31.8.06

29.8.06

tutti i miei break

ieri sera, disponevo di pallina (a riccio) che ad ogni balzo, magicamente, esplodeva in mille luminescenze, “dono azzeccato” della madre, reduce dal soggiorno transalpino. scagliata in cielo d’impeto per valutare l’altezza raggiunta dalla mia forza, misurabile in piani di palazzo, è precipitata in terra, spenta: distrutto il meccanismo d’accensione. l’ho affidata alle cure della compagna neo-archimede, già pronta a congegni riparatori, mentre io, meditabondo, commiseravo il mio lancio da “un piano e mezzo”.

e correvo di memoria alle partitelle infinite di calcetto di noi dodicenni, quando c., stremato dai colpi di sfortuna e dalla scarsa partecipazione della squadra, s’avvinghiava sul super santos di turno, il terzo del pomeriggio?, e lo sparava in aria, col suo destro potente, unico suo piede disponibile, in verità, e noi naso in su ad ammirare quel portento: un lancio da “quinto piano”, talvolta uno stupefacente “sesto piano”, proprio in faccia allo zio, che ammirava dal suo balcone le nostre prodezze.

le cose non vanno meglio al tennis. ieri, sconfitto 4-6 6-1 3-6. colpi da registrare: diritto, volée di diritto, volée di rovescio, servizio, rovescio liftato… non posso cedere, a cuor leggero, tutti questi break!

25.8.06

un giorno in petruro (come promesso)

ci sarà, per noi, un giorno in petruro? girovaghi curiosi e spersi nel paesello anonimo da valle del sabato: idea che viene dal manifesto sbiadito, affisso sull’eliseo (eternamente) in rifacimento e che promuove sagra eno-gastronomica, festa patronale, folk-rock-pop festival a turnazione, gli spazi vuoti riempili con l’immaginazione o con un pennarello. i muri dei cantieri, lungo il corso vittorio emanuele, dove affissioni abusive sono state coperte da fogli immacolati, lasciano che i “writers” possano esercitarsi liberamente. peccato siano anticipati da dubbi messaggi d’amore, pezzi di canzone, versetti apostolici, forzalupi&onoreaidiffidati.

ho terminato di leggere “zazie nel metrò” di queneau e ho fatto pace con la letteratura. s’invecchia perché diminuiscono le occasioni per stupirsi. mentre la mia irrilevanza nel mondo delle lettere (altre) è talmente risaputa che le poste ignorano il mio recapito che dopotutto manca di numero civico. percorrere in auto due chilometri di discesa, pur di evitare, al ritorno, una ripida ascesa da appiedato, offre il fianco alle disapprovazioni dei parenti.

la password del mio blog è cosa quasi-pubblica. la mia faccia, ancora no. una stupida barba stupidamente la occulta!

18.8.06

pazzia guerra

lascia stare tutto quello che non vedi, è inutile fissarsi
andare con lo sguardo oltre alle montagne del quadro che hai davanti
se vuoi vittoria avrai vittoria
se vuoi sconfitta avrai sconfitta
ma poi il destino in naftalina mai
non chiuderlo in soffitta
lascia staresamuele bersani


s’impazzisce per poco. non sempre in modo eclatante. spesso, invece, è una strisciante follia che serpeggia. in casa altera rapporti familiari, sfornando improvvisi mutismi, silenziose porte in faccia. se fossi un ultras del compromesso, griderei slogan formulabili senza fatica. e invece m’impiccio nella dizione esatta delle parole e la corsa nella stanza accanto, in cerca del vocabolario, mi è fatale.

se fossi più simpatico, sarei meno antipatico. così da rendere meno sgradevole il tuo girare attorno pur di non incrociarmi. emano energie alterne, sfoggio personalità contrastanti, però di peggio è contrassegnato il mio passaggio, non mi lamento. torno al blog con cadenza personale, non posso farne a meno, nonostante mi autocensuri, mi autoallontani, mi autoinganni, mi autoilluda

detesto tarante, pizziche, ogni tentativo rabberciato di recuperare tradizioni umiliate per decenni. tra l’altro non ho bisogno di sapere che il mio trisavolo fu un “onesto brigante” per amare la mia terra, su cui, magari, sputo ogni santo giorno, calpestando diritti, disattendendo doveri. è un discorso populista, il mio, odioso e giustificatorio. detesto le tarante, le pizziche soltanto perché, a pelle, mi sorprende la loro inaspettata “popolarità”.

pianifico programmi di studio sistematicamente infranti. su carta bianca, segno i numeri dei giorni che ancora mancano alla data del penultimo esame. poi, applico oscure equazioni algebriche, (numero di capitoli * quantità di ore necessarie): giorni di studio, e pervengo a risultati subito contestati dalla quasi maggioranza scansafatiche, la cui mozione “merenda + vagabondaggio casalingo” passa clamorosamente, allontanando laurea e dopolavoro.

è in giorni come questi che m’angustia la possibilità di tutto, l’approssimarsi del niente, l’afa opprimente, i pomeriggi al vento, i mulini. è in giorni come questo che mi trovo a scrivere, quasi naturalmente, cose di poco conto ma necessarie perché possa continuare. a scaricare (in mare) la mia particolare forma di pazzia che altrimenti serpeggia in casa, indisturbata.

è in giorni come questi che me ne sto ad aspettare il tuo amore!

12.8.06

ragazzo (triste) dei platani *

ragazzo triste dei platani, non fare il finto tinto, dimmi cosa acuisce le tue pene e tarpa i tuoi sogni? cosa ti calamita in questi fatidici quaranta metri di marciapiede stinto, tra locali scialbi e ressa insignificante? perché, poi, ti lamenti del “by night” avellinese, birra plastificata in mano, sguardo mesto, vecchiaia nei polsi, quando lo alimenti colla tua presenza? dove vagano i tuoi pensieri, qual è il luogo del tuo “altrove”, la lercia amsterdam monda dalle inibizioni o un posto al sole nel kenya dei safari, la gerusalemme liberata o le steppe mongole?

ragazza triste dei platani, non barare al trucco, dimmi cosa smunge il tuo viso e rende i tuoi passi pesanti? quale pregressa scienza ti indica quando è il momento di mostrare il profilo, smuovere la folla, sederti sul muretto basso quel tanto che basta, spingerti quasi in strada in pasto ad automobili vocianti e semi immobili, che sfilano rubando attimi altrui e sputando dai finestrini “c’è meno gente di ieri, più di domani!”? cosa solletica la tua fantasia, una catarsi orgiastica, o più piamente, la speranza di rinvenire nel muro gommoso di folla, finalmente, occhi freschi da spiare, poi, solo eventualmente, da sposare?

ragazzo triste dei platani, non eludere le risposte, dimmi cosa ispira il fumo delle tue sigarette, quale paternalistica immagine hai dell’autorità per cui occulti il fumo, minimizzi l’azzardo di una ubriachezza così da nasconderti nelle viottole laterali quando non è il più momento di farsi vedere? quale guru iperreale prendi a modello per i tuoi vestisti sgargianti, abbrozzanture gelatinose, acconciature solidificate? confessa: quale verità scorre nelle tue conversazioni giocose, o quale bugia, in un spettro che va dal pettegolezzo trito alla speculazione filosofica de noantri?

ragazza triste dei platani, va’ dritto al succo, non divagare, spiegami chi è in, chi out nella rafferma movida cittadina, perché il neo-locale fighetto riscuote successo solo per i primi due mesi per poi marcire nel dimenticatoio? viaggi e presagi? quando è il momento di oltrepassare i confini cittadini, quando estendere quelli mentali? sussurrami, infine, cosa succederà quando pure l’ultimo platano malato sarà sradicato e verrà il tempo di guardare in faccia la luna?

*lo spazio antistante il "bar platani" è un tipico luogo di ritrovo della gioventù avellinese

10.8.06

Il migliore

maniaco dell’occhiuto ego-surfing stentavo a rintracciarvi da quasi dieci anni, dunque ben prima dell’ego surfing, quando su sedie a dondolo instancabili nascevano amori estivi, come mai, gli 883?, e il falsetto della parola “psicologia” strappava sorrisi beoti. quando, poiché erano ancora lontani i baci, un autografo della preferita lo si conservava nel diario, nella pagina migliore, forse la centrale. ora, invece, divenute più pingui o soltanto più porche, vi ritrovo, confinate al ruolo di virgolette, iniziale e finale, del viaggio. ognuno ha la sua strada. guardami negli occhi e ascolta il fruscio delle pagine che tornano dietro nel tempo, che strano effetto!

l’aereo romba e s’alza in volo. c’è una bomboletta d’ossigeno qualora ce ne fosse bisogno. roma che diventa, in breve, minuscola. chi vi sarà mai in quel puntino d’auto che scorre leggera? il colore del mare non è il blu. le montagne, talvolta, sono piatte. le nuvole, perforabili. atterra oltralpe, tra orologi di precisione di cui si fa a meno e banche d’affari in cui ci si fa un sacco. così le ambulanze sfrecciano tra i pedoni e medici d’assalto soccorrono infartuati in doppio petto. la guerra quotidiana dove regna la pace.

alla frontiera, si alzano le mani provocatoriamente e si mostrano carte d’identità che tardano a diventare tessere e si guadagnano l’ennesimo espatrio. gendarme che sorridi, sai indicarmi sul mappamondo schengen? ti ruberei il lavoro solo per ballare in equilibrio sulla linea immaginaria del confine e per poter requisire barattoli di marmellata. proseguire per stramangiare carni assortite e vedute notturne di temporali lontani, ginocchia rannicchiate, per i tormentoni sguaiati.

colpi così arrivano implacabili persino quando annunciati da sguardi preoccupati e improvvisi silenzi. la pietra raccoglie bene le lacrime fino a scalfirsi. passi muti su strade deserte, quando pure avere la testa alta conforta. uno in meno, costretto a rientrare. si continua perché il contesto lo esige. mi ritaglio un ruolo ulteriore perché non si nasce eroe e c’è sempre posto per camminare in testa al gruppo, quando i passi si fanno pesanti.

le città sfilano. le categorie con cui le giudichi restano immutabili. c’è un lungo inverno di letargo per assestare colpi alla coscienza. musei annichilenti. più vicino al codice da vinci che a leonardo, nonostante quello che si dice in giro (non su di me). piazze splendenti, palazzi che suonano, palazzi che gemono. barboni al vento, eleganza dimessa, per contro riluce nostra provenienza. ogni luogo comune conserva una radice verde. ogni luogo comune va sfatato.

corre il treno, corre. paesaggi da classica del nord. sul pavé della roubaix, scatterei oltre il dolore fisico. invece, quello tenue che origina dai rapporti umani sterili, finiti prima di iniziare, o che iniziano da una fine, prosegue infarcito di divertissement, avvertiti dal gingle della sncf, ed ha gli occhi disperati e il sorriso gratuito della puttana tolosana di colore che chiede tre euro per una bottiglia d’acqua.

"ad appagarlo bastava il fatto di viaggiare, che lo rilassava, riducendo i moti intimi, quelli che non lo portavano da nessuna parte, dove stava lui e lei non c’era, oppure dove stavano le sue ambizioni e lui non era ancora arrivato."
Bernard Malamud

25.7.06

paura di volare

Il "Gigione - Jo Donatello Tour 2006" si sposta all'estero.
Sette tappe, oltralpe.
Arrivederci al 10 agosto.
ALLA GRANDE!!!

maynardo, in compenso, rimanda qui. che triste!

23.7.06

su flux... alla grande!

sonnecchiavo in disparte sul divano, tv mezz’accesa trasmetteva cosa gli pareva, cose estive, immagino, come gli sketch di alberto sordi in bianco e nero, eppoi montesano, verdone, grillo o la solita mina-con-totò. ma d’un tratto, un serpentone, in basso, colse la mia attenzione. ché scorrevano, uno dopo l’altro, nomi di paesucoli familiari, e si sa, per i nomi dei paesucoli familiari nutro una passione spropositata fin da infante, tanto da classificarli in speciali classifiche, continuamente aggiornate, in cui la spunta, al momento, paternopoli, seguita da roccabascerana, montaguto e savignano. prima alzo l’audio, poi mi stropiccio ben bene gli occhi cisposi, guadagnando il centro del divano, risalendo, con fatica, il corso del serpentone… tour gigione, jo donatello 2006.





“bene, bene, bene!… eccoci a viva la musica che ci vedono da tutto il mondo col satellite… un bacione a tutti: acchiappa tiè!… fra poco cominciamo con le dirette ma prima vi diamo il numero per i contatti… alla grande… mentre sotto compaiono le date dei grandi concerti di gigione e jo donatello per festeggiare tutti insieme nelle piazze… alla grande!… a proposito, domenica saremo a montefalcione per la festa della pizza, mentre lunedì a serra di pratola, sempre in provincia di avellino. mi raccomando, accorrete numerosi, alla grande… ecco la prima diretta… PPPPPPPPronto???… pronto amore, pronto amore???… sono antonietta da cervinara e vorrei ascoltare assiettit nzino a me da donatello, e la campagnola da gigione e fare un saluto a tutti quelli che mi conoscono… benissimo, alla grande, le faremo subito, perché il nostro padrone siete voi: il pubblico!… un’altra diretta!!!… PPPPPPPronto???? sakjdjahkzdkasjhzma, (disturbato)… PPPronto???…. mi raccomando, ci dovete sentire per televisione e parlare per telefono altrimenti non si sente niente…. allora, regia, siamo pronti, alla grande??…. PPPPronto????…. sì, gigione, sei troppo bravissimo, tu e jo donatello…. grazie, sei troppo brava, tu che ci ascolti sempre, vero???… sei, la nipote di antonio, che sei venuta al concerto a caivano??? sììììììì, alla grande!…allora vuoi fare qualche saluto, ascoltare qualche canzone che ti dedichiamo?… vorrei fare un salutino a mio cognato, mio suocero e a tutta flumeri e vorrei ascoltare mi piace il gelatino… ok, te la faccio ascoltare subito, e un saluto agli amici di flumeri… ora, stop con le dirette, e facciamo un assaggino di “mi piace il gelatino” e uno di “zi’ nicola” e poi devo fare un sacco di salutini, alla grande…. Vai, regia, vaiiiiii… e qual è il problema?

ti piace, ti piace, ti piace il gelatino?
al gusto di panna, pistacchio e cioccolato
ti piace, ti piace, ti piace il gelatino?
poi la fragolina la devi dare a me

gigione è inseparabile dal suo cappello. ne ha di tutti i colori: gialli, verdi, neri, rossi. Spesso li abbina sapientemente con la camicia o i pantaloni. Gigione ha una mimica straordinaria, è un animale da palcoscenico, mossa a destra, colpo a sinistra, ciondola la testa, dimena i fianchi. gigione alterna canzonette religiose a hit inzeppate di colpi sessuali & grugniti. gigione è il padre. jo donatello è il figlio. che avrebbe meritato sanremo, non solo il palco di candida ma poi, vai a capirli quelli là. jo donatello fa canzoni per i giovani o gli innamorati, talvolta sforna successi indimenticabili, talaltra toppa, ma d’altronde è figlio d’arte, il figlio di gigione. meglio qua.

sonnecchiavo sul divano e mi sono innamorato di gigione e jo donatello. subito ho preso il telefono e ho ordinato dieci cd dei nostri, in modo da averne in regalo un undicesimo. non ho avuto il coraggio di farmi passare in diretta, poiché sono timido, ma magari un giorno. infine, ho sbirciato in alto a destra, per memorizzare il canale televisivo dello spettacolo, sì, era proprio flux, non sarebbe potuto essere altrimenti, non esiste musica più indie di questa e infatti dopo è andato in onda andy milonakis!!!

17.7.06

maynardo VS irrilevanza = 1-2

mi sono chiuso a chiave nella cameretta del regredimento intellettuale. così perdo nozioni a velocità consistente, nel frattempo m'ammalo di patologie sconosciute, sintomi: debolezza e ottimismo. mi sveglio presto, tiro su la tapparella, e crollo di nuovo a letto. con il lenzuolo che mi fa da sciarpa. dopo un'ora, scatto come un grillo e colazione veloce dal barista polacco/serbo/macedone/ucraino, dovrei chiedergli da dove viene e troncarla lì. nel frattempo, tratteggio vacanze, posteggio a pagamento, assisto a concerti. mentre temo l'autobiografismo e l'irrilevanza. più il primo, a dir il vero, per il quale basterebbe non scriver più nulla, almeno fin quando sarà tornata l'ispirazione, o fino a quando l'avrò finalmente scovata. con l'irrilevanza, combatto da una vita ed è avversaria tosta, che muta continuamente, mica cazzi, e da una parte uno può dirsi sempre scontento ché batterla è arduo, dall'altro rallegrarsi ché l'avversario è complicato, abbiamo fatto del nostro meglio, durante la settimana stiamo lavorando duramente, abbiate pazienza, non esoneratemi!

13.7.06

bombardieri su beirut

i pgr si intonano allo stato d'animo
piccolo spazio pubblicità:
giovanni lindo ferretti venerdì sera è a summonte
(quasi) bombardieri su beirut
maynardo paranoico
i risultati non arrivano
è un luglio piovoso, un'estate elettrica
mentre
in messico sole e polvere
si diffonde il verbo di inadeepsleep
per circostanze metà avverse, metà favorevoli
do ragione a chi mi dà torto
(tuoni lontani)
poi riprendo consistenza e rivendico
mio, mio, mio
i risultati non arrivano
è un luglio piovoso, un'estate elettrica
...
mio, mio, mio!!!

11.7.06

non so copiare

poi, non ho frodato/copiato ché la "maestra" mi fissava minacciosa mentre i foglietti si trasformavano nelle mie mani sudaticce in mega-poster ingestibili, fruscianti, sguscianti. e mi son dato da fare da me. il tutto per tutto. e dopo tutto, non è andata così male. ma questo l'ho saputo sette ore dopo, quando già ero sulla strada di casa, nei pressi di caianiello, you know?, e devo ammetterlo, ho fatto il pugno (come esultanza) e la vicina di posto ignara mi ha offerto la sua occhiataccia migliore e forse la capisco, forse. perché sono piccole cose, queste. intanto ho fatto la mia prima telefonata al phone-center del pakistano. e nella notte mondiale, ho scarpinato i miei dieci chilometri, da casa a piazza venezia e ritorno, tra "mamme di zidane", inni storpiati, e una frase a mezza bocca, avrebbe meritato di più la francia, no?, ok, po po po ro po po po po - po po po ro po po po po po "!

9.7.06

evasione? sì, dopodomani!

attendo la finale con la stessa noncuranza con cui aspetto l’esame di domani
nessuno dei due risultati cambierà di una virgola l’esito davvero importante
che mi giocherò a partire da dopodomani,
con te che altrimenti scappi via.
ché sempre le cose si risolvono “dopodomani”.
la cosa mi diventa chiara
mentre
me ne sto spento sul divano,
la tv sintonizzata su AV,
allora mi scuoto,
e di salto triplo in salto triplo
mi dimeno in corridoio
spensierato
la bicicletta è da andrea
altrimenti m’avrebbe fatto gioco
l’ordine nella mia stanza è in subordine
ho mille foglietti da cui copiare
ho mille errori da evitare
basta che le cartuccelle sfilino bene dalla tasca
senza fruscii
e mani capaci di coprire quando opportuno
un giorno mi sarei sentito una merda
a frodare
a sudar freddo pur di mentire
onesto per ideale
ma ora è diverso:
le evasioni sono di per sé senza legge

cazzo, il faro luminoso:
scoperto!

8.7.06

invece dell'arbitrage pricing theory

appesantirsi su un’idea, aggrapparcisi, scandagliarla, imbeversene – che monotonia, che lavoro da forzato, da coscienzioso! la profondità è inseparabile dalla stupidità. posso ghermire un’idea al volo; perché soffermarcisi? se anche riuscissi a scorgerne le implicazioni ultime, non sarei avvantaggiato che sfiorandola, perché non c’è nulla da spiegare, e niente che si spiega. ogni idea è noiosa, ogni idea è superflua. il filosofo-aborto senza nervi (pesante creatura invischiata nella archeologia dei vocaboli) si nega le sorprese riservate a colui che scivola con allegria sulla futilità delle domande e delle risposte: il filosofo – vera talpa dello spirito – vive nei sotterranei dei problemi; non ha occhi per lo scintillio delle apparenze né per il balenante splendore della fatalità. volo da un’idea all’altra, non per profittarne come l’ape coi fiori ma per la necessità del divertimento, senza desiderio di prospezione e per il solo piacere delle ali.
emile cioran

7.7.06

matrimoni

ds e margherita resistono ad unirsi perché, sotto sotto, nessuno dei due apparati crede che l'altro sia un buon partito!

5.7.06

dead team walking

siamo belli e sporchi: è questa l'anomalia italiana?

emanuela audisio

2.7.06

italo - spagnola

io che, in questi cinque anni universitari, ho evitato l’erasmus colpevolmente, adducendo ragioni più o meno plausibili ma mai convincenti, incontrando te, “erasmus”, spagnola, murciana, in un primo momento inseparabile dalla tua amica timida, che poi si scopre aver il nome basco di saioa, e a questo punto impossibilitato a partire, visto che, fatto salvo il mio volere, sono vicino a laurearmi, sono partito restando a roma, diciotto giorni di quasi-erasmus, o meglio, un erasmus di riflesso.

allora ho guardato con occhi nuovi alla mensa, e ai personaggi curiosi che la popolano, al “pelo”, tanto simile a piero pelù, al cuoco ubriacone e sparlante, allo zoppo sparecchia tavole, ai quattro gatti, sempre uguali che vi mangiano mattina e sera, mentre starnazzano di calcio, esami e, solo se resta tempo, di donne. e forse guardavo con occhi nuovi in mensa, già prima che ti conoscessi, visto che è come se ci fossimo conosciuti in mensa, perché ci guardavamo…galeotto fu uno scarabocchio!

dopodiché l’aula studio, occasione di svago, pause spesse per un “solero”, per riempire le bottigliette d’acqua, per dire, allora, come sei fatto? oppure, almeno all’inizio, di politica&sesso: zapatero è moderno, aznar è corrotto, berlusconi-cosa-vuoi-che-ti-dica?, chi è il leader della sinistra?, beh, prodi, chi?, prodi, era alla commissione europea, cosa?, aspetta ti faccio vedere il ritratto che gli ho fatto sul mio quaderno. gli italiani sono metrosexual, look gay, pur eterosessuali, anche qui, cosa vuoi che ti dica? mi vesto male da una vita.

e la passeggiata, classica un tempo, la prima che feci, una volta a roma, solitario, nomentana - via venti settembre- quirinale – fino a piazza s.maria dei monti, per (ri)trovarsi meglio di quanto ci aspettassimo e non poter osare, per via di javi, il ragazzo di logrono, e le storie parallele che aleggiano senza pesare. sarebbe stato bello se ci fossimo conosciuti a settembre. sì, sarebbe stato bello ma “le cose succedono così!”. "mentre il cielo chiarisce per l’alba", non c’entra nulla hobbes, lascia stare i discorsi inutili. Sono “lelo”, scusami. e quando non mi capisci, è perché accentuo la cadenza, o ciancio sottovoce parole di troppo.

e il mio esame che non va. e i tuoi che vanno alla grande

poi, finalmente, dodici ore assieme, nel giorno di italia-rep.ceca. a villa celimontana: un gran silenzio, solo donne e bambini e zanzare; urla strozzate, o abbiamo segnato o abbiamo subito un goal, cosa vuoi che cambi?, vorrei che la partita non finisse mai come la performance degli attori ed il fuoco in piscina. fino all’aventino, piazza dei cavalieri di malta: noi che ci aspettiamo solo un foro con vista vaticano e invece il portone è spalancato per un ricevimento e la cupola è maestosa, buona per una foto con i due carabinieri che si mettono, civettuoli, in posa. il ghetto ebraico: le birre nel locale del pianoforte e delle poltrone vintage, allora, meglio uscir fuori, la fontana è in restauro, non l’avremmo in ogni caso potuta vedere, il furgoncino la copre. e non ricordo cosa ci siamo detti, ma è evidente che tutto veniva fuori bene, sono quei momenti magici che ti ricaricano per mesi. piazza argentina: il rito dello scambio libri. baricco-saramago vs marquez-zafon. lieve scaramuccia perché ammetto di non amare marquez, ma sono idiota e dico le cose crude senza criterio. niente mostra di cartier-bresson che è tardi, gran rimpianto. scambio di battute con una anziana coppia inglese e riconoscere di saper utilizzare correntemente solo ventisette parole del perfido linguaggio. infine spaparanzati a s.luigi dei francesi e alla piazza della pietra, a contar le stelle, a lasciarle lì dove sono per non rovinare nemmeno un pezzo di cielo.

“mi piace tantissimo la tua dedicatoria al libro di baricco perché anche se non dice nulla di concreto, lo dice tutto con la tua forma di scrivere ed espresarti, proprio perché così lo capisce solo chi deve farlo”

“cosa significa cacciatorpediniere?”

un baleno, l’ultima settimana. ci vediamo di meno. i tuoi amici che poco a poco se ne vanno. julie è carina. tiffen di più. pierleone-non-so-cosa è banale, ma forse sbaglio io, di sicuro sbaglio io, a non dare chances alle persone, a non trovar vie di mezzo tra lo sproloquio e il mutismo. la serata di “despedida” a trastevere, mentre resto fuori dalla categoria degli amici, men che meno degli amanti e allora, “tu non sei in nessuna categoria… solo in quella di non si sa mai… e non provi a incazzarmi sempre, perché riusci!”. le colazioni dal barista capellone per le tue ultime formalità alle relazioni internazionali, sei con lei?, sì, diciamo di sì! e in regalo un vocabolario di spagnolo, sottolineate le parole che hai provato ad insegnarmi, magari mi ci metto ma sappi che dico troppo spesso magari.

il penultimo giorno, un attimo a villa torlonia, la casina delle civette, piccoli screzi, riconciliazioni. “sono triste e non ho voglia di partire”; chi parte ha sempre ragione, io resto perché si soffre meglio a restare. chissà ancora per quanto

ieri, ultimo giorno: pinocchio costa un occhio della testa, un saluto alla piazza della pietra per poi andare al drink alla cuccagna con frotte di erasmus che non so chi siano, né da dove vengano, ultimi regali mentre saltano fuori gli immancabili "verrò a trovarti", "sì, certo". lo scambio di rose sotto la statua di giordano bruno, la rosa calpestata, i petali di rosa soffiati nel tevere a ponte sisto; a piazza trilussa cantano bennato; girovaghi tra stradine oramai deserte ma calde. pantheon. tiffen multata per essersi bagnata un piede nella fontana di trevi. un abbraccio veloce davanti all’albergo di tuo padre, davanti a tuo padre. frasi spiaccicate, lacrime bandite. ormai è giorno. mai più notte!

“ciao roma, ti odio perché così faccio finta di non amarti, città che mi ha fatto più matura e più bambina, città bella e bugiarda… magari come io stessa!”

infinitamente grazie

hasta luego!

30.6.06

non mi dopo né prima né dopo

tour de france senza basso, ullrich, mancebo, sevilla, beloki... quasi, quasi ci provo!

29.6.06

arretrati

ho così tanti libri da leggere che mi fanno da comodino

28.6.06

dalla parte di pessotto

senza di te non scrivo più
guardo le nuvole da quaggiù
son forte altroché
la sorte è con me
marte dov'è?
non-sense
dissenso
non-sense
consenso?
ci son calciatori depressi
ci son dirigenti corrotti
ci son assessori dimessi
ci son salumieri dotti
copio a spasso
mi copiano (non) spesso
un dare avere gradevole
un dai e via (a 'fanculo)
non-sense
parecchio
non-sense
sparecchio
senza di te non vivo più
le nuvole mi guardano da lassù
son fragile comm'a cche
la morte pure c'è
l'arte dov'è?

26.6.06

"gli italiani fanno schifo"

vorrei che si fosse votato no anche al progetto di bocciatura ai miei prossimi (due) esami!

24.6.06

note di un elettore qualunque

oltre un mese sordo agli schiamazzi della politica
un disinteresse ostentato
a smaltire l'amaro per la vittoria risicata
e l'incredulità
per la conferma di un paese ancora uguale a se stesso
allora nemmeno sgomento
per caterva di sottosegretari
buchi di bilancio da riempire con la fantasia
veti sul ritiro truppe dall'iraq, dall'afghanistan, da viale italia, angolo via perrottelli
ma domani
voterò no
perché è inutile riformare le carte prima delle teste
voterò no
perché ai quattro saggi di lorenzago, provincia di belluno
non affiderei nemmeno la stesura del regolamento condominiale
voterò no
perché il premierato forte mi spaventa
oltre a temere per la vecchia, rassicurante dizione
presidente del consiglio dei ministri
uguale fra uguali
voterò no
perché son gli stati divisi che si trasformano in federali
mica il contrario
(la riforma del centro-sinistra del 2001 era ugualmente pessima)
voterò no
perché l'unico tema d'interesse da disciplinare
il federalismo fiscale
è stato gioiosamente tralasciato
ah, per finire
tutti d'accordo sulla riduzione del numero dei parlamentari
tagliamo i costi della politica, le auto blu e i sorpassi irregolari
ma perché non sono preferibili
le assemblee statosferiche?
migliaia e migliaia di cittadini a parteciparvi
altro che blog o lettere ai quotidiani per lamentarsi
ore ed ore a dibattere soluzioni
e, naturalmente, nessuna retribuzione
che si guadagnerebbe in passione, coesione sociale, solidarietà

21.6.06

...

dopodiché arriva un momento in cui non hai più niente da scrivere...

20.6.06

decadenza

il re è in prigione, moggi è senza telefono e pure maurizio costanzo non se la passa tanto bene!

via gluck

un tempo qui era tutta campagna e pascevano pecore grosse così

19.6.06

nuova linfa

studio (solo) per non lasciare il futuro al prossimo

14.6.06

aula studio

sottolinei, appunti a margine, colleghi pagine e ammicchi a colleghi, spilucchi patatine, poi pensi a domani, grattatina ai capelli, un colpo di calcolatrice, mastichi matite, mentre il libro scolora sotto i tuoi occhi. di spalle sei fantastica... tocca riprendere: "... quanto minore è la quota di vendite di un'impresa in un'industria, tanto maggiore risulterà la divergenza tra i suoi guadagni privati e l'effetto di distruzione di ricavo derivante dall'espansione dell'output (?)"

12.6.06

micsed bai enri

la radiosveglia di stamattina era sintonizzata su radio antenna rossa. mai avrei creduto potessi provare nostalgia della musica liscio di radio magic due!!!

6.6.06

dimistichezza strategica

non ci si arrampica mai tanto in alto come quando non si sa dove si sta andando

4.6.06

regressione all'infinito

pedalo di prima mattina
le strade di roma deserte
come avellino
imparo a frenare che ci son secoli di inattività
le campane suonano ma mica tanto
la vita intorno si dipana
amena
amen


la forma canzone non mi sta
la poesia nemmeno a dirsi
solo m'aggrada tenere (in forma) il centro
mentre il contenuto va dove vuole lui


ci sono problemi nello sfogatoio
carica introspezione esaurita
resta
inarcare sopracciglia
scrollare spalle
giocare colle biglie


il blogger dismette i panni
il blogger trascura i blog amici
il blogger tralascia i commenti
il blogger non sa cosa più cosa significhi esser blogger
il blogger, di conseguenza, si decide a scrivere ogni cosa
e spazzare la spessa coltre di neve
scesa su inadeepsleep


universitaria:
tesi doppia tesi paresi
o meglio
la mia tesi è che non ci sarebbe dovuta essere una seconda tesi
siam riformati
siam regrediti


mi contraddico
ma è per il mio bene
(magari pure il vostro)
e gioco a vaneggiare
solo per liberare l'archivio del mio cellulare
su cui appunto cose
su cui metto il punto.

3.6.06

come cambiare il mondo in cinque minuti

metto piede in strada e un trentenne allampanato, sguardo acquoso, andatura claudicante, attraversa sventolando un tricolore giallorosso, s'avvicina sospetto al macellaio indaffarato e gli chiede qual è il modo più sicuro per appendere la sua bandiera alla finestra, perché a lui, precisa, piacciono quei colori, agli altri chissà. più avanti una mastodontica donnona in tuta rosa accompagna un minuscolo cane ai suoi bisogni. non ha la paletta e si nasconde la faccia. dietro ad una lambretta celeste, spunta un fioraio salmodiante in napoletano, che persuade all'acquisto due vecchine ben assortite, tipiche del quartiere, ed ha gioco facile. Edicola, (è diventato un'impresa farsi spazio in una qualsiasi edicola, tra libri di quarta serie, enciclopedie, dvd e codici da perdi), la repubblica, un euro e venti, graziearrivederci, buona giornata. esco e il fioraio, ora solitario, mi riconosce come possibile preda e prova colla tipica adulazione del venditore ambulante campano, bello?!?, bello ?!?, mi volto dopo dieci metri di sicurezza, e lui, tempismo perfetto, hai una mamma per i fiori???, e io sconsolato, sommesso, il più triste dei no; magari avrà pensato che sia orfano, invece è che non ho una mamma per i fiori. la donnona confetto rosa è di ritorno e sussura amorevole al suo cane, hai visto chi c'è???, indicando qualcuno alle mie spalle. avrei potuto regalarli a lei, i fiori, e distoglierla un minuto dalle sue ansie, dal suo stupido cane e finalmente innescare una mega reazione a catena che avrebbe concluso guerre e dissolto odii, ma non me la son sentita: sono responsabilità troppo grosse.

1.6.06

compratutto

il fenomeno delle asimmetrie informative si pone non perché alcuni dispongono di più informazioni (permanentemente) ma perché solo alcuni, nei momenti decisivi, possono permettersele.

30.5.06

john maynardo è ferito dal gruppo

due mesi gettati per un gruppo di mentecatti, la peggio gioventù fra di noi, narcisi incalliti, mestatori sussiegosi, free riders per necessità, avidi di lucro che il profitto al confronto è cosa buona e giusta, affamati di cicalecci, ripetitori di pettegolezzi meschini, sudditi leali di un sistema le cui regole vi sfuggono allegramente, in voi rimbombano i miei peggiori difetti. perché possa salvarmi, non posso esimermi dall'odiarvi. almeno fino a domani.

27.5.06

critical mass

per capire cosa dice una persona
sono necessari otto secondi
giusto il tempo di accordarsi alla sua voce
le incomprensioni che seguono non sono più giustificabili
dove sei tu ci sono anch'io
dove sei tu ci sono anch'io
la gente sana scopa
la gente disturbata sciupa
la gente come me scema
(rara a incontrarsi)
ma
dove sei tu ci sono anch'io
dove sei tu ci sono anch'io
assumo vita a piccole dosi
prima, dopo, durante i pasti
impartisco lezioni di vita coi piccoli gesti
prima, dopo, durante i guasti
dove sei tu ci sono anch'io
dove sei tu ci sono anch'io
la gente invidiosa schiuma
la gente ambiziosa è chiusa in uno schema
la gente come me sotto scacco
oh perbacco!
basta che m'innamoro di te e ne son fuori
dove sei tu ci sono anch'io
dove sei tu ci sono anch'io

24.5.06

slancio per il rush (semi)finale

quando il gioco si fa duro, i puri cominciano a mollare!

19.5.06

oblitera il biglietto!

deploratemi pure. beccato senza biglietto sul bus. multato. senza rimbrotti. e tra l'altro, avendo violato ampliamente pure le regole elementari dello scroccone. frastornato da un risveglio troppo brusco, perso, neil young in cuffia, sono salito tutto sparato sul mezzo. senza accorgermi che era insolitamente vuoto data l'ora. senza accorgermi della presenza di quattro visibilissimi controllori. sentitomi attorniato, ho subito estratto la tessera d'identità, senza opporre resistenza né scuse. immediatamente ho pagato la sanzione. il controllore, ringalluzzito, mi ha assolto benedicente. che è vero, non faccio (quasi) mai il biglietto. sulla base di una teoria bistrattata che vuole i trasporti pubblici totalmente gratuiti. unico bene pubblico da somministrare a volontà, anche nell'inefficienza. odio il traffico. però conservo uno spirito legalitario, so di infrangere una regola e sconto la pena consapevole, mica afflitto. almeno consciamente. perché incosciamente subisco l'influenza di un'educazione cattolica (alla buona). così, per riparare, sono tornato a casa attraversando roma per chilometri, muso all'insù, ancora neil young in cuffia.

15.5.06

non siamo in grado di comprare nemmeno i giocatori... figurarsi le partite!

mi sono innamorato del calcio presto perché fin da piccolo mi portavano allo stadio e devo dire che la cosa mi piaceva, gran frastuono e colori tutt'intorno, fino a che cominciava la partita, noiosa, proprio allora io m'appisolavo. poco dopo, mi scossero le incornate di ennio bonaldi, l'esultanza sotto lo spicchio destro della curva nord. e, risvegliatomi, non ci fu più tregua. le sventagliate di francesco nocera. le incursioni di giuseppe castiglione. le discese sulla fascia di de filippis, il terzino tutto matto, le geometrie mani-sui-fianchi-e-passo-felpato di giuseppe anaclerio. e di lunedì, a scuola, sostenevo con tenacia la tesi del "tifo-solo-avellino-in-serie-a-per-nessuno", che lasciava sgomenti i bimbetti di passaggio, juventini, milanisti, interisti, romanisti o fans del piacenza calcio. le loro discussioni sul "chi è più forte di chi" mi lasciavano totalmente indifferente. spezzavo una lancia solo per decantare le cavalcate di george weah e le punizioni a giro di gianfranco zola. e nel frattempo gli album panini. i campionati solitari simil-subbuteo. le infinite partitelle due contro due. l'avellino che s'ambienta fin troppo bene in C1, e una volta in B, retrocede prima di iniziare. girandola di presidenti epici (antonio sibilia), sedicenti compratori (omar scafuro!) e truffatori (tutti gli altri). ultras deficienti che s'autonominano unico orgoglio della città, gran bella città tra l'altro, i miei complimenti, e mill'altre storture che strapazzano il giocattolo. ma poco importa, se mi parlate di moggi, vi rispondo raccontandovi quell'incornata vincente di ennio bonaldi e del fragore che seguì: lupi, lupi, lupi, u-i, u-i u-i, u-i u-i...

10.5.06

↓ CIAMPI - ↑ NAPOLITANO

Non portarmi via il nome (riadattata) - S.Bersani


sono nato proprio qui
padre socialista di atripalda
mia madre un mezzo soldato
confondevo il piccolo principe
con un fumetto d’epoca
o con una stella del calcio

quindi figlio (mezzo) unico
giocavo a palla a muro (o squash)
e qualche volta baravo.
avevo anche una mania:
provavo a sentirmi sempre libero
e a diventare più schietto

a chiedermi, quando avrò il nome sul citofono?
e quando ti porterò, colla macchina, al terminio?
pensa che felicità!

ma con gli anni è facile
complicarsi abbastanza dentro
se non tieni a conto il passato.
per seguire un’utopia
non avere nessun elastico
che ti porta all’indietro

chi sono io?
fermo qui che aspetto il verde del semaforo
ma suonano,
chi sarà?
sul citofono c’è un omonimo
che non m’assomiglierà

e non portarmi via il nome
il nome, no
perché qualcuno lo vuole

ci sono io
testa in giù
appeso al filo del telefono
ma suonano,
chi sarà?
sul citofono c’è un omonimo
che non mi assomiglierà

sul citofono c’è un omonimo
ma non mi assomiglierà!

non portarmi via il nome
il nome, no
che qualcuno lo vuole
non te lo do

non portarmi via il nome
il nome, no
che qualcuno lo vuole
non te lo do

barcamenandomi

ci giro intorno ma prima o poi torno!

2.5.06

buon compleanno

un cane alla finestra discute del più e del meno colla padrona a via emanuele filiberto. poco dietro si spengono le luci del concerto. pieno di gente. che bivacca, fumo e birra. energia positiva o fraintendimento? in ogni caso moltiplicato per un milione. in ogni caso, non puoi sbucare dal nulla mentre canto a squarciagola nuotando nell'aria e così vanificarla. mica la dedicavo a te. piuttosto all'altra lei che proprio oggi si fa più vecchia. stai attenta a te!

29.4.06

quarta settimana

questo blog con difficoltà arriva alla fine del mese

28.4.06

francescano

eppoi un percorso tappezzato di duecentosedici idiosincrasie, la maggiorparte ingiustificate, il resto idiote. tra l'altro non sopporto indossare alcun tipo di accessori, come bracciali, collanine, occhiali da sole, piercing, anelli, fasce, bandane, cappelli, né i più diversi copricapo, orecchini, ginocchiere, galosce, spille, medaglie, gemelli, auricolari (spaziali) e men che meno orologi. con cui ho un rapporto diviso fin da bambino. abituato a farne a meno, ho affinato la capacità di indovinare l'ora d'istinto, forbice d'errore cinque minuti. sesto senso che, a dir il vero, s'avvale di minuziose rielaborazioni di precedenti, casuali, rapide occhiate all'orologio del telefono, del pc, del televideo, del campanile, del parcometro, della volta celeste. e se proprio non ne vengo a capo, chiedo al primo che passa... che, di primo acchitto, mi trova spoglio!

24.4.06

doppia lettura (solo per me)

un furgoncino verde dalla scritta “segnaletica stradale” mi perseguita da giorni. abito in un bilocale di un palazzo grigio, lì dove il quartiere bologna degrada verso la nomentana. ad un passo dal quartiere trieste, dal quartiere africano. e non sono lontane la tiburtina, san lorenzo, porta pia. lì dove il cantiere della metro b1 è oramai in piena attività. trasferito il mercatino, dipinte di giallo le strisce orizzontali, gradoni di cemento o di plastica costringono pure i pedoni a lunghe, tortuose deviazioni invece di comodi dritto per dritto, anche solo per attraversare la strada. ed è il furgoncino verde a dettare i ritmi dello stravolgimento urbano. spunta dove meno te lo aspetti dopo aver girato in tondo alla ricerca di punti chiave in cui lasciare nuove, fresche indicazioni. così plasmano la viabilità del circondario e mi chiudono in un labirinto da cui si esce con l’ingegno o forse la pazienza. occorre tener stretto il bandolo. ché roma, in queste settimane dell’anno, è la città più bella del mondo. soprattutto per via dei colori.

a khatmandu

A Khatmandu non c'eri più
ma ho visto i tuoi occhi
sull'asfalto blu
A Khatmandu quando ero giù
fra i fori e la stazione
c'era via Cavour

A Khatmandu, Rino Gaetano


21.4.06

lavori di gruppo (unico)

roma, universitaria, esame di gruppo, sei casi aziendali da risolvere, cinque uomini, due donne, protezione dal rischio di cambio, la long su una put è come una assicurazione, il divario dei tassi d'interesse, controlla il divario dei tassi, la macchinetta dei caffé è guasta, prestami cinquanta centesimi, dopo mi devi lasciare fotocopiare il libro, tutto trema ché di fronte le scavatrici scavano, verrà su un palazzo enorme, passami la repubblica, oh ragazzi, attenzione, ridisegna il grafico, basta solo un'equazione, mica le soluzioni si trovano su internet, già ho controllato su guuuugol, forse sì, forse no, gli altri dove sono arrivati, gli altri sono avanti, gli altri non esistono, la tesi a chi la chiedi, la tesi è a progetto, hai progetti, non a brevissimo termine, meglio il forward, il forward non costa nulla, e il premio della put, beh, questo si deve calcolare meglio, meglio dopo, stasera che fai, vado in palestra, e poi, poi non so, vieni a casa, ceniamo insieme, ti dico più tardi, secondo me abbiamo terminato, secondo me siamo solo all'inizio, secondo me domani potremmo già scrivere qualcosa, per oggi basta, siamo qui dalle otto, però domani alle otto qui, no, alle otto sono un morto, facciamo alle nove, sì, io dico alle otto ma poi si sa che son le nove, ok, facciamo alle nove, allora io arrivo alle nove e mezza, sei un idiota, lo so!!!

19.4.06

arzigogolato vale a dire inutile

la mia scrittura è involuta. al pari delle mie attività cerebrali. terminare questo, per esempio, è stata una faticaccia non da poco. pennac, in ogni caso, m'avrebbe assolto. non solo sul fatto che si possa lasciare un libro a metà, quanto sull'involuzione della mia scrittura. date le condizioni.

il motore di tutto è la vita... poi viene l'arte (m.bellocchio)

alle due, torno a roma. finalmente. dopo un po', qui, rischi di ammuffire. e il mancato arrivo di gorbacev in città è una novità che non scuote la noia quotidiana. a roma, ritroverò facce di gomma che mi sproneranno a studiacchiare. pena esame in fumo. anche il loro: è un esame di gruppo. sarebbe un peccato, ad un passo dalla laurea. e di un lavoro che non si sa quale.

l'importante è non essere bocciati dalla vita (mamma di federico)

e toccherà disturbare il professore della tesi al quale illustrare i miei progetti su debito&rating, che poi sarà più difficile l'atto del disturbo che quello dell'illustrazione, assentirà, assentirà, è l'istituzione che lo vuole, purtroppo! e mi rendo conto che non ho mai parlato della mia università, uno, perché non c'è molto da dire, due, perché le cose che mi squassano tendo a nasconderle.

io squasso, tu squassi, egli squassa, noi... (N.Zanichelli)

e magari salire a bergamo o a milano. da letizia. se il calendario dà una mano. è tutto così ravvicinato. non vorrei rimanere incastrato da impegni secondari. vorrei, a dirla tutta, abolire gli impegni a favore di gioiose occupazioni.

tra il dire ed il fare c'è di mezzo il dare (saggezza popolare)

15.4.06

Eli, Eli lama sabactani???

Buona pasqua un cazzo a chi pensa, qui è stato sempre così e così sarà sempre
Buona pasqua un cazzo a chi non osa e a chi osa solo dove non è proprio cosa
Buona pasqua un cazzo a chi dice, l’italia è perduta e a chi ha perso l’italia di mano, più di altri
Buona pasqua un cazzo a chi vuole scappar via e a chi è scappato già, pure da se stesso
Buona pasqua un cazzo a chi smette di sperare e a chi spera di smettere
Buona pasqua un cazzo a chi, a destra, sovverte e a chi, a sinistra, s’insabbia
Buona pasqua un cazzo a chi vota turandosi il naso e a chi vota dopo aver sniffato
Buona pasqua un cazzo ai giovani già vecchi, ai vecchi eterni giovani e a chi fa queste distinzioni
Buona pasqua un cazzo a chi ascolta mille dischi al mese e a chi ascolta mille volte lo stesso disco
Buona pasqua un cazzo a chi legge per evadere e a chi, fuori legge, evade
Buona pasqua un cazzo ai raccomandati avellinesi, manciniani, demitiani o diessini che siano e a chi si prodiga pur di entrare a far parte del circolo
Buona pasqua un cazzo agli automobilisti folli e agli addetti alla segnaletica orizzontale
Buona pasqua un cazzo a chi ti squadra senza saperti catalogare e a chi ti osserva passare senza saperti fermare
Buona pasqua un cazzo a chi non esce mai di casa e a chi esce per chiudersi in un’altra
Buona pasqua un cazzo a chi si barrica in se stesso e a chi si apre fin troppo spesso
Buona pasqua un cazzo a chi si sente battuto e a chi batte più forte pur di sentire
Buona pasqua un cazzo a chi dà risposte elusive e a chi non si fa domande per non patire
Buona pasqua un cazzo a chi sorride d’ordinanza e chi ha la faccia triste per opportunità
Buona pasqua un cazzo a chi, come me, dissipa ore e a chi, efficientista, vive due vite
Buona pasqua un cazzo a chi mi legge per caso e a chi mi legge, di proposito, senza scuse

14.4.06

sui giovani d'oggi ci scatarro su

finalmente ho scovato un ventenne forzista irpino. l'ho aggredito con una foga di socciana memoria, ma perché?, sì, ma perché?...., perché?, e lui, impassibile, mi ha confessato, per anticonformismo!

13.4.06

la storia dei "giuda iscariota" connazionali che per trenta denari non esitano a tradire... senza, poi, aver il coraggio di ammetterlo

non riesco a rintracciare nessuno che ammetta di aver votato berlusconi. chiedo agli amici più stretti e ottengo risposte indignate, Ma come, oh maynardo, dubiti di noi??? in un attacco di nervi incontrollabile, sputo frasi sconnesse, Uno su quattro, in italia, vota berlusconi, siamo in cinque inzeppati in quest'auto minuscola, fuori il giuda. silenzio imbarazzato. arriviamo a destinazione e il gruppo s'allarga. maxi-sondaggio dà la maggioranza assoluta a rifondazione. io, da ulivista, sarei oppositore. nessuno, e dico nessuno, che s'aggiri dalle parti dell'udeur in giù. allora, incredulo, passo alla fase successiva dell'indagine. Conoscete, almeno, qualcuno che voti berlusconi??? facce subito pensose rivangano tra ricordi antichi di conoscenze fugaci. e comincia il valzer delle ammissioni. Un mio lontano cugino, vota AN, attaccato com'è ai valori... Un mio ex-compagno di banco è dell'Udc, ma sai è figlio di... ma ancora, nessuno, ripeto nessuno, che frequenti un berluschino. eppure ci sono. separati in casa. noi fuori ad albeggiare. quelli, dentro a televedere. eppure questa contrapposizione non mi convince più. forse perché non funziona. ché la spina dorsale del paese è moderata, cioè mediocre, anarcoide, accozzaglia di gente diffidente, con un culto radicato per l'illegalità. avrebbe votato un fantoccio qualsiasi. ingurgitato televisioni comunque. un paese di merda. e tanta voglia di farne a meno.



non ne parliamo più!

11.4.06

analisi del voto

???

9.4.06

idioteque

ho messo due x. una sopra l'altra. come per ribadire. la seconda, dal tratto leggermente incerto. poi, mi sono segnato con la matita i due indici... ed è lì che mi son sentito un idiota!

8.4.06

dichiarazioni di voto ovvero del perché se promettessero di abolire pure le tasse universitarie, non farei una grinza

dicono sia stata una bruttissima campagna elettorale. rissosa, bizzosa, nervosa. la peggiore della storia repubblicana. può darsi. quando si comincia ad urlare, s’assottigliano le ragioni. da parte mia, ho cercato di starne alla larga. non ho assistito a nessun pubblico comizio. in tv, ho guardato soltanto i due duelli, ma del secondo in cucina arrivava solo il sottofondo surreale, lei è il moderatore?!?, lo moderi!!!, amici invitati a cena impedivano di seguire. per il resto rapide spulciate a repubblica o repubblica.com. questo perché, a chi segue le cronache politiche trecentosessantacinque giorni all’anno, la campagna elettorale, paradossalmente, non piace. non ci piace quando i politicanti smettono i panni dello stratagemma, del compromesso, del disegno politico abbozzato e dunque aperto a più soluzioni, e passano al vincolo di coalizione, al tutti per uno, uno per tutti, al votatemi per quello che farò, o per quello che non faranno gli altri, al trucco e parrucco et similia. esiste un divario incolmabile tra la politica di tutti i giorni, quella che s’occupa della soluzione pratica dei problemi della collettività (che esalta o affonda le qualità personali) e la politica, deformata, dei giorni che precedono le elezioni. nessuno può negare che persino il berlusconi del lavoro quotidiano a palazzo chigi-grazioli, abbia più dignità della maschera di cera che, oramai da mesi, siamo costretti a subire (o è sempre una maschera di cera?). noi, dunque, con presunzione abbiamo lasciato che la campagna elettorale se la sorbisse chi realmente era indeciso, e ci siamo opportunamente tappati le orecchie, affinché le polemiche elettoralistiche non ci deviassero dalle convinzioni, maturate nei cinque anni di questo governo, nei dodici del berlusconismo, nei dieci dell’ulivo, nei due del partito democratico. nessuna promessa c’avrebbe fatto cambiare idea, essenzialmente convinti dell’inutilità delle promesse. nessuna lettura di programmi dei partiti c’avrebbe distolto, profondamente persuasi dell’evanescenza dei programmi fatti salvi due/tre principi di fondo.

da blogger, poi, avrei voluto contribuire in maniera diversa. il viaggio elettorale, di desantisiana memoria, attraverso il racconto dei partiti minori, lega sud-ausonia e partito umanista, gli unici portati a termine, accolite di estremisti o velleitari, di visionari o cialtroni. avrei raccontato, bene o male, i partiti su cui ho stilato una classifica dei simboli. ma al numero uno, invece del movimento di del balzo, avrei inserito forza italia. sì, avete capito bene! una cavalcata, nei programmi di questi partitini che si chiude con un post su forza italia. ché, morale della favola, in un paese normale o solo nelle mie congetture sul paese normale, forza italia sarebbe rimasto movimento minore, il partito degli aziendali, un tre per cento assicurato e nulla più. poi, il disegno s’è arenato (non forza italia, purtroppo). non so perché. forse il tempo e la fantasia.

domani, voterò l’ulivo alla camera. al senato, under 25, avrei votato DS.

perché non credo che ogni voto-al-centro-sinistra-dunque-abbatti-Berlusconi abbia lo stesso peso!


buon esercizio di democrazia a tutti!

7.4.06

avanspettacolo

Fossi il Cavaliere mi preoccuperei. Che i coglioni, per forza di cose, sono sempre il doppio delle teste di cazzo!!!

Gianfranco Funari, riadattato

6.4.06

definitivo

Berlusconi "socialista" e la nuova destra in Italia
di Valerio Evangelisti da carmilla on line
La versione italiana del fenomeno mondiale chiamato “nuova destra”, e comprendente aspetti disparati ma coerenti come il neoconservatorismo statunitense, il fondamentalismo cristiano, il revisionismo storico, in Italia ha un nome e un cognome: Silvio Berlusconi. Non perché questo monopolista industriale passato alla politica sia individualmente all’origine del fenomeno, ma perché ha saputo farsene il catalizzatore nella penisola, e radunarne in un’unica compagine – almeno per un certo tempo – le diverse espressioni. Ciò malgrado l’assenza di un pensiero univoco e di una cultura unificante, sostituiti da tutta una gamma di atteggiamenti e di prese di posizione contingenti, a brevissimo respiro.
Ora che il governo Berlusconi sembra volgere al fine, è il momento di interrogarsi con pacatezza e lucidità su ciò che ha rappresentato in Italia. Esiste tutta una letteratura che si è concentrata sul personaggio, per sottolinearne le caratteristiche sgradevoli o equivoche, e che ne ha interpretato l’opera, quale presidente del consiglio, in chiave di instaurazione di un regime semi-totalitario.Chi fa propria questa interpretazione di solito non dispone di strumenti critici storico-economici capaci di raggiungere il livello strutturale dei fenomeni; e ciò in quanto per lo più professa un’ideologia liberale o neoliberale – vale a dire la stessa ideologia di cui Berlusconi è alfiere, sia pure in una variante estremistica e tinta di populismo. Se si compartiscono le coordinate ideologiche, diventa difficile situare con precisione sotto il profilo storico o delle idee l’oggetto studiato, perché le strutture contestuali appariranno date e non discutibili. Ci si arresterà quindi all’epifenomeno – specie se un’analisi più approfondita approderebbe al riconoscimento di una responsabilità propria, per non dire di una corresponsabilità.Chi adotta il taglio epifenomenico, tra l’altro, finge di dimenticare che Berlusconi è stato regolarmente eletto, e che i provvedimenti che lui e i suoi alleati di governo hanno adottato, inclusi i decreti e le leggi più aberranti, sono passati non in virtù di presunti “colpi di mano”, bensì con un uso totalmente legale della maggioranza schiacciante offerta loro dal sistema elettorale maggioritario. Chi si è battuto per quest’ultimo ha pochi titoli per denunciare il “regime” di Berlusconi, visto che ha approntato o approvato gli strumenti di cui l’avversario si è poi servito.Dovrebbe piuttosto chiedersi perché gli elettori abbiano votato un personaggio simile, dotato di un programma teso solo a soddisfare egoismi propri e altrui. L’ “offerta Berlusconi” non si sarebbe affermata se non avesse trovato nella società una domanda corrispondente, essenzialmente suscitata da altri.
Di norma, chi critica il Berlusconi “autocrate” e instauratore di un regime è consapevole del fatto che il personaggio gode delle simpatie di una parte consistente dell’elettorato, in alcuni momenti maggioritaria. Tende ad attribuire un consenso così largo al monopolio sui mezzi di comunicazione, e soprattutto sulla televisione (i canali Mediaset, poi, dopo l’ascesa alla presidenza del consiglio, anche quelli Rai). Lo stesso Berlusconi ha d’altra parte dimostrato di attribuire al controllo dei media un valore strategico, e il recente abbandono di ogni parvenza di par condicio in tema di interventi elettorali basta a dimostrarlo.Tuttavia, se l’egemonia sui media costituisce condizione necessaria per creare consenso, non è condizione sufficiente. L’Italia non è l’unico paese occidentale in cui, nel campo della comunicazione, esistono condizioni di monopolio pieno, parziale o di fatto. E’ stata l’Unione Europea, e non già il governo italiano, a esigere che le trasmissioni satellitari avessero in Rupert Murdoch (Sky) un gestore unico.D’altro lato, si è visto ripetutamente come l’unanimità dei media non sempre riesca a condizionare la società, quanto meno di fronte a scelte di fondo. Ne è esempio recente il rifiuto francese della costituzione neoliberale europea, malgrado infinite pressioni medianiche. E che dire, quanto all’Italia, della ripulsa popolare della guerra all’Iraq, fino a obbligare un’opposizione reticente a farla propria, seppure tra mille ambiguità? Di converso, quando un presunto opinion leader come Giuliano Ferrara, con l’appoggio di quasi tutte le forze politiche e di quasi tutti i media, ha indetto una manifestazione a sostegno di Israele, è riuscito a radunare solo una manciata di simpatizzanti.Non basta il potere mediatico a dare ragione delle fortune di Berlusconi, così come non bastano le troppo facili tesi cospiratorie. Bisogna andare più a fondo, il che significa partire da più addietro nel tempo.
Silvio Berlusconi non ha mai nascosto il proprio debito verso Bettino Craxi, per i molti favori ricevuti dal defunto leader socialista. Il debito andrebbe però esteso ad altri lasciti di natura immateriale. L’epoca dei governi di centrosinistra guidati da Craxi fu quella in cui le classi medie italiane presero coscienza di se stesse e rivendicarono il ruolo propulsivo che, fino agli anni Ottanta, era sembrato appartenere agli operai, usciti vincitori dal lungo autunno caldo ’69-’70.Il segnale era venuto dalla marcia dei 40.000 quadri intermedi della Fiat contro l’occupazione della fabbrica, nel 1980. Craxi completò l’opera sfidando direttamente i sindacati sul tema della scala mobile e riportando una vittoria schiacciante. Nello stesso tempo, a partire dal laboratorio di Milano, incoraggiò in ogni maniera l’ascesa di ceti di derivazione medio borghese e impiegatizia, spinti a investire in ambiti non direttamente legati alla produzione, come l’edilizia, le attività di servizio, la borsa; campi nei quali anche capitali modesti, se bene impiegati, potevano condurre a un rapido arricchimento.
Craxi, malgrado l’ideologia apparentemente diversa, fu l’equivalente italiano di Margaret Thatcher. Come lei indebolì fortemente le organizzazioni operaie, spingendole a politiche di conciliazione con il padronato; come lei agevolò la nascita di una borghesia di nuovo tipo, arrogante, intraprendente, sicura ormai di costituire il cuore della società. Si passò dalla timidezza dei ceti medi inferiori e dall’aristocratica distanza di quelli superiori a esibizioni sguaiate, in una corsa alla ricchezza che attribuiva ogni virtù al vincitore e ogni colpa al vinto. Se non si approdò a un vero e proprio “reaganismo” fu solo perché lo stato sociale non fu manomesso che marginalmente. Solo, si cominciò a metterne in discussione, se non la legittimità, quanto meno l’utilità.
Simili tendenze rimasero operanti anche dopo che Craxi fu costretto all’esilio e i maggiori partiti politici italiani furono travolti e distrutti dai processi per corruzione. La prima repubblica, a ben vedere, andava stretta proprio ai nuovi ceti medi rampanti, infastiditi da un’intelaiatura istituzionale che, ancora modellata su basi ideologiche “storiche”, non coincideva con la loro spregiudicatezza.Nella seconda repubblica fu proprio a quei ceti che si rivolse l’attenzione ossessiva delle forze politiche obbligate a ristrutturarsi. Sinistra e destra abbandonarono connotazioni classiste e retaggi ideali per fare delle classi medie l’unico referente, mentre, sul piano delle scelte internazionali, sopravviveva quale solo orizzonte un Occidente mitizzato, a sua volta visto come paradiso dei ceti medi.
I governi di centrosinistra della fase post-craxiana fecero ogni sforzo per spostare il risparmio dei cittadini dai tradizionali titoli di Stato al mercato azionario, mentre cercavano di abbellire la nozione di “flessibilità” per renderla appetibile a ciò che rimaneva della classe operaia – e spingerla così al suicidio definitivo. Questo, certo, in obbedienza ai dettami dell’economia mondiale dopo la caduta del muro di Berlino; ma anche quale scelta ideologica propria, conseguente all’opzione per i ceti medi quale primario referente sociale.Sotto il profilo culturale, cominciarono rapidamente a essere messi in discussione tutti i parametri su cui la prima repubblica era stata edificata, a iniziare da quello fondante: l’antifascismo. Già Craxi aveva promosso lo “sdoganamento” degli ex fascisti, invitati a partecipare attivamente alla vita politica dopo che avevano, a loro volta, eletto i ceti medi a referente e rinunciato alle asperità della loro ideologia (tipo il discorso antidemocratico, sostituito da un blando autoritarismo di tipo presidenzialista, o l’antisemitismo). Durante i governi di centrosinistra del dopo Craxi si moltiplicarono le rivelazioni di “crimini” antifascisti, a opera di comunisti pentiti, e si fece strada la tesi di una pari dignità di chi, nel 1943-45, aveva combattuto su fronti opposti. Tesi che trovò cordiale accoglienza in ambito accademico e nella pubblicistica corrente.Ovviamente, non era nell’interesse di nessuno – nemmeno dei post-fascisti – una piena rivalutazione di Mussolini. Era invece nell’interesse di tutti sommare +1 (antifascismo) a –1 (fascismo), per avere come risultato 0. Bisognava insomma azzerare ogni ideologia, per crearne una nuova, priva di addentellati storici, corrispondente alla richiesta dei nuovi ceti medi. Inclini per natura, come è ovvio, al puro pragmatismo.
E’ in questo contesto che Berlusconi poté affermarsi quale uomo politico di largo seguito e, nel 1994, accedere una prima volta al governo. Molti rimasero stupiti di come fosse stato capace di costituire il proprio partito praticamente da un giorno all’altro, e attribuirono l’evento al solo potere su televisioni e giornali (questi ultimi peraltro di scarso prestigio, almeno nel caso dei quotidiani). In realtà, Berlusconi intuì meglio di ogni altro che, nel vuoto e nella confusione lasciati dalla prima repubblica, ogni avventura politica era possibile, inclusa la costituzione di un partito fondato su palesi schemi aziendali.I quadri che raccolse, oltre che cooptati dal suo stesso impero economico, provenivano proprio da quella classe media “d’assalto” che si era coagulata nei due decenni precedenti e che avvertiva la mancanza di forme di rappresentanza adeguate – rimpolpati da figure secondarie di professionisti della politica sopravvissuti all’ecatombe di “mani pulite”.Ciò, come era avvenuto con Margaret Thatcher, provocò il disgusto dei conservatori tradizionali (ben rappresentati, in Italia, dal giornalista Indro Montanelli), che preferirono trarsi in disparte. Non erano più i ceti medi o medio alti a cui si riferivano a esercitare un’egemonia sociale. Era invece una piccola e media borghesia, spesso giovanile, di recente estrazione plebea, priva di solida cultura, dagli appetiti famelici, incline alla volgarità e allo strepito, edonista, spudorata nell’esibire il proprio cinismo.Che di “egemonia” si trattasse lo rivelarono i risultati elettorali, in cui si vide che la nuova classe era capace di mobilitare le altre, sia superiori che inferiori, anche contro i loro interessi immediati. Quanto al tessuto ideologico, esso era quanto mai confuso e cangiante. I nemici erano chiari: la “sinistra” (Berlusconi sembra non avere mai annoverato in tale schieramento il suo padre putativo, il socialista Bettino Craxi) e il suo equivalente semantico, “i comunisti”. Dove per “comunisti” devono intendersi anche i più timidi keynesiani, i riformisti all’acqua di rose e persino i liberali e i conservatori di vecchio stampo.Quanto alla pars construens, essa era molto meno definita. Si trattava, almeno in origine, di accentuare il liberismo già operante in economia, riducendo ulteriormente le remore poste dallo Stato all’azione imprenditoriale, soprattutto sul piano delle normative e della fiscalità. A ciò, in politica, corrispondeva solo in parte il liberalismo, visto che esso era temperato, da un lato, da una vistosa tendenza al bonapartismo e, dall’altro, da influenze clericali per ciò che atteneva ai diritti civili. La politica estera, per sua parte, era interamente delegata agli Stati Uniti, di cui l’Italia ambiva a essere una sorta di rappresentante in Europa, anche a scapito dei rapporti con gli altri paesi dell’Unione.Se vogliamo cercare analogie, le troviamo, bizzarramente, fuori dal vecchio continente, nelle politiche del presidente messicano Vicente Fox. Ma si tratta di un esercizio sterile. In realtà il “modello Berlusconi”, se tale si può definire, non ha base ideologica dai contorni netti. In certi momenti diverrà catalizzatore di ogni tipo di tendenza reazionaria; in altri si colorirà di populismo. Unica costante, la base sociale di cui dicevo, blandita in tutte le maniere, e un perenne pragmatismo, nemico dei progetti di troppo lunga portata.Le nuove classi medie, giunte al governo dopo avere schiacciato le vecchie, e con esse tutte le altre classi, adottarono dunque – nel leader carismatico prescelto – il punto di vista dettato dalla loro nascita recente. Insofferenza per le costrizioni istituzionali; ricerca dell’impunità; soddisfazione degli interessi immediati a scapito della nozione di “bene comune”; visione incapace di spingersi nel futuro. Ciò che viene di solito attribuito a Berlusconi, appartiene invece ai ceti di cui questi era ed è espressione.Più di recente, alcuni intellettuali di modesta levatura hanno cercato di strutturare questo coacervo di impulsi e di cercare vincoli col pensiero neocon statunitense. Tempo perso. La base che sostiene Berlusconi è irriducibile a un sistema ideologico qualsiasi, e costituisce una specie di “destra apolitica”. In questo senso, e solo in questo, si può parlare di una “nuova destra” in Italia.
Sotto il profilo culturale, continuò ovviamente la voga revisionista, in sintonia del resto con tendenze restauratrici operanti su scala mondiale. La complicità di parte del mondo universitario fu in questo senso determinante, dato che è nelle università che si elaborano le tesi destinate poi a essere riprese, se in sintonia col clima politico, dagli editorialisti dei media più influenti.In Italia ciò assunse le forme – tuttora operanti – di una vera e propria offensiva tesa a ribaltare giudizi consolidati, su momenti storici in cui erano in gioco rapporti di forza. Ancora oggi, nelle università italiane, opera una minoranza molto agguerrita di docenti che riabilita l’Inquisizione contro il libero pensiero, il colonialismo contro le idee di autodeterminazione, i moti reazionari plebei contro i riflessi in Italia della Rivoluzione francese, il franchismo contro la “repubblica dei senza Dio”, ecc. Tesi prontamente riprese e divulgate dai quotidiani, non sempre e solo di destra, e dai (pochi) programmi “culturali” televisivi.
Naturalmente, cuore di ogni revisione resta il giudizio sull’antifascismo, e cioè sulle idee fondanti della repubblica italiana. Qui si è manifestato con maggior vigore uno dei fenomeni che hanno accompagnato le fortune di Silvio Berlusconi: il “pentitismo” di non pochi esponenti, veri o presunti, della sinistra. Tra i sostenitori del premier si contano a dozzine gli ex comunisti, gli ex antifascisti, gli ex militanti dell’estrema sinistra. Nel campo del revisionismo storico, sono stati costoro a giocare un ruolo fondamentale.Un caso tipico è quello del giornalista Giampaolo Pansa. Con un passato di antifascista, collaboratore del settimanale di sinistra (più un tempo che oggi) L’Espresso, si è specializzato in volumi, partoriti a getto continuo, sui “crimini” della Resistenza. La documentazione è dubbia o lacunosa, le imprecisioni sono innumerevoli, ogni episodio è isolato dal contesto. Ma ciò non conta, rispetto allo scopo; che non è rivalutare il fascismo, quanto fare tabula rasa di ogni sistema di valori e di ogni valutazione autenticamente storica, sostituita da una sorta di cronaca nera a posteriori.Un sistema già adottato, da parte della sinistra moderata, nei confronti dei sommovimenti sociali degli anni ’70, letti solo in base al concetto di legalità, strappati al quadro temporale, ridotti a fatti di interesse solamente giudiziario – fino ad approdare, nei casi peggiori, alle teorie cospirative che sono il surrogato, in ambito neoliberale, della filosofia della storia.E’ triste dirlo, ma la “nuova destra” italiana non sarebbe mai sorta senza il concorso attivo della sinistra.
Malgrado uno scenario estremamente favorevole, il progetto di Silvio Berlusconi ha raccolto in ambito culturale risultati miserabili. Sono intellettuali di levatura secondaria quelli accorsi al suo appello, commentatori giornalistici e televisivi, divulgatori senza peso che non sia epidermico, spesso strappati agli alleati di destra o agli avversari di sinistra. Appaiono con frequenza ossessiva nei talk show, nelle trasmissioni sportive, nei programmi di varietà. E’ chiaro che la dimensione mediatica è la più confacente a chi è portatore di un pensiero la cui unica base, liberismo economico a parte, è la guerra contro la memoria e contro ogni forma di profondità.Ancora peggio è andata a Berlusconi e ai suoi seguaci in ambito letterario. Non vi è in Italia alcuno scrittore di rilievo che si dica “berlusconiano”, a parte il manipolo di ignoti che si ritrova sulle pagine della rivista Il Domenicale, stampata in migliaia di copie che regolarmente rimangono invendute (completamente diverso sarebbe il discorso su chi invece si colloca più a destra di Berlusconi e rifiuta il centrodestra in nome della destra pura).Se il calibro mediocre degli intellettuali è sintomatico della non-ideologia di Berlusconi, l’assenza di scrittori alla mensa del premier indica molto di più. Vuole dire che la colonizzazione dell’immaginario degli italiani non è stata totale, visto che non ha coinvolto quanto meno un segmento dei fabbricanti di immaginario. E il discorso potrebbe essere esteso, con differenti articolazioni, a cinema, teatro, arti figurative ecc. Strumenti comunicativi meno immediati della televisione o dei quotidiani, ma capaci di lasciare un’impronta più profonda.L’essere “estranei” a Berlusconi, naturalmente, non significa essere “contro”, né avere colto la sostanza ideologica e sociale del suo sistema. Sta di fatto che il mancato controllo dell’ambito letterario e culturale tradizionale, malgrado il possesso di alcune delle principali case editrici (che pubblicano autori ostili al massimo azionista sia per indipendenza propria, sia perché sono i soli richiesti dal mercato), costituisce un fattore di debolezza. A esso Berlusconi non può porre rimedio, perché la cultura “di lunga durata”, con le sue dinamiche, è ignota a lui e alla maggior parte dei suoi collaboratori.L’ostilità del mondo culturale e letterario può essere valutata, in tutta la sua pericolosità, solo da chi con essa abbia dimestichezza.
Silvio Berlusconi è in crisi e la sua caduta, al momento, appare ineluttabile. Non che i nuovi ceti medi che ha saputo rappresentare per alcuni anni siano scomparsi; tutt’altro, la loro egemonia perdura. Solo che, in una fase in cui le possibilità di arricchimento rapido si restringono, manifestano la necessità di qualcosa di più solido di una forma di governo fatta di nulla, priva di programma, di ideologia, di proposte che non siano contingenti, di visioni ampie. Sicuramente quei ceti, all’allievo di Craxi, preferirebbero oggi un nuovo Craxi. In mancanza di meglio, si volgono al centrosinistra.Un giorno bisognerà riconoscere che Berlusconi è stato, a suo modo, un “rivoluzionario”. Ha sovvertito la vita politica, la comunicazione, lo Stato, ogni istituzione che ha potuto sovvertire. Ma il suo ruolo ricorda quello che gli agitatori giocano agli inizi di una rivoluzione, salvo essere messi in disparte pochi anni dopo da chi possiede un progetto più duraturo.La “nuova destra” italiana, il neoliberalismo, non sono morti, ma certo non hanno più in Berlusconi il loro esponente di punta. Se anche, per miracolo, vincesse nuovamente le elezioni, sarebbe comunque già morto. Ha eretto un sistema fondato sulla finzione, operazione di sicuro successo nel paese che ha dato i natali alla commedia dell’arte e ha un culto per i Pulcinella. Ha reinventato i comunisti per avere un nemico identificabile, ha simulato basi ideologiche per giustificare il proprio empirismo, ha evocato mete chiaramente irraggiungibili credendo di farle concrete attraverso la reiterazione del rituale evocativo, ha spacciato sogni suoi nel tentativo di renderli collettivi. In simultanea – ed è tratto caratteristico – modificava se stesso attraverso ripetuti interventi di chirurgia plastica, nello sforzo (in parte riuscito) di far dimenticare la propria identità di settantenne.Di Berlusconi e della sua “insurrezione” neoliberale, dopo l’abbandono da parte dei ceti medi, rimarrà una maschera. Ma con lui non sparirà la “nuova destra” italiana. Al contrario. La destra vera deve ancora venire.

(Relazione pronunciata a Siviglia, il 27 ottobre 2005, al convegno Nueva derecha: ideas y medios para la contrarrevolución, organizzato dalla rivista Archipiélago e dalla 'Università Internazionale dell'Andalusia - Sezione Arteypensamiento.)

4.4.06

sfasci

meglio coglioni che bassi!

si scriverà d'altro

2.4.06

week end meneghino

in treno fino a milano, munito di faccia comune, un treno davvero speciale, solo donne uno e novanta – sessanta – novanta, torco innaturalmente il collo pur di osservarle ma sgusciano via tra firenze e modena. tre giorni a milano per la laurea (o diploma?) di a. all’accademia brera, atmosfera leggera, estrosi a schiera. laboratorio di scenografia, ciak numero uno, in mezzo a frotte di studenti che continuano a inventare. ma la discussione si rimanda quarto d’ora dopo quarto d’ora, ché il relatore-filosofo, dal nome Strano, tarda, e poi, non c’è colpo di scena, arriva e introduce (ieratico) la tesi, decantando la maturazione non solo intellettuale, ma pure ideologica (!!!) del candidato. il quale, emozionato, avvia la sua prolusione con un simpatico, Benissimo! nel frattempo m’intrattengo con due sue amiche, di cui una, bergamasca, di nome letizia, la quale m’incanta, timida com’è, e delicata. cerco di portarla dalla mia, tra sussurri ed evidente divario di accenti. e una volta chiusa la discussione, a. prende il massimo tra il giubilo dei convenuti irpini, m’invita allo spettacolo di marionette dell’accademia del giorno dopo. e il giorno dopo, dopo quelle cose che si fanno per festeggiare una laurea, cena, foto, ubriacatura, cazzeggio vario, districarsi tra parenti estranei e dopo quelle cose che si fanno perché a milano, puntatina al castello sforzesco, giro alla galleria, intrattenimento a piazza duomo, memoria a piazza fontana, corso accelerato di orientamento in metro, torniamo in accademia. a cercar letizia. che mi racconta come si costruisce una marionetta, dei maestri-artigiani che ancora le costruiscono, della famiglia colla di milano, del professore di sarzana, di bergamo o meglio zanica, del centro sociale pacì pacciana, delle sue biciclettate, di critical mass, dell’appartamento-comune del suo amico a tiburtina, del suo bel mondo. poi lo spettacolo inizia. un quartetto suona mozart. in scena, arlecchino, colombina, dott.balanzone, pierrot. un bel vedere. Ti è piaciuto, Sì, mi è piaciuto moltissimo, Ai tuoi amici non tanto, scalpitano, sbuffano, Boh, non so, perché si capisce se uno è interessato o meno, Certo, dice lei, sorridendomi. deve aver capito che ero interessato davvero come lo sono per il suo bel mondo. purtroppo devo andare, ché i programmi erano altri per il pomeriggio, ci lasciamo senza saperci lasciare, un venti minuti, di battute incerte. dice che a maggio verrà a roma, per il raduno critical mass e magari ci si vede. ma come? non le chiedo il numero di telefono, ché a. m’aveva detto che non ha cellulare (che gran cosa oggidì), allora punto su internet, pure questo scarsamente utilizzato. però strappo la mail, un bacio, una mezza promessa di reincontro, e andiamo via. poi nulla più. se non una serata all’alcatraz, una mattinata persa a sesto dietro un libro di debord, ed il ritorno a combattere di sguardi una che pure non desiste. allora desisto io, prendo la rivista di trenitalia e sorprendentemente in copertina c’è una marionetta. titolo cubitale, il genio e le teste di legno. leggo avidamente l’articolo, sul festival mozart delle marionette , su carlo colla, e allora mi convinco che debbo scriverle. anche solo per assecondare le circostanze…

29.3.06

fegato, fegato spappolato

non studio non lavoro non guardo la TV
non vado al cinema non faccio sport
io sto bene io sto male io non so
cosa fare non ho arte non ho parte
non ho niente da insegnare
è una questione di qualità
o una formalità
non ricordo più bene, una formalità


CCCP - Io sto bene


come sono bravo a mantenere le distanze io nessuno mai. di parole pescate a casaccio mi sono creduto appagato, intanto disperdevo energie, tempo e desideri. accanto i compagni di una vita, sempre diversi, sempre uguali, quelli che non si fanno mai domande, per paura di cadere, che io soppeso di sottecchi, per capire dove possano arrivare, con il nulla da offrire, nulla più di quanto gli offra io. né calore, né colore, né ardore. al massimo autoironia. destino contadino, sparato in altra epoca, e dunque fuori posto, sfasato, ferito, sfinito, (sfigato). mi rintano in me stesso dove non ci sono più tesori da scovare. esco fuori dal mio corpo e non mi va di lavorare. abbracci mai leali, sguardi mai animali, baci mai sicuri. c’è chi dubita di me, come se da un momento all’altro potessi davvero impazzire. talvolta anch’io m’abbandono all’autocommiserazione (non si direbbe, eh?). poi ne scrivo: è terapeutico. la crisi e il ritorno. risuonano le campane del riscatto, la pace con me stesso, le mille correzioni prescritte, un sorriso in più da regalare, poi di nuovo scoramento a scoprirmi sempre uguale. quanto ci piace essere problematici e senza problemi?!? nessun passato pesante, nessun presente opprimente, solo un domani evanescente da non risolversi a far niente

28.3.06

scansiamo i luoghi comuni

il caimano di moretti non è un film su berlusconi!

27.3.06

alé andrea, alé italia

... quanto mi mancano le telecronache di coppa davis!

25.3.06

attese

non vedo l'ora di barrare il mio simbolo sulla scheda con la bomboletta spray... altro che voto elettronico!

24.3.06

precarietà

un amico torna straziato d’amore. lo consolo a modo mio e la cosa mi scuote dall’intontimento. mi chiede cosa stia leggendo. gli rispondo. poi gli consiglio il libro che, paradossalmente, a suo tempo, lenì le mie pene. per un attimo dimentico del fatto che, allora, lui era invaghito della stessa donna, la mia. malgrado tutto io ne sono uscito. devastata l’immagine di lei. ricucito il rapporto con lui. d’impeto acquista il libro. promette di leggerlo subito. è evidente che c’è un filo che lega tutto, un significato da decifrare. che un’intera vita si può rappresentare in quattro scene. figurarsi un amore. che contagia!

22.3.06

numerologia

è il post numero 200 per blogger.com, il 195esimo per l'ISTAT, il 250esimo per il Governo, il 139esimo per la Commissione Europea... per me di "post veri" ce ne sono una manciata!

21.3.06

piazza mincio

e c'è un tempo per vendere
e un tempo per amare
e c'è uno stile di vita
e un certo modo di non sembrare
quando la notte scende
e il buio diventa brina
e uomini ed animali cambiano zona
lucciole sulla Salaria e zoccole in via Frattina
e tutto si consuma e tutto si combina
per le strade di Roma


Per le strade di Roma, Francesco De Gregori


se non fosse per queste strade, scoperte quotidiane, in cui m'aggiro sorpreso, sarei già su una nuvola

20.3.06

previdente

per meglio maneggiare la prossima scheda elettorale mi sono iscritto ad un corso di origami

19.3.06

tedio domenicale

in domeniche come questa non puoi che preparare valigie, serrare saracinesche e fuggire lontano

18.3.06

il mio barbiere

Il mio barbiere è un gradasso di paese come ce ne sono a decine, nel paese dei compromessi fatti pur di recedere dalle promesse. Il mio barbiere ha un’anima, rovinata da cento disgrazie, uno che la vita l’ha presa di faccia o che la vita ha preso di faccia lui. Il mio barbiere, a cinque anni, s’è sparato mentre giocava con la pistola del nonno. Sopravvissuto per miracolo, ha una pancia enorme per gli interventi che l’hanno ricucito. Il mio barbiere ha la quarta elementare perché gli piaceva “far commedia” ma sa far di conto, non ha bisogno di calcolatrici. Il mio barbiere impara il mestiere e va a lavorare a Torino dove il salone è magnifico, i signori sono ben vestiti, la paga è buona e lui, presto, primeggia. Il mio barbiere, a Torino, va a donne e scopre cos’è la vita, altro che qui. Il mio barbiere, però, poco dopo ritorna a casa per stare accanto alla madre malata e si mette in proprio. Il mio barbiere si sposa. Il mio barbiere ha la prima figlia ancora traumatizzata per le scosse del terremoto dell’80. Il mio barbiere ha la seconda figlia che ha fatto le medie con me, ma lui non lo sa. La seconda figlia del barbiere scappa di casa a sedici anni e rimane incinta. Il mio barbiere perde la moglie due anni fa. Il mio barbiere, intanto, s'era fatto un’amante, di molto più giovane, e subito va a convivere con lei. Fra qualche mese il mio barbiere si risposa. Otto mesi fa, la seconda figlia del barbiere viene lasciata dal compagno, è senza lavoro e mediamente disperata. Teme di perdere il bambino che ora ha sei anni. Il mio barbiere, ultimamente, ha il salone sempre vuoto. Il mio barbiere, unico caso nella sua categoria, mi racconta tutto questo con sguardo fiero e pacchi di dignità mentre sgrano gli occhi allo specchio, da me non vuole sapere nulla. Il mio barbiere mi smuove ogni volta. È mio fratello ma non per questo ho idea di come aiutarlo!