31.8.06
29.8.06
tutti i miei break
e correvo di memoria alle partitelle infinite di calcetto di noi dodicenni, quando c., stremato dai colpi di sfortuna e dalla scarsa partecipazione della squadra, s’avvinghiava sul super santos di turno, il terzo del pomeriggio?, e lo sparava in aria, col suo destro potente, unico suo piede disponibile, in verità, e noi naso in su ad ammirare quel portento: un lancio da “quinto piano”, talvolta uno stupefacente “sesto piano”, proprio in faccia allo zio, che ammirava dal suo balcone le nostre prodezze.
le cose non vanno meglio al tennis. ieri, sconfitto 4-6 6-1 3-6. colpi da registrare: diritto, volée di diritto, volée di rovescio, servizio, rovescio liftato… non posso cedere, a cuor leggero, tutti questi break!
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maynardo
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25.8.06
un giorno in petruro (come promesso)
ho terminato di leggere “zazie nel metrò” di queneau e ho fatto pace con la letteratura. s’invecchia perché diminuiscono le occasioni per stupirsi. mentre la mia irrilevanza nel mondo delle lettere (altre) è talmente risaputa che le poste ignorano il mio recapito che dopotutto manca di numero civico. percorrere in auto due chilometri di discesa, pur di evitare, al ritorno, una ripida ascesa da appiedato, offre il fianco alle disapprovazioni dei parenti.
la password del mio blog è cosa quasi-pubblica. la mia faccia, ancora no. una stupida barba stupidamente la occulta!
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maynardo
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18.8.06
pazzia guerra
andare con lo sguardo oltre alle montagne del quadro che hai davanti
se vuoi vittoria avrai vittoria
se vuoi sconfitta avrai sconfitta
ma poi il destino in naftalina mai
non chiuderlo in soffitta
lascia stare – samuele bersani
s’impazzisce per poco. non sempre in modo eclatante. spesso, invece, è una strisciante follia che serpeggia. in casa altera rapporti familiari, sfornando improvvisi mutismi, silenziose porte in faccia. se fossi un ultras del compromesso, griderei slogan formulabili senza fatica. e invece m’impiccio nella dizione esatta delle parole e la corsa nella stanza accanto, in cerca del vocabolario, mi è fatale.
se fossi più simpatico, sarei meno antipatico. così da rendere meno sgradevole il tuo girare attorno pur di non incrociarmi. emano energie alterne, sfoggio personalità contrastanti, però di peggio è contrassegnato il mio passaggio, non mi lamento. torno al blog con cadenza personale, non posso farne a meno, nonostante mi autocensuri, mi autoallontani, mi autoinganni, mi autoilluda
detesto tarante, pizziche, ogni tentativo rabberciato di recuperare tradizioni umiliate per decenni. tra l’altro non ho bisogno di sapere che il mio trisavolo fu un “onesto brigante” per amare la mia terra, su cui, magari, sputo ogni santo giorno, calpestando diritti, disattendendo doveri. è un discorso populista, il mio, odioso e giustificatorio. detesto le tarante, le pizziche soltanto perché, a pelle, mi sorprende la loro inaspettata “popolarità”.
pianifico programmi di studio sistematicamente infranti. su carta bianca, segno i numeri dei giorni che ancora mancano alla data del penultimo esame. poi, applico oscure equazioni algebriche, (numero di capitoli * quantità di ore necessarie): giorni di studio, e pervengo a risultati subito contestati dalla quasi maggioranza scansafatiche, la cui mozione “merenda + vagabondaggio casalingo” passa clamorosamente, allontanando laurea e dopolavoro.
è in giorni come questi che m’angustia la possibilità di tutto, l’approssimarsi del niente, l’afa opprimente, i pomeriggi al vento, i mulini. è in giorni come questo che mi trovo a scrivere, quasi naturalmente, cose di poco conto ma necessarie perché possa continuare. a scaricare (in mare) la mia particolare forma di pazzia che altrimenti serpeggia in casa, indisturbata.
è in giorni come questi che me ne sto ad aspettare il tuo amore!
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maynardo
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12.8.06
ragazzo (triste) dei platani *
ragazza triste dei platani, non barare al trucco, dimmi cosa smunge il tuo viso e rende i tuoi passi pesanti? quale pregressa scienza ti indica quando è il momento di mostrare il profilo, smuovere la folla, sederti sul muretto basso quel tanto che basta, spingerti quasi in strada in pasto ad automobili vocianti e semi immobili, che sfilano rubando attimi altrui e sputando dai finestrini “c’è meno gente di ieri, più di domani!”? cosa solletica la tua fantasia, una catarsi orgiastica, o più piamente, la speranza di rinvenire nel muro gommoso di folla, finalmente, occhi freschi da spiare, poi, solo eventualmente, da sposare?
ragazzo triste dei platani, non eludere le risposte, dimmi cosa ispira il fumo delle tue sigarette, quale paternalistica immagine hai dell’autorità per cui occulti il fumo, minimizzi l’azzardo di una ubriachezza così da nasconderti nelle viottole laterali quando non è il più momento di farsi vedere? quale guru iperreale prendi a modello per i tuoi vestisti sgargianti, abbrozzanture gelatinose, acconciature solidificate? confessa: quale verità scorre nelle tue conversazioni giocose, o quale bugia, in un spettro che va dal pettegolezzo trito alla speculazione filosofica de noantri?
ragazza triste dei platani, va’ dritto al succo, non divagare, spiegami chi è in, chi out nella rafferma movida cittadina, perché il neo-locale fighetto riscuote successo solo per i primi due mesi per poi marcire nel dimenticatoio? viaggi e presagi? quando è il momento di oltrepassare i confini cittadini, quando estendere quelli mentali? sussurrami, infine, cosa succederà quando pure l’ultimo platano malato sarà sradicato e verrà il tempo di guardare in faccia la luna?
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10.8.06
Il migliore
l’aereo romba e s’alza in volo. c’è una bomboletta d’ossigeno qualora ce ne fosse bisogno. roma che diventa, in breve, minuscola. chi vi sarà mai in quel puntino d’auto che scorre leggera? il colore del mare non è il blu. le montagne, talvolta, sono piatte. le nuvole, perforabili. atterra oltralpe, tra orologi di precisione di cui si fa a meno e banche d’affari in cui ci si fa un sacco. così le ambulanze sfrecciano tra i pedoni e medici d’assalto soccorrono infartuati in doppio petto. la guerra quotidiana dove regna la pace.
alla frontiera, si alzano le mani provocatoriamente e si mostrano carte d’identità che tardano a diventare tessere e si guadagnano l’ennesimo espatrio. gendarme che sorridi, sai indicarmi sul mappamondo schengen? ti ruberei il lavoro solo per ballare in equilibrio sulla linea immaginaria del confine e per poter requisire barattoli di marmellata. proseguire per stramangiare carni assortite e vedute notturne di temporali lontani, ginocchia rannicchiate, per i tormentoni sguaiati.
colpi così arrivano implacabili persino quando annunciati da sguardi preoccupati e improvvisi silenzi. la pietra raccoglie bene le lacrime fino a scalfirsi. passi muti su strade deserte, quando pure avere la testa alta conforta. uno in meno, costretto a rientrare. si continua perché il contesto lo esige. mi ritaglio un ruolo ulteriore perché non si nasce eroe e c’è sempre posto per camminare in testa al gruppo, quando i passi si fanno pesanti.
le città sfilano. le categorie con cui le giudichi restano immutabili. c’è un lungo inverno di letargo per assestare colpi alla coscienza. musei annichilenti. più vicino al codice da vinci che a leonardo, nonostante quello che si dice in giro (non su di me). piazze splendenti, palazzi che suonano, palazzi che gemono. barboni al vento, eleganza dimessa, per contro riluce nostra provenienza. ogni luogo comune conserva una radice verde. ogni luogo comune va sfatato.
corre il treno, corre. paesaggi da classica del nord. sul pavé della roubaix, scatterei oltre il dolore fisico. invece, quello tenue che origina dai rapporti umani sterili, finiti prima di iniziare, o che iniziano da una fine, prosegue infarcito di divertissement, avvertiti dal gingle della sncf, ed ha gli occhi disperati e il sorriso gratuito della puttana tolosana di colore che chiede tre euro per una bottiglia d’acqua.
"ad appagarlo bastava il fatto di viaggiare, che lo rilassava, riducendo i moti intimi, quelli che non lo portavano da nessuna parte, dove stava lui e lei non c’era, oppure dove stavano le sue ambizioni e lui non era ancora arrivato."
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25.7.06
paura di volare
maynardo, in compenso, rimanda qui. che triste!
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23.7.06
su flux... alla grande!

“bene, bene, bene!… eccoci a viva la musica che ci vedono da tutto il mondo col satellite… un bacione a tutti: acchiappa tiè!… fra poco cominciamo con le dirette ma prima vi diamo il numero per i contatti… alla grande… mentre sotto compaiono le date dei grandi concerti di gigione e jo donatello per festeggiare tutti insieme nelle piazze… alla grande!… a proposito, domenica saremo a montefalcione per la festa della pizza, mentre lunedì a serra di pratola, sempre in provincia di avellino. mi raccomando, accorrete numerosi, alla grande… ecco la prima diretta… PPPPPPPPronto???… pronto amore, pronto amore???… sono antonietta da cervinara e vorrei ascoltare assiettit nzino a me da donatello, e la campagnola da gigione e fare un saluto a tutti quelli che mi conoscono… benissimo, alla grande, le faremo subito, perché il nostro padrone siete voi: il pubblico!… un’altra diretta!!!… PPPPPPPronto???? sakjdjahkzdkasjhzma, (disturbato)… PPPronto???…. mi raccomando, ci dovete sentire per televisione e parlare per telefono altrimenti non si sente niente…. allora, regia, siamo pronti, alla grande??…. PPPPronto????…. sì, gigione, sei troppo bravissimo, tu e jo donatello…. grazie, sei troppo brava, tu che ci ascolti sempre, vero???… sei, la nipote di antonio, che sei venuta al concerto a caivano??? sììììììì, alla grande!…allora vuoi fare qualche saluto, ascoltare qualche canzone che ti dedichiamo?… vorrei fare un salutino a mio cognato, mio suocero e a tutta flumeri e vorrei ascoltare mi piace il gelatino… ok, te la faccio ascoltare subito, e un saluto agli amici di flumeri… ora, stop con le dirette, e facciamo un assaggino di “mi piace il gelatino” e uno di “zi’ nicola” e poi devo fare un sacco di salutini, alla grande…. Vai, regia, vaiiiiii… e qual è il problema?
ti piace, ti piace, ti piace il gelatino?
al gusto di panna, pistacchio e cioccolato
ti piace, ti piace, ti piace il gelatino?
poi la fragolina la devi dare a me
gigione è inseparabile dal suo cappello. ne ha di tutti i colori: gialli, verdi, neri, rossi. Spesso li abbina sapientemente con la camicia o i pantaloni. Gigione ha una mimica straordinaria, è un animale da palcoscenico, mossa a destra, colpo a sinistra, ciondola la testa, dimena i fianchi. gigione alterna canzonette religiose a hit inzeppate di colpi sessuali & grugniti. gigione è il padre. jo donatello è il figlio. che avrebbe meritato sanremo, non solo il palco di candida ma poi, vai a capirli quelli là. jo donatello fa canzoni per i giovani o gli innamorati, talvolta sforna successi indimenticabili, talaltra toppa, ma d’altronde è figlio d’arte, il figlio di gigione. meglio qua.
sonnecchiavo sul divano e mi sono innamorato di gigione e jo donatello. subito ho preso il telefono e ho ordinato dieci cd dei nostri, in modo da averne in regalo un undicesimo. non ho avuto il coraggio di farmi passare in diretta, poiché sono timido, ma magari un giorno. infine, ho sbirciato in alto a destra, per memorizzare il canale televisivo dello spettacolo, sì, era proprio flux, non sarebbe potuto essere altrimenti, non esiste musica più indie di questa e infatti dopo è andato in onda andy milonakis!!!
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17.7.06
maynardo VS irrilevanza = 1-2
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13.7.06
bombardieri su beirut
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11.7.06
non so copiare
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9.7.06
evasione? sì, dopodomani!
nessuno dei due risultati cambierà di una virgola l’esito davvero importante
che mi giocherò a partire da dopodomani,
con te che altrimenti scappi via.
ché sempre le cose si risolvono “dopodomani”.
la cosa mi diventa chiara
mentre
me ne sto spento sul divano,
la tv sintonizzata su AV,
allora mi scuoto,
e di salto triplo in salto triplo
mi dimeno in corridoio
spensierato
la bicicletta è da andrea
altrimenti m’avrebbe fatto gioco
l’ordine nella mia stanza è in subordine
ho mille foglietti da cui copiare
ho mille errori da evitare
basta che le cartuccelle sfilino bene dalla tasca
senza fruscii
e mani capaci di coprire quando opportuno
un giorno mi sarei sentito una merda
a frodare
a sudar freddo pur di mentire
onesto per ideale
ma ora è diverso:
le evasioni sono di per sé senza legge
…
cazzo, il faro luminoso:
scoperto!
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8.7.06
invece dell'arbitrage pricing theory
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7.7.06
matrimoni
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5.7.06
dead team walking
siamo belli e sporchi: è questa l'anomalia italiana?
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2.7.06
italo - spagnola
allora ho guardato con occhi nuovi alla mensa, e ai personaggi curiosi che la popolano, al “pelo”, tanto simile a piero pelù, al cuoco ubriacone e sparlante, allo zoppo sparecchia tavole, ai quattro gatti, sempre uguali che vi mangiano mattina e sera, mentre starnazzano di calcio, esami e, solo se resta tempo, di donne. e forse guardavo con occhi nuovi in mensa, già prima che ti conoscessi, visto che è come se ci fossimo conosciuti in mensa, perché ci guardavamo…galeotto fu uno scarabocchio!
dopodiché l’aula studio, occasione di svago, pause spesse per un “solero”, per riempire le bottigliette d’acqua, per dire, allora, come sei fatto? oppure, almeno all’inizio, di politica&sesso: zapatero è moderno, aznar è corrotto, berlusconi-cosa-vuoi-che-ti-dica?, chi è il leader della sinistra?, beh, prodi, chi?, prodi, era alla commissione europea, cosa?, aspetta ti faccio vedere il ritratto che gli ho fatto sul mio quaderno. gli italiani sono metrosexual, look gay, pur eterosessuali, anche qui, cosa vuoi che ti dica? mi vesto male da una vita.
e la passeggiata, classica un tempo, la prima che feci, una volta a roma, solitario, nomentana - via venti settembre- quirinale – fino a piazza s.maria dei monti, per (ri)trovarsi meglio di quanto ci aspettassimo e non poter osare, per via di javi, il ragazzo di logrono, e le storie parallele che aleggiano senza pesare. sarebbe stato bello se ci fossimo conosciuti a settembre. sì, sarebbe stato bello ma “le cose succedono così!”. "mentre il cielo chiarisce per l’alba", non c’entra nulla hobbes, lascia stare i discorsi inutili. Sono “lelo”, scusami. e quando non mi capisci, è perché accentuo la cadenza, o ciancio sottovoce parole di troppo.
e il mio esame che non va. e i tuoi che vanno alla grande
poi, finalmente, dodici ore assieme, nel giorno di italia-rep.ceca. a villa celimontana: un gran silenzio, solo donne e bambini e zanzare; urla strozzate, o abbiamo segnato o abbiamo subito un goal, cosa vuoi che cambi?, vorrei che la partita non finisse mai come la performance degli attori ed il fuoco in piscina. fino all’aventino, piazza dei cavalieri di malta: noi che ci aspettiamo solo un foro con vista vaticano e invece il portone è spalancato per un ricevimento e la cupola è maestosa, buona per una foto con i due carabinieri che si mettono, civettuoli, in posa. il ghetto ebraico: le birre nel locale del pianoforte e delle poltrone vintage, allora, meglio uscir fuori, la fontana è in restauro, non l’avremmo in ogni caso potuta vedere, il furgoncino la copre. e non ricordo cosa ci siamo detti, ma è evidente che tutto veniva fuori bene, sono quei momenti magici che ti ricaricano per mesi. piazza argentina: il rito dello scambio libri. baricco-saramago vs marquez-zafon. lieve scaramuccia perché ammetto di non amare marquez, ma sono idiota e dico le cose crude senza criterio. niente mostra di cartier-bresson che è tardi, gran rimpianto. scambio di battute con una anziana coppia inglese e riconoscere di saper utilizzare correntemente solo ventisette parole del perfido linguaggio. infine spaparanzati a s.luigi dei francesi e alla piazza della pietra, a contar le stelle, a lasciarle lì dove sono per non rovinare nemmeno un pezzo di cielo.
“mi piace tantissimo la tua dedicatoria al libro di baricco perché anche se non dice nulla di concreto, lo dice tutto con la tua forma di scrivere ed espresarti, proprio perché così lo capisce solo chi deve farlo”
“cosa significa cacciatorpediniere?”
un baleno, l’ultima settimana. ci vediamo di meno. i tuoi amici che poco a poco se ne vanno. julie è carina. tiffen di più. pierleone-non-so-cosa è banale, ma forse sbaglio io, di sicuro sbaglio io, a non dare chances alle persone, a non trovar vie di mezzo tra lo sproloquio e il mutismo. la serata di “despedida” a trastevere, mentre resto fuori dalla categoria degli amici, men che meno degli amanti e allora, “tu non sei in nessuna categoria… solo in quella di non si sa mai… e non provi a incazzarmi sempre, perché riusci!”. le colazioni dal barista capellone per le tue ultime formalità alle relazioni internazionali, sei con lei?, sì, diciamo di sì! e in regalo un vocabolario di spagnolo, sottolineate le parole che hai provato ad insegnarmi, magari mi ci metto ma sappi che dico troppo spesso magari.
il penultimo giorno, un attimo a villa torlonia, la casina delle civette, piccoli screzi, riconciliazioni. “sono triste e non ho voglia di partire”; chi parte ha sempre ragione, io resto perché si soffre meglio a restare. chissà ancora per quanto
ieri, ultimo giorno: pinocchio costa un occhio della testa, un saluto alla piazza della pietra per poi andare al drink alla cuccagna con frotte di erasmus che non so chi siano, né da dove vengano, ultimi regali mentre saltano fuori gli immancabili "verrò a trovarti", "sì, certo". lo scambio di rose sotto la statua di giordano bruno, la rosa calpestata, i petali di rosa soffiati nel tevere a ponte sisto; a piazza trilussa cantano bennato; girovaghi tra stradine oramai deserte ma calde. pantheon. tiffen multata per essersi bagnata un piede nella fontana di trevi. un abbraccio veloce davanti all’albergo di tuo padre, davanti a tuo padre. frasi spiaccicate, lacrime bandite. ormai è giorno. mai più notte!
“ciao roma, ti odio perché così faccio finta di non amarti, città che mi ha fatto più matura e più bambina, città bella e bugiarda… magari come io stessa!”
infinitamente grazie
hasta luego!
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30.6.06
non mi dopo né prima né dopo
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29.6.06
arretrati
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28.6.06
dalla parte di pessotto
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26.6.06
"gli italiani fanno schifo"
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24.6.06
note di un elettore qualunque
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21.6.06
...
dopodiché arriva un momento in cui non hai più niente da scrivere...
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20.6.06
decadenza
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via gluck
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19.6.06
nuova linfa
studio (solo) per non lasciare il futuro al prossimo
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14.6.06
aula studio
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12.6.06
micsed bai enri
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6.6.06
dimistichezza strategica
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4.6.06
regressione all'infinito
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3.6.06
come cambiare il mondo in cinque minuti
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1.6.06
compratutto
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30.5.06
john maynardo è ferito dal gruppo
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27.5.06
critical mass
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24.5.06
slancio per il rush (semi)finale
quando il gioco si fa duro, i puri cominciano a mollare!
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19.5.06
oblitera il biglietto!
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15.5.06
non siamo in grado di comprare nemmeno i giocatori... figurarsi le partite!
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10.5.06
↓ CIAMPI - ↑ NAPOLITANO
padre socialista di atripalda
mia madre un mezzo soldato
confondevo il piccolo principe
con un fumetto d’epoca
o con una stella del calcio
quindi figlio (mezzo) unico
giocavo a palla a muro (o squash)
e qualche volta baravo.
avevo anche una mania:
provavo a sentirmi sempre libero
e a diventare più schietto
a chiedermi, quando avrò il nome sul citofono?
e quando ti porterò, colla macchina, al terminio?
pensa che felicità!
ma con gli anni è facile
complicarsi abbastanza dentro
se non tieni a conto il passato.
per seguire un’utopia
non avere nessun elastico
che ti porta all’indietro
chi sono io?
fermo qui che aspetto il verde del semaforo
ma suonano,
chi sarà?
sul citofono c’è un omonimo
che non m’assomiglierà
e non portarmi via il nome
il nome, no
perché qualcuno lo vuole
ci sono io
testa in giù
appeso al filo del telefono
ma suonano,
chi sarà?
sul citofono c’è un omonimo
che non mi assomiglierà
sul citofono c’è un omonimo
ma non mi assomiglierà!
non portarmi via il nome
il nome, no
che qualcuno lo vuole
non te lo do
non portarmi via il nome
il nome, no
che qualcuno lo vuole
non te lo do
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barcamenandomi
ci giro intorno ma prima o poi torno!
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2.5.06
buon compleanno
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29.4.06
quarta settimana
questo blog con difficoltà arriva alla fine del mese
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28.4.06
francescano
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24.4.06
doppia lettura (solo per me)
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a khatmandu
ma ho visto i tuoi occhi
sull'asfalto blu
A Khatmandu quando ero giù
fra i fori e la stazione
c'era via Cavour

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21.4.06
lavori di gruppo (unico)
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19.4.06
arzigogolato vale a dire inutile
alle due, torno a roma. finalmente. dopo un po', qui, rischi di ammuffire. e il mancato arrivo di gorbacev in città è una novità che non scuote la noia quotidiana. a roma, ritroverò facce di gomma che mi sproneranno a studiacchiare. pena esame in fumo. anche il loro: è un esame di gruppo. sarebbe un peccato, ad un passo dalla laurea. e di un lavoro che non si sa quale.
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15.4.06
Eli, Eli lama sabactani???
Buona pasqua un cazzo a chi non osa e a chi osa solo dove non è proprio cosa
Buona pasqua un cazzo a chi dice, l’italia è perduta e a chi ha perso l’italia di mano, più di altri
Buona pasqua un cazzo a chi vuole scappar via e a chi è scappato già, pure da se stesso
Buona pasqua un cazzo a chi smette di sperare e a chi spera di smettere
Buona pasqua un cazzo a chi, a destra, sovverte e a chi, a sinistra, s’insabbia
Buona pasqua un cazzo a chi vota turandosi il naso e a chi vota dopo aver sniffato
Buona pasqua un cazzo ai giovani già vecchi, ai vecchi eterni giovani e a chi fa queste distinzioni
Buona pasqua un cazzo a chi ascolta mille dischi al mese e a chi ascolta mille volte lo stesso disco
Buona pasqua un cazzo a chi legge per evadere e a chi, fuori legge, evade
Buona pasqua un cazzo ai raccomandati avellinesi, manciniani, demitiani o diessini che siano e a chi si prodiga pur di entrare a far parte del circolo
Buona pasqua un cazzo agli automobilisti folli e agli addetti alla segnaletica orizzontale
Buona pasqua un cazzo a chi ti squadra senza saperti catalogare e a chi ti osserva passare senza saperti fermare
Buona pasqua un cazzo a chi non esce mai di casa e a chi esce per chiudersi in un’altra
Buona pasqua un cazzo a chi si barrica in se stesso e a chi si apre fin troppo spesso
Buona pasqua un cazzo a chi si sente battuto e a chi batte più forte pur di sentire
Buona pasqua un cazzo a chi dà risposte elusive e a chi non si fa domande per non patire
Buona pasqua un cazzo a chi sorride d’ordinanza e chi ha la faccia triste per opportunità
Buona pasqua un cazzo a chi, come me, dissipa ore e a chi, efficientista, vive due vite
Buona pasqua un cazzo a chi mi legge per caso e a chi mi legge, di proposito, senza scuse
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14.4.06
sui giovani d'oggi ci scatarro su
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13.4.06
la storia dei "giuda iscariota" connazionali che per trenta denari non esitano a tradire... senza, poi, aver il coraggio di ammetterlo
non ne parliamo più!
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idioteque
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maynardo
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8.4.06
dichiarazioni di voto ovvero del perché se promettessero di abolire pure le tasse universitarie, non farei una grinza
da blogger, poi, avrei voluto contribuire in maniera diversa. il viaggio elettorale, di desantisiana memoria, attraverso il racconto dei partiti minori, lega sud-ausonia e partito umanista, gli unici portati a termine, accolite di estremisti o velleitari, di visionari o cialtroni. avrei raccontato, bene o male, i partiti su cui ho stilato una classifica dei simboli. ma al numero uno, invece del movimento di del balzo, avrei inserito forza italia. sì, avete capito bene! una cavalcata, nei programmi di questi partitini che si chiude con un post su forza italia. ché, morale della favola, in un paese normale o solo nelle mie congetture sul paese normale, forza italia sarebbe rimasto movimento minore, il partito degli aziendali, un tre per cento assicurato e nulla più. poi, il disegno s’è arenato (non forza italia, purtroppo). non so perché. forse il tempo e la fantasia.
domani, voterò l’ulivo alla camera. al senato, under 25, avrei votato DS.
perché non credo che ogni voto-al-centro-sinistra-dunque-abbatti-Berlusconi abbia lo stesso peso!
buon esercizio di democrazia a tutti!
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maynardo
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7.4.06
avanspettacolo
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maynardo
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6.4.06
definitivo
Ora che il governo Berlusconi sembra volgere al fine, è il momento di interrogarsi con pacatezza e lucidità su ciò che ha rappresentato in Italia. Esiste tutta una letteratura che si è concentrata sul personaggio, per sottolinearne le caratteristiche sgradevoli o equivoche, e che ne ha interpretato l’opera, quale presidente del consiglio, in chiave di instaurazione di un regime semi-totalitario.Chi fa propria questa interpretazione di solito non dispone di strumenti critici storico-economici capaci di raggiungere il livello strutturale dei fenomeni; e ciò in quanto per lo più professa un’ideologia liberale o neoliberale – vale a dire la stessa ideologia di cui Berlusconi è alfiere, sia pure in una variante estremistica e tinta di populismo. Se si compartiscono le coordinate ideologiche, diventa difficile situare con precisione sotto il profilo storico o delle idee l’oggetto studiato, perché le strutture contestuali appariranno date e non discutibili. Ci si arresterà quindi all’epifenomeno – specie se un’analisi più approfondita approderebbe al riconoscimento di una responsabilità propria, per non dire di una corresponsabilità.Chi adotta il taglio epifenomenico, tra l’altro, finge di dimenticare che Berlusconi è stato regolarmente eletto, e che i provvedimenti che lui e i suoi alleati di governo hanno adottato, inclusi i decreti e le leggi più aberranti, sono passati non in virtù di presunti “colpi di mano”, bensì con un uso totalmente legale della maggioranza schiacciante offerta loro dal sistema elettorale maggioritario. Chi si è battuto per quest’ultimo ha pochi titoli per denunciare il “regime” di Berlusconi, visto che ha approntato o approvato gli strumenti di cui l’avversario si è poi servito.Dovrebbe piuttosto chiedersi perché gli elettori abbiano votato un personaggio simile, dotato di un programma teso solo a soddisfare egoismi propri e altrui. L’ “offerta Berlusconi” non si sarebbe affermata se non avesse trovato nella società una domanda corrispondente, essenzialmente suscitata da altri.
Di norma, chi critica il Berlusconi “autocrate” e instauratore di un regime è consapevole del fatto che il personaggio gode delle simpatie di una parte consistente dell’elettorato, in alcuni momenti maggioritaria. Tende ad attribuire un consenso così largo al monopolio sui mezzi di comunicazione, e soprattutto sulla televisione (i canali Mediaset, poi, dopo l’ascesa alla presidenza del consiglio, anche quelli Rai). Lo stesso Berlusconi ha d’altra parte dimostrato di attribuire al controllo dei media un valore strategico, e il recente abbandono di ogni parvenza di par condicio in tema di interventi elettorali basta a dimostrarlo.Tuttavia, se l’egemonia sui media costituisce condizione necessaria per creare consenso, non è condizione sufficiente. L’Italia non è l’unico paese occidentale in cui, nel campo della comunicazione, esistono condizioni di monopolio pieno, parziale o di fatto. E’ stata l’Unione Europea, e non già il governo italiano, a esigere che le trasmissioni satellitari avessero in Rupert Murdoch (Sky) un gestore unico.D’altro lato, si è visto ripetutamente come l’unanimità dei media non sempre riesca a condizionare la società, quanto meno di fronte a scelte di fondo. Ne è esempio recente il rifiuto francese della costituzione neoliberale europea, malgrado infinite pressioni medianiche. E che dire, quanto all’Italia, della ripulsa popolare della guerra all’Iraq, fino a obbligare un’opposizione reticente a farla propria, seppure tra mille ambiguità? Di converso, quando un presunto opinion leader come Giuliano Ferrara, con l’appoggio di quasi tutte le forze politiche e di quasi tutti i media, ha indetto una manifestazione a sostegno di Israele, è riuscito a radunare solo una manciata di simpatizzanti.Non basta il potere mediatico a dare ragione delle fortune di Berlusconi, così come non bastano le troppo facili tesi cospiratorie. Bisogna andare più a fondo, il che significa partire da più addietro nel tempo.
Silvio Berlusconi non ha mai nascosto il proprio debito verso Bettino Craxi, per i molti favori ricevuti dal defunto leader socialista. Il debito andrebbe però esteso ad altri lasciti di natura immateriale. L’epoca dei governi di centrosinistra guidati da Craxi fu quella in cui le classi medie italiane presero coscienza di se stesse e rivendicarono il ruolo propulsivo che, fino agli anni Ottanta, era sembrato appartenere agli operai, usciti vincitori dal lungo autunno caldo ’69-’70.Il segnale era venuto dalla marcia dei 40.000 quadri intermedi della Fiat contro l’occupazione della fabbrica, nel 1980. Craxi completò l’opera sfidando direttamente i sindacati sul tema della scala mobile e riportando una vittoria schiacciante. Nello stesso tempo, a partire dal laboratorio di Milano, incoraggiò in ogni maniera l’ascesa di ceti di derivazione medio borghese e impiegatizia, spinti a investire in ambiti non direttamente legati alla produzione, come l’edilizia, le attività di servizio, la borsa; campi nei quali anche capitali modesti, se bene impiegati, potevano condurre a un rapido arricchimento.
Simili tendenze rimasero operanti anche dopo che Craxi fu costretto all’esilio e i maggiori partiti politici italiani furono travolti e distrutti dai processi per corruzione. La prima repubblica, a ben vedere, andava stretta proprio ai nuovi ceti medi rampanti, infastiditi da un’intelaiatura istituzionale che, ancora modellata su basi ideologiche “storiche”, non coincideva con la loro spregiudicatezza.Nella seconda repubblica fu proprio a quei ceti che si rivolse l’attenzione ossessiva delle forze politiche obbligate a ristrutturarsi. Sinistra e destra abbandonarono connotazioni classiste e retaggi ideali per fare delle classi medie l’unico referente, mentre, sul piano delle scelte internazionali, sopravviveva quale solo orizzonte un Occidente mitizzato, a sua volta visto come paradiso dei ceti medi.
E’ in questo contesto che Berlusconi poté affermarsi quale uomo politico di largo seguito e, nel 1994, accedere una prima volta al governo. Molti rimasero stupiti di come fosse stato capace di costituire il proprio partito praticamente da un giorno all’altro, e attribuirono l’evento al solo potere su televisioni e giornali (questi ultimi peraltro di scarso prestigio, almeno nel caso dei quotidiani). In realtà, Berlusconi intuì meglio di ogni altro che, nel vuoto e nella confusione lasciati dalla prima repubblica, ogni avventura politica era possibile, inclusa la costituzione di un partito fondato su palesi schemi aziendali.I quadri che raccolse, oltre che cooptati dal suo stesso impero economico, provenivano proprio da quella classe media “d’assalto” che si era coagulata nei due decenni precedenti e che avvertiva la mancanza di forme di rappresentanza adeguate – rimpolpati da figure secondarie di professionisti della politica sopravvissuti all’ecatombe di “mani pulite”.Ciò, come era avvenuto con Margaret Thatcher, provocò il disgusto dei conservatori tradizionali (ben rappresentati, in Italia, dal giornalista Indro Montanelli), che preferirono trarsi in disparte. Non erano più i ceti medi o medio alti a cui si riferivano a esercitare un’egemonia sociale. Era invece una piccola e media borghesia, spesso giovanile, di recente estrazione plebea, priva di solida cultura, dagli appetiti famelici, incline alla volgarità e allo strepito, edonista, spudorata nell’esibire il proprio cinismo.Che di “egemonia” si trattasse lo rivelarono i risultati elettorali, in cui si vide che la nuova classe era capace di mobilitare le altre, sia superiori che inferiori, anche contro i loro interessi immediati. Quanto al tessuto ideologico, esso era quanto mai confuso e cangiante. I nemici erano chiari: la “sinistra” (Berlusconi sembra non avere mai annoverato in tale schieramento il suo padre putativo, il socialista Bettino Craxi) e il suo equivalente semantico, “i comunisti”. Dove per “comunisti” devono intendersi anche i più timidi keynesiani, i riformisti all’acqua di rose e persino i liberali e i conservatori di vecchio stampo.Quanto alla pars construens, essa era molto meno definita. Si trattava, almeno in origine, di accentuare il liberismo già operante in economia, riducendo ulteriormente le remore poste dallo Stato all’azione imprenditoriale, soprattutto sul piano delle normative e della fiscalità. A ciò, in politica, corrispondeva solo in parte il liberalismo, visto che esso era temperato, da un lato, da una vistosa tendenza al bonapartismo e, dall’altro, da influenze clericali per ciò che atteneva ai diritti civili. La politica estera, per sua parte, era interamente delegata agli Stati Uniti, di cui l’Italia ambiva a essere una sorta di rappresentante in Europa, anche a scapito dei rapporti con gli altri paesi dell’Unione.Se vogliamo cercare analogie, le troviamo, bizzarramente, fuori dal vecchio continente, nelle politiche del presidente messicano Vicente Fox. Ma si tratta di un esercizio sterile. In realtà il “modello Berlusconi”, se tale si può definire, non ha base ideologica dai contorni netti. In certi momenti diverrà catalizzatore di ogni tipo di tendenza reazionaria; in altri si colorirà di populismo. Unica costante, la base sociale di cui dicevo, blandita in tutte le maniere, e un perenne pragmatismo, nemico dei progetti di troppo lunga portata.Le nuove classi medie, giunte al governo dopo avere schiacciato le vecchie, e con esse tutte le altre classi, adottarono dunque – nel leader carismatico prescelto – il punto di vista dettato dalla loro nascita recente. Insofferenza per le costrizioni istituzionali; ricerca dell’impunità; soddisfazione degli interessi immediati a scapito della nozione di “bene comune”; visione incapace di spingersi nel futuro. Ciò che viene di solito attribuito a Berlusconi, appartiene invece ai ceti di cui questi era ed è espressione.Più di recente, alcuni intellettuali di modesta levatura hanno cercato di strutturare questo coacervo di impulsi e di cercare vincoli col pensiero neocon statunitense. Tempo perso. La base che sostiene Berlusconi è irriducibile a un sistema ideologico qualsiasi, e costituisce una specie di “destra apolitica”. In questo senso, e solo in questo, si può parlare di una “nuova destra” in Italia.
Sotto il profilo culturale, continuò ovviamente la voga revisionista, in sintonia del resto con tendenze restauratrici operanti su scala mondiale. La complicità di parte del mondo universitario fu in questo senso determinante, dato che è nelle università che si elaborano le tesi destinate poi a essere riprese, se in sintonia col clima politico, dagli editorialisti dei media più influenti.In Italia ciò assunse le forme – tuttora operanti – di una vera e propria offensiva tesa a ribaltare giudizi consolidati, su momenti storici in cui erano in gioco rapporti di forza. Ancora oggi, nelle università italiane, opera una minoranza molto agguerrita di docenti che riabilita l’Inquisizione contro il libero pensiero, il colonialismo contro le idee di autodeterminazione, i moti reazionari plebei contro i riflessi in Italia della Rivoluzione francese, il franchismo contro la “repubblica dei senza Dio”, ecc. Tesi prontamente riprese e divulgate dai quotidiani, non sempre e solo di destra, e dai (pochi) programmi “culturali” televisivi.
Malgrado uno scenario estremamente favorevole, il progetto di Silvio Berlusconi ha raccolto in ambito culturale risultati miserabili. Sono intellettuali di levatura secondaria quelli accorsi al suo appello, commentatori giornalistici e televisivi, divulgatori senza peso che non sia epidermico, spesso strappati agli alleati di destra o agli avversari di sinistra. Appaiono con frequenza ossessiva nei talk show, nelle trasmissioni sportive, nei programmi di varietà. E’ chiaro che la dimensione mediatica è la più confacente a chi è portatore di un pensiero la cui unica base, liberismo economico a parte, è la guerra contro la memoria e contro ogni forma di profondità.Ancora peggio è andata a Berlusconi e ai suoi seguaci in ambito letterario. Non vi è in Italia alcuno scrittore di rilievo che si dica “berlusconiano”, a parte il manipolo di ignoti che si ritrova sulle pagine della rivista Il Domenicale, stampata in migliaia di copie che regolarmente rimangono invendute (completamente diverso sarebbe il discorso su chi invece si colloca più a destra di Berlusconi e rifiuta il centrodestra in nome della destra pura).Se il calibro mediocre degli intellettuali è sintomatico della non-ideologia di Berlusconi, l’assenza di scrittori alla mensa del premier indica molto di più. Vuole dire che la colonizzazione dell’immaginario degli italiani non è stata totale, visto che non ha coinvolto quanto meno un segmento dei fabbricanti di immaginario. E il discorso potrebbe essere esteso, con differenti articolazioni, a cinema, teatro, arti figurative ecc. Strumenti comunicativi meno immediati della televisione o dei quotidiani, ma capaci di lasciare un’impronta più profonda.L’essere “estranei” a Berlusconi, naturalmente, non significa essere “contro”, né avere colto la sostanza ideologica e sociale del suo sistema. Sta di fatto che il mancato controllo dell’ambito letterario e culturale tradizionale, malgrado il possesso di alcune delle principali case editrici (che pubblicano autori ostili al massimo azionista sia per indipendenza propria, sia perché sono i soli richiesti dal mercato), costituisce un fattore di debolezza. A esso Berlusconi non può porre rimedio, perché la cultura “di lunga durata”, con le sue dinamiche, è ignota a lui e alla maggior parte dei suoi collaboratori.L’ostilità del mondo culturale e letterario può essere valutata, in tutta la sua pericolosità, solo da chi con essa abbia dimestichezza.
Silvio Berlusconi è in crisi e la sua caduta, al momento, appare ineluttabile. Non che i nuovi ceti medi che ha saputo rappresentare per alcuni anni siano scomparsi; tutt’altro, la loro egemonia perdura. Solo che, in una fase in cui le possibilità di arricchimento rapido si restringono, manifestano la necessità di qualcosa di più solido di una forma di governo fatta di nulla, priva di programma, di ideologia, di proposte che non siano contingenti, di visioni ampie. Sicuramente quei ceti, all’allievo di Craxi, preferirebbero oggi un nuovo Craxi. In mancanza di meglio, si volgono al centrosinistra.Un giorno bisognerà riconoscere che Berlusconi è stato, a suo modo, un “rivoluzionario”. Ha sovvertito la vita politica, la comunicazione, lo Stato, ogni istituzione che ha potuto sovvertire. Ma il suo ruolo ricorda quello che gli agitatori giocano agli inizi di una rivoluzione, salvo essere messi in disparte pochi anni dopo da chi possiede un progetto più duraturo.La “nuova destra” italiana, il neoliberalismo, non sono morti, ma certo non hanno più in Berlusconi il loro esponente di punta. Se anche, per miracolo, vincesse nuovamente le elezioni, sarebbe comunque già morto. Ha eretto un sistema fondato sulla finzione, operazione di sicuro successo nel paese che ha dato i natali alla commedia dell’arte e ha un culto per i Pulcinella. Ha reinventato i comunisti per avere un nemico identificabile, ha simulato basi ideologiche per giustificare il proprio empirismo, ha evocato mete chiaramente irraggiungibili credendo di farle concrete attraverso la reiterazione del rituale evocativo, ha spacciato sogni suoi nel tentativo di renderli collettivi. In simultanea – ed è tratto caratteristico – modificava se stesso attraverso ripetuti interventi di chirurgia plastica, nello sforzo (in parte riuscito) di far dimenticare la propria identità di settantenne.Di Berlusconi e della sua “insurrezione” neoliberale, dopo l’abbandono da parte dei ceti medi, rimarrà una maschera. Ma con lui non sparirà la “nuova destra” italiana. Al contrario. La destra vera deve ancora venire.
(Relazione pronunciata a Siviglia, il 27 ottobre 2005, al convegno Nueva derecha: ideas y medios para la contrarrevolución, organizzato dalla rivista Archipiélago e dalla 'Università Internazionale dell'Andalusia - Sezione Arteypensamiento.)
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