30.11.07


28.11.07

scartabellare mappe cognitive

portami oltre il vedere
dalla parte del clamore
che fanno le cose inanimate
quando l'uomo è voltato
ecco la mia vita di lavoro
e di antipatica sapienza
te la cedo volentieri
non fa proprio per me
io preferisco così
io preferisco così
io preferisco così
...
preferisco così, max gazzé


fugo dilemmi contrattuali, mi assumono o mi mettono in fuga?, ma almeno ne guadagno in mimica, finalmente decontratta, dopodiché al lavoro si tratta di mappare i bacini idrografici della penisola, così ne approfitto, in una finestra a margine, per tracciare su google map una linea orizzontale che dia un'interpretazione eterodossa dello sviluppo urbanistico di avellino, c'è che se la mansione affidatami non mi diverte, trovo sempre modi per occuparmi in quello che so fare meglio, aprire cantieri che poi è indifferente se li chiudi o meno, non a caso sono un keynesiano

27.11.07

ora sì che è giunta l'ora della riscossione

andare camminare lavorare,
andare a spada tratta, banda di timidi,
di incoscienti, di indebitati, di disperati.
niente scoramenti, andiamo, andiamo a lavorare,
andare camminare lavorare,
il vino contro il petrolio,
grande vittoria, grande vittoria, grandissima vittoria.
andare camminare lavorare,
il meridione rugge, il nord non ha salite,
niente paura, di qua c'è la discesa,
andare camminare lavorare,
rapide fughe rapide fughe rapide fughe

andare camminare lavorare – piero ciampi



un sonno ristoratore a digiuno fortifica. all’appuntamento all’enoteca col superiore spendo di necessità sorrisi caimani. garbatella è giallorossa, prima, forse, era pericolosa, un tassinaro non voleva accompagnarci il mio barbiere, tanti anni fa, ora no, ora è cool. petrucciani in sottofondo. più in là, uscito sfiancato dal palazzo di cristallo, oramai deserto, barcollo, l’aria è statica, i sbuffi di vapore dalla mia bocca rendono l’atmosfera onirica. sotto il porticato di una chiesa, giovani poveri si preparano per la notte. in metro, c’è chi ride sguaiata, chi rimpiange il futuro, io, per me, m’accontenterei di dormire. disteso su un cellophane. teso sul vuoto. ma non un vuoto qualsiasi. pietralata m’accoglie discreta, sono le undici, a casa tutti rinchiusi, in un monastero sarebbe diverso? o in una pensione primonovecentesca? almeno la padrona di casa sarebbe deliziosamente indiscreta, ficcanaso, il rumore delle sue stoviglie mi terrebbe sveglio, mentre qui, c’è tanto silenzio da trasformarsi in un fischio. una bottiglia di birra mezza piena cade, col suo contenuto, in una scarpa. il wireless è imballato. caduta senza rete. mancano persino i bicchieri di carta. la catasta di piatti&pentole non lascia spazio al rubinetto. la tv lancia la sigla di chiusura del tg1, cambio d’immagine, la sigla d’apertura di porta a porta, l’argomento del giorno riguarda i savoia e la loro richiesta di risarcimento all’italia. spengo. la mia vita surreale rilanciata alla tivvù sotto altre forme. vivo nel posto giusto. vado a dormire prima che le certezze svaniscano.

25.11.07

bodysnatchers

it is the 21st century
it is the 21st century
you can fight like a dog
and they brought me to my knees...

bodysnatchers - radiohead

non mi fermo più a scrutare il volto della gente, sì, lo studio della mimica ultimamente mi lascia indifferente. a pensarci bene è la cosa peggiore mi sia capitata da quando ho cominciato a lavorare. insieme ad una leggera assuefazione alla caffeina. senza la quale oramai m’addormento in piedi ad orari prima improponibili. assente in parte lo stress. per quello ci sono quarant’anni di tempo. la stazione tiburtina di domenica esala odori forti, i “soggiogati ai forzati seigiornipersei” si godono la giornata di libertà. che colore tenue ha questa libertà! tale e quale alla mia. stretta in una morsa da nuvole quasi bruxellesi. tu viaggi da bologna coll’intercity plus 507 proveniente da torino e diretto a reggio calabria. il vagone è il numero otto. mi siedo ad aspettarti. una spagnola mi chiede dove si obliterano i biglietti. mi alzo in automatico, smanacciando per mostrarle come nei paraggi non veda macchinette gialle. poi scompare. un trentenne si siede al mio fianco e comincia a parlare al telefono, col vivavoce, colla ragazza. un secondo trentenne mi chiede spazio e si siede all'altro mio fianco cominciando a fumare. mucchi di famiglie napoletane, allargate, carichi di valigie e imprecazioni, mi scorrono davanti. l’altoparlante metallico annuncia che il treno corre con cinque minuti di ritardo. aggiungere meno a meno. una donna rugosa attraversa i binari, furtiva. parte il regionale per pescara. sopraggiungi tu. il vagone otto casca proprio davanti la mia panchina. ma la porta è l’altra. avanzi incerta. incapaci come siamo a ricreare il pathos. ti stringo. deperisci come avanza l’amore. giochiamo alle voci da bambini. resta. no, sali tu! l’orologio sulle nostre teste scatta implacabile ad ogni secondo con uno strappo che impercettibilmente sembra lo faccia oscillare all'indietro. magari fosse così. il capotreno fischia. risali soltanto tu. dietro i vetri oscurati la tua sagoma si fa indistinta. il treno, i binari, i muri della stazione, il cielo partono in orizzontale. una coppia all'imbocco della scala mobile m'ostruisce la strada. mi sentono arrivare e mi fanno passare. li supero in progressione. io scappo. sull'aventino.

22.11.07

19.11.07

mostri

nasce il popolo delle libertà
dal predellino di un'auto blu
via i parrucconi per i trapianti
fermi una firma al gazebo
patetica eterogenesi dei fini
di una decade di ombra
da sant'angelo dei lombardi
sarebbe troppa grazia
se di mezzo c'è questo
in ogni caso, auguri!

15.11.07

autoironia di un samaritano metropolitano

c’è una vecchia storiella che racconta di un operaio sospettato di rubare:
ogni sera, quando lascia la fabbrica, la carriola che spinge davanti a sé
subisce un’accurata ispezione.
i guardiani non trovano niente.
è sempre vuota.
alla fine la verità viene fuori:
ciò che l’operaio ruba sono le carriole…

Slavoj Zizek, incipit de La violenza Invisibile


affastello sul comodino volumi, anche smilzi per carità, di cui leggo soltanto le prime pagine, o altrimenti, tutti d’un fiato, eccetto le ultime dieci, per un vezzo che costa caro solo alla statistica anobii, ma lascia un senso di sospensione, un lampo di sregolatezza nell’ingranaggio di minutaggi nel quale si è trasformata la mia vita.

a volte, sui mezzi pubblici, penso di essere un ammutinato; succede quando sfondo con rapidi movimenti il muro di diffidenza,
l’atteggiamento blasé che sbianca gli animi delle megalopoli: cedo il posto alla vecchina, lascio il reggimano alla ragazza, fornisco indicazioni stradali ai rumeni dai capelli di cenere e dalle mani nodose. d’un tratto una donna di mezz’eta, scalpitante già in partenza, erompe in imprecazioni da vignetta col teschio, soltanto per un rallentamento del traffico causa lavori, rompendo un incanto: l’umanità di un buono è in fretta oscurata dall’intolleranza di un nevrotico. colpa dei tempi o sua soltanto?

14.11.07

chesterton

la sorpresa è la sola riflessione possibile

13.11.07

senza risposta

di quando pensi che invece di metterti in rete avresti potuto imparare a lavorare la maglia

1.11.07

bernabucciana

metro b, roma

viaggiatore: ahò, mayna', che fai 'sto uichend?
maynardo: ncazzo!