18.8.06

pazzia guerra

lascia stare tutto quello che non vedi, è inutile fissarsi
andare con lo sguardo oltre alle montagne del quadro che hai davanti
se vuoi vittoria avrai vittoria
se vuoi sconfitta avrai sconfitta
ma poi il destino in naftalina mai
non chiuderlo in soffitta
lascia staresamuele bersani


s’impazzisce per poco. non sempre in modo eclatante. spesso, invece, è una strisciante follia che serpeggia. in casa altera rapporti familiari, sfornando improvvisi mutismi, silenziose porte in faccia. se fossi un ultras del compromesso, griderei slogan formulabili senza fatica. e invece m’impiccio nella dizione esatta delle parole e la corsa nella stanza accanto, in cerca del vocabolario, mi è fatale.

se fossi più simpatico, sarei meno antipatico. così da rendere meno sgradevole il tuo girare attorno pur di non incrociarmi. emano energie alterne, sfoggio personalità contrastanti, però di peggio è contrassegnato il mio passaggio, non mi lamento. torno al blog con cadenza personale, non posso farne a meno, nonostante mi autocensuri, mi autoallontani, mi autoinganni, mi autoilluda

detesto tarante, pizziche, ogni tentativo rabberciato di recuperare tradizioni umiliate per decenni. tra l’altro non ho bisogno di sapere che il mio trisavolo fu un “onesto brigante” per amare la mia terra, su cui, magari, sputo ogni santo giorno, calpestando diritti, disattendendo doveri. è un discorso populista, il mio, odioso e giustificatorio. detesto le tarante, le pizziche soltanto perché, a pelle, mi sorprende la loro inaspettata “popolarità”.

pianifico programmi di studio sistematicamente infranti. su carta bianca, segno i numeri dei giorni che ancora mancano alla data del penultimo esame. poi, applico oscure equazioni algebriche, (numero di capitoli * quantità di ore necessarie): giorni di studio, e pervengo a risultati subito contestati dalla quasi maggioranza scansafatiche, la cui mozione “merenda + vagabondaggio casalingo” passa clamorosamente, allontanando laurea e dopolavoro.

è in giorni come questi che m’angustia la possibilità di tutto, l’approssimarsi del niente, l’afa opprimente, i pomeriggi al vento, i mulini. è in giorni come questo che mi trovo a scrivere, quasi naturalmente, cose di poco conto ma necessarie perché possa continuare. a scaricare (in mare) la mia particolare forma di pazzia che altrimenti serpeggia in casa, indisturbata.

è in giorni come questi che me ne sto ad aspettare il tuo amore!

2 commenti:

Anonimo ha detto...

mia madre e la verdura del suo orto si stanno facendo invadenti. passo il tempo cercando di dare un nome alle cose, etichettarle (in assenza di graffette, s'intende) dio, che fatica.

maynardo ha detto...

aspettavo che tu ti manifestassi, prima o poi, perché fosse meno impalpabile la tua presenza (scommettendo sulla stessa). è un piacere leggerti!

saluti