23.4.07

lo zoo della speranza

Costretto dagli eventi a tapparmi in casa per memorizzare discorsetto, eventualmente declinabile su modalità efficaci di ripartizione del tesoretto fiscale, finisco, gioco forza, attirato dalla sala tivvù, a cui la parabola satellitare convoglia segnali di emittenti internazionali o, basta volerlo, quelle di telemodena, che trasmette la fase finale del campionato regionale di mosca cieca. Rapito dai raggi emessi dalla scatola col tubo catodico, circumnavigo felice, o solo obnubilato, intorno a sondaggi francesi, scudetti nerazzurri, rotocalchi biagiani. In questi anni molte cose sono accadute. Per fortuna qualcuna è anche finita: esatto enzo, l’università. Intanto il sorriso di ségolène mi manda, letteralmente, in sollucchero. Quanta partecipazione! Poi, approvo col capo i discorsi di saviano, invidio il suo forzato citazionismo. Mi chiedo quando le telecamere della domenica sportiva fasceranno di luce mediatica le fontane postmoderne di piazza libertà per il tricolore biancoverde, forse nel 2012, l’anno del centenario, forse mai, e perché quest’ingiustizia? Mi chiudo a riflettere sulla composizione del mio, personale, pantheon per il partito democratico, a congetturare se lo stesso possa comprendere il professore di greco del liceo, non sapendo, tra l’altro, se nel suo, oltre a Polibio, ci sarebbe spazio anche per il buon Aldo Fabrizi. Sarei più in difficoltà se dovessi scrivere il mio manifesto, come Sofri, su Repubblica, invita tutti a fare: rispondete ad un tema antico, Quale dei governi liberi meglio convenga alla felicità dell’Italia. Un concorso simile, lanciato su internet, a cui rispondesse anche solo un quarto dei votanti ufficiali per le Primarie dell’ottobre 2005, darebbe vita alla più vasta conversazione statutaria e democratica di tutti i tempi. Da parte mia, l’eccesso di partecipazione, insieme, mi affascina e mi soggioga. Devo approfondire (e pure sull'antropologia culturale). Gran parte della, cosiddetta, “società civile” è tenuta assieme dal desiderio di trasformarsi, prima o poi, in “classe dirigente”. In ogni caso, non maneggio bene la scienza politica, e si vede. So solo che Gerry Capaldo ha lasciato la margherita, e finzione o realtà, non si candiderà, nella città del Sabato, dove c’è grossa fibrillazione (profonda partecipazione). So solo che la capacità della politica clientelare di beneficiare la numerosa schiera dei clientes è largamente sopravvalutata da queste parti, e rappresenta un freno al cambiamento, esattamente come la presenza dei sauropolitici. Perché, semplicemente, quando c’è uno che compra, c’è sempre uno che si lascia comprare. Talvolta, per un prezzo irrisorio, o addirittura nullo, solo per timore di rimanere solo, di rimanere libero.

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