoprire e i pavidi si tirano indietro, solo ora comprende che il futuro della sua città gli è intimamente indifferente e mentre il suo discorso si fa inconcludente, la mano sul foglio tremolante, prende la sua decisione irrevocabile, di lasciare per sempre la politica, di ritirarsi perché si sbranino da soli, per manifesta incapacità, in un ultimo, sorprendente, empito di orgoglio*.

* OGNI RIFERIMENTO A PERSONE O COSE è PURAMENTE CASUALE

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