3.2.06

candida disco pax

ho fatto l'esame di seconda elementare nel 1989,
il socialismo era come l'universo: sul punto di implodere
la maestra ci diede un dettato già fatto
la pregai di cambiare che altrimenti,
beneficio o no, tutto sarebbe stato troppo facile,
ma la maestra non ebbe nulla da eccepire
e mi invitò a tacere.
ma abbiamo anche molti ricordi di quel piccolo mondo antico fogazzaro
i cartoni di tiger man
ciriaco de mita alla tv
le vittorie olimpiche di alberto tomba in nome della figa di turno
i prefabbricati al potere sotto casa
il catechista che votava PLI
gli amici del campetto passati dallo scippo allo stupro alla faccia del disagio giovanile
i fumetti di topolino, le cui storie puntualmente saltavo, perché topolino è un rompicoglioni
le decine e decine di referendum mentre i politici venivano bersagliati dalle monetine
elio e le storie tese a sanremo conciati da rockets
i take that
la prima sega
il vicino di casa, già matto del paese,che incendia l'appartamento con un solo mozzicone di sigaretta
gabriella sabatini
il "bellirrimo", qualcuno sa perché
l'acronimo sul diario del compagno di banco dopo i raid americani su baghdad diceva
Bisogna Uccidere Saddam Hussein
e poi la nostra comunissima toponomastica
via aldo moro
via conte camillo benso di cavour
viale italia
via cristoforo colombo
via francesco tedesco
via de concilii
piazza umberto I ad atripalda
e la grande banca, non più locale, con sede sulla collina dei liguorini
e infine il mio quartiere
dove il PCI era un po' sotto la media
e la DC abbondantemente sopra la media (nazionale)


insomma altro che robespierre!

31.1.06

meglio che peggio

a legger blog altrui, taluni eccelsi, talaltri avvilenti, riconosci, oltreché la gioia nascosta di poter sprecare tempo, la tua “medietà” a scapito della possibilità… di esser peggio!

28.1.06

mario barisano

nella tetra galleria di personaggi che popolano avellino&provincia, riluce, e senza ironia, un solo uomo, checché ne pensiate, il suo nome è mario barisano. vera e propria icona pop, guru mediatico, sciamano del tubo catodico, editore televisivo, direttore di telegiornale senza tessera, polemista intransigente, urlatore professionista, anarchico delle convenzioni, fustigatore di pubblici ufficiali, autentico spirito libero, dialettico dialettale, paladino dei più deboli, primo commentatore dell’u.s. avellino, mille&mille volte querelato, ignominiosamente censurato ed altro ancora, tanto da farne un personaggio da romanzo, un romanzo minimo, quanto avellino, si capisce.


la sua storia comincia, circa quarantacinque anni fa, fratello tra fratelli, alla ferrovia, ex periferia degradata&operaia della città. della sua biografia però, non sappiamo molto né interesserebbe, immaginiamo. mario barisano diventa tale, impone il suo nome, o quantomeno lo trasfigura in quel che è, nel momento in cui appare in tv.
e della tv capisce il trucco più subdolo. non è mai importante quello che dici ma come lo dici. ebbene mario barisano, nelle sue lunghe apparizioni televisive, non buca lo schermo, lo sfonda, letteralmente. aspetto dimesso, barba incolta, mai in giacca&cravatta, capelli, un tempo lunghissimi, ora, in ogni caso, arruffati, aria sofferente, inchioda l’obiettivo con sguardi rabbiosi, poi si perde in lunghe pause, in cui si distrae, in cui si gira di lato a chiacchierare con il cameraman, orlando?, riportandone i commenti in video, e soprattutto, urla, deborda, straripa, scantona, sragiona, colla carotide ingrossata, paonazzo, livido, sputtana a destra e a manca, mette all’indice i vizi della città-bene, moderno savonarola, in eloquio farcito di avverbi come certo&probabilmente, di proverbi gergali, vere chicche per i cultori del genere, di perifrasi lunghe, complicate, pure sgrammaticate, ma di una bellezza disarmante.
affibbia soprannomi a mezza città, taluni leggendari: “‘a jatta nera” (ad un giornalista sportivo che pare portasse sfiga alla squadra di basket), “il vescovo-rosso” (ad un dirigente locale degli odiati ds), ed il celeberrimo “pepp’apparatore” (ad un ex presidente dell’avellino calcio, noto per la sua diplomazia). afferma, senza falsa modestia, di essere l’unico giornalista libero della città, direttore nonché proprietario dell’unica televisione libera, orgogliosamente fuori dalle spartizioni politiche. striglia i giornalisti concorrenti, talora semplicemente irridendoli, talaltra deplorando il loro asservimento a questo o a quel partito. sa di esser voce scomoda e congettura oscure trame per la sua eliminazione fisica (ovvero mediatica). si auto-elogia ed auto-incensa. paragona la vicina cittadina di atripalda, in cui pure ha, o aveva, degli interessi commerciali, alla secondigliano di avellino, attaccando personalmente il sindaco, alcuni assessori, una consigliera, in arte nancy, ai limiti della diffamazione, e stupidamente, quest’ultimi se la prendono, querelandolo. come se la prende la questura, ripetutamente bersagliata per l’inefficienza dei suoi uffici, tanto che, a marzo dell’anno scorso, la procura della repubblica chiude prima tivvù (la sua tv non poteva essere che “prima”), pulpito di m.b., come misura precauzionale di inspiegabili procedimenti a carico del proprietario. ennesima riprova di come il potere tema il dissenso e adotti provvedimenti censori, a tutela di un pubblico che ritiene deficiente.
la città è sbigottita ma fino ad un certo punto, abituati ad abbassar la testa. dopo qualche settimana la televisione riapre, una quindicina di posti di lavoro in pericolo hanno la meglio. ma con un vuoto: mario barisano. senza le sue tirate chilometriche ci si sente smarriti, tra la bonarietà di un melillo, la cavillosità di un genzale, lo strusciare di un festa, direttori a metà, in una città da pensiero unico.
solo lo scorso trentun dicembre, nove mesi d’infamia, mario barisano si materializza nel tg di prima tivvù, per annunciare il ritorno, e precisare con la consueta boria, che il duemilacinque è stato, per lui, non per la sua tv, nonostante tutto, un anno fantastico. ha già in mente un programma, in cui finalmente, i suoi nemici potranno riconoscere la “vera cattiveria di mario barisano”, oramai costretto anch’egli, per via della persecuzione subita, a parlare in terza persona.
l’appuntamento con il direttore va in onda il venerdì sera, alle dieci e trenta. la sigla: l’illuminante, je so’ pazzo di pino daniele, contrappunto ironico alla mediocrità degli avversari. ma, e spiace dirlo, è un barisano ferito, che stenta ad ingranare la marcia, insolitamente prudente, tiene a precisare che la trasmissione non è registrata negli studi di prima tivvù, e che avrebbe preferito la presenza di un avvocato, ringrazia gli attestati di solidarietà della sua gente, tratta senza pungere dell’IRM (un incendio ad un capannone di rifiuti tossici, passato per mini disastro ecologico), del PUC (il piano urbanistico della città di avellino su cui ci si scanna amabilmente da settimane) ed infine promette, per la prossima puntata, di ritornare su atripalda, vero e proprio cavallo di battaglia del nostro.
e, nel vederlo tanto tranquillo, rimpiangiamo i tempi che furono, in cui l’affondo finale, in un crescendo impetuoso si chiudeva con il saluto finale di Barisano, che si strappava il microfono da dosso e si alzava di scatto, ancora in video, ancora livido per la contesa del giorno.
ai suoi detrattori diciamo: cosa aggiunge e cosa toglie, la maschera di barisano a questa città, cavriago all’incontrario, dove la dc, variamente declinata, prende il 74%? dove il dibattito politico è talmente inconsistente, tema unico: elefanti&clientele contro tutti?
non difendo quel che dice mario barisano, ma difendo il fatto che lo possa dire (abusata, questa); in tv funzionano i personaggi, il resto è sottofondo. la censura offende la dignità dei telespettatori, prima di tutto, instillando il dubbio che essi siano indifesi nei confronti dell’imbonitore di turno. non è così. il pubblico sa distinguere il grano dal loglio, le bufale dalla verità e spesso preferisce guardare chi spara enormità con fantasia, piuttosto chi predica verità ritrite con pose da intellettuale d’accatto.
insomma, lasciateci mario barisano, autentica voce libera (e immaginifica) in una provincia troppo spesso con la schiena piegata!

25.1.06

profili penali del market abuse

mi chiedo da un pezzo se chi apre la pagina del proprio blog più volte al giorno, giusto per il gusto del counter, sia punibile per aggiotaggio

24.1.06

in coscienza

quante ore offro al dissenso da me stesso, solitario, senza riscatto, ad aspettare chissà cosa, una illuminazione?, da chissà dove, una finestra? con i dubbi che s'affastellano ai bordi della scrivania. scrivere per schiodarmi. poi agire sullo slancio. tipo rivitalizzare rapporti anchilosati da infiniti silenzi. o ammiccamenti. luridi compromessi con il nulla che mi fa da angelo custode. sarà vero? in effetti sarebbe più facile trovare ragioni se fossi dannato, o uno di quei personaggi lì, se tutt'intorno miseria&disperazione o fantasmi. in realtà, tutto sommato, la vita fila liscio e bene si sta, pure in questa città. dormire, ultimamente, è la cosa che mi riesce meglio. il titolo del blog c'azzecca ancora. ammiro gli insonni. dimostrano di saper resistere all'assopimento della coscienza. che poi a me, in coscienza, escon fuori post così...

23.1.06

zona a traffico limitato

i miei pensieri corrono veloci:
dal nulla un frastuono
e già un puntino all'orizzonte.
così realizzo che nella mia testa
non c'è traffico
né, evidentemente,
un belvedere per sostare.
insonorizzarla?

22.1.06

dio, statistica, verità e risposte

ma che dire? che dire quando uno è lo sfortunato depositario della sacrosanta verità? l'uomo si nutre di risposte! e legendre è un uomo. giovani delle generazioni future, ascoltatemi! non sappiate niente, ma abbiate una risposta a tutto. dio è nato da questa preferenza! dio e la statistica! dio e la statistica sono risposte che godono di ottima salute.

da Il signor Malaussène, Daniel Pennac

19.1.06

pasticciato zibaldone

Questione di catene:


il buon allerta m'ha invitato a partecipare ad un giochino, ma questo giorni fa, ed io praticamente ignoravo, fino a quando per un technocrati-rimando, me ne sono accorto. ora io non avrei voluto raccogliere il guanto, ché non ho fregole da blogstar, voglio ribadirlo, però poi effettivamente mi son messo ad elencare e dunque tanto vale... magari poi non invito nessuno, così mi metto in pari colla coscienza!


il regolamento é: scrivi cinque strane tue abitudini (diciamo manie, diciamo che m'autogestisco!) e postale assieme al regolamento; invita altri cinque a fare lo stesso e linkali (come detto, questa regola è abolita).


1) fissare la radiosveglia e cercare di resister ad occhi spalancati, fino allo scoccare del nuovo minuto, potrebbero essere sessanta secondi d'inferno od uno soltanto, non calare la palpebra, dio come brucia l'occhio...


2) accendere il videocitofono che dà sulla strada, nemmeno tanto trafficata, e contare le auto che passano: ora le auto che salgono su, portan bene; le auto che scendono giù, portan sfiga. si badi bene, il videocitofono resta acceso un minutino. una volta persi diciotto a zero. tutti scendevano. l'auto di testa era un carro funebre. p.s. gli scooter non si contano!


3) nelle strade deserte, e preferibilmente non tortuose né scoscese, camminare ad occhi chiusi, però a passi regolari, record imbattuto, venticinque secondi, poi mi tremano le gambe e ritorno alla luce!


4) fissare la sommità di una collina alberata, non eccessivamente distante, e provare a distinguere l'impercettibile movimento, al vento, è chiaro, delle fronde dell'albero più alto, che poi è una questione di colori, fa molto impressionista oltreché impressione!


5) la mia preferita: fischiettare di rimando il motivo che sento fischiettare quando vago tra la gente, ma il fatto è che in giro non c'è più quella leggerezza per fischiettare, che mondo infame, e dunque, debbo accontentarmi di rispondere ai fischi, mi si creda, non è la stessa cosa, sa fischiare pure un motore!


Questione di link:


oh Lidia, pure il vocativo, sia chiaro, non ti ho linkata, perché mi hai linkato, è che è venuta meno sury, il suo blog s'è perso nel vuoto, e per quanto detto non molto tempo fa, mi tocca prender misure, eppoi nemmeno gupigupi leggo più, dunque linko pure pulsatilla, niente male, ed il gioco sembra fatto, ma non è così, perché sostituisco pure chinaski77, troppa grazia, con elfluxusvomitato, insomma non puoi non esser d'accordo con me quando dico che se fosse stato solo un misero scambio di link, non avrei alzato tutto 'sto polverone... mi credi? ;P


Questione di template:


avrei desiderio di cambiare il template. più e più volte lo disegno preciso in testa. immagino uno sfondo di mattoni, che non son rossi ma arancioni, e poi macchie di vernice bianca su cui scrivere dei post in nero. semplice, no? chi può aiutarmi?

18.1.06

sala d'attesa

sala d’attesa inattesa, aria sospesa, noia rappresa, tv arancione spento, medico coi baffi, medico cogli occhiali, medico che indica il paziente e se lo porta via; segretaria che mi riconosce senza che la conosca o forse sì, mezza parente di quella lì; citofono che trilla, io che mi alzo e vado ad aprire la porta: perché mi sono seduto proprio vicino alla porta? che stupido che sono stato! costretto a sibilare buonasera a chiunque entri, a meno che il nuovo arrivato esordisca senza saluto, cafone afono, allora niente, che regola gretta. due cinquantenni parecchio cigolanti, la figlia ventenne di uno di questi, bionda, carina, intenta a tormentare il telefonino, messaggio che arriva, sono dal medico, ho il mal di gola, colpo di tosse, ci vediamo più tardi. un anziano che assomiglia a leone, l’ex presidente della repubblica, magari ai più sfugge, ma se devo associarlo a qualcuno, sì, mi ricorda proprio leone, foto in bianco e nero sul libro di storia, terzo anno del liceo, non si arrivava mai al dopoguerra, sai i programmi sono lunghi, i programmi van riformati, però oziosamente si sfogliava il libro, durante le interrogazioni, durante le autogestioni, e la faccia di leone ti capitava d’incontrarla.


e poi un paio di signore parecchio informate sulle ultime vicende della cittadina, nemmeno pettegole, solo a conoscenza di fatti che hanno scosso la comunità, era parente colla cugina di quello del bar, a via roma, la velocità, è peccato, è destino, che vuo’ fa’, sospiro cinematografico e via a non pensarci più, è questione di ore e sarà già tempo di aggiornare il repertorio. viavai dalla segretaria, il certificato medico è pronto?, poi scorrono fuori, alcuni li riconosci, anni&anni di non vedersi, invecchiato l’uno, invecchiata l’altra, tu irriconoscibile, resti seduto, immobile a ricomporre alberi genealogici oramai smarriti, un tempo prossimi, chissà cosa fara?, chella là, chella là… sbadigli, gare a fissare oggetti inanimati, batto la bionda che presa dallo sconforto, distoglie lo sguardo. ancora conversazioni tipo: ticket, ministero della sanità, colesterolo, condimenti acqua&sale, diabete, quello che mangiavo una volta non lo mangio più, sono ingrassato di ottanta chili e non me ne sono nemmeno accorto, io sì, risponde l’altra. sfoglio chi&oggi, ferilli&hunziker in quantità, divorziata da questo, esco con quello. leggo solo i titoloni e con rammarico noto di non riconoscere alcune facce, alcuni cognomi. si vede che il gossip mi sfugge. come le ore. i pazienti che mano mano entrano. le luci s'abbassano. sono rimasto solo. l’ultimo paziente esce. è il mio turno. respiro. entro. la porta si chiude. malato sì, ma fino a che punto?

14.1.06

riprendere fiato

era un blog in incognito, privato, personale, singolare, anomalo, senza volto, enne enne, ignorante, inesperto, impreparato, ignaro, coperto, secretato, autoreferenziale, surreale, sincopato, singhiozzante, essenziale, scostante, disomogeneo, distante, distonico, velleitario, minimo, sarcastico, acre, terapeutico, urticante, sterile, scarno, scarso, pudico, stupido, stupito, indecifrabile, misterioso, involuto, volubile, ironico, canzonatorio, autoironico, motteggiante, moraleggiante, libero, liberato, svincolato, emancipato, speranzoso, illuso, fiducioso, fuori, extra, tedioso, ingovernabile, lento, fiacco, indolente, pigro, svogliato, poltrone, sfaticato, accidioso, sbadigliante, modesto, molesto, imprevedibile, imprevisto, incoerente, sconclusionato, illogico, assurdo, contraddittorio, destabilizzante… ora, per un po’, dormiente!
p.s. intanto, ho cambiato il sottotitolo.

12.1.06

Sig. .......ONI

cogitabondo battevo le strade polverose della metropolicapitalediprovincia quando mi giunge alle orecchie una voce metallica, megafonante, familiare, dal pesante accento della bassa irpinia... "cittadini&cittadine, questa sera, in piazza umberto I, apertura della campagna elettorale di forza italia, interverrà l'onorevole presidente Sig. ......ONI, e sgomento ho realizzato, siamo in campagna elettorale. cazzo, mi è sfuggito il nome. che poi è sulla punta della lingua, per carità, lo si evoca un po' tutti, più volte al giorno, da almeno dodici anni... il sig.diecitelevisioni, no, il sig.hosempretutteleragioni... il sig. george,vladimir&tonysonomieiamiconi... il sig.iprocessicadonoinprescrizione... il sig.deiministridimessisiprendolefunzioni... il sig.riescoaguadagnarcidatuttelesituazioni... il sig.tuttoquellochenonhofattoècolpadeigovernidelleprecedentilegislazioni... il sig. conflittoni... il sig.possiedo,tral'altro,lasquadradicalciocontrocuiilliverpoolhavintolacoppadeicampioni... il sig.quandopassopersofiafacciodelleepurazioni... il sig.neapprofittodeicondoni... il sig. dellegrandiillusioni... il sig. rovinareputazioni... il sig.acceleroeconomicherecessioni... il sig.ringraziocraxiperlegentiliconcessioni... il sig. diapicellascrivoecantolecanzoni... il sig.ilcomunismo, l'antidemocraticità,lemenzognedelleopposizioni... il sig.traragazzidisalòepartigianinonfacciodistinzioni... il sig.incinqueannidigovernohorottoicoglioni... aiutatemi, cristo!

9.1.06

voglia di cominciare

undici incipit... ché voglia di scrivere non ce n'è!


una doccia per la catarsi o calvin klein invece di lavarsi? uno sguardo allo specchio, che occhi pesti, meglio che non resti. capirò la mia faccia prima che sia l'ultima ora, promesso!, a partire da adesso.


succhi gastrici, a mezzogiorno, mi scuotono dall'intontimento. se lavorassi come il mio apparato digerente sarei già dirigente. mi ripeto, non ho fame, non ho fame, non ho fame, perché è una fatica farsi da mangiare, e me ne convinco, ché la fame passa, ma appena ci penso, sono bell'e distratto. ne approfitto per uno spuntino. pantagruelico.


studio per tedio. mi sveglia una radio. (per finire prima possibile). (resisto a letto più tempo possibile).


la spinta immobilizzante mi prende e mi sospende. in eterno a metà, proprio non mi va. ci vuole un decisionismo sordo alle resistenze delle opposizioni interne. pure se tra usuraio e spazzino, occorre decidersi...


quando non si muove una foglia la paura m'attanaglia, allora intono canzoni antiche, per lo più inventate e la mia voce mi rassicura così che possa continuare senza esitare.


certe notti la macchina è calda e dove ti porta lo decide lei, certe notti la macchina è ferma e quando t'appisoli lo decidi tu...


da quando ho l'Ipod, mi sento un ggggiovane più dentro alle cose dei gggiovani che ci stanno dentro. avevo smesso di downloadare (downloadavano gli altri), dopo la parentesi napster/audiogalaxy, nel 2002, reato prescritto?, dovrò ricominciare perché corro il rischio di restar fuori dai ggiovani che ci stanno dentro... sono giovane?



quello che mi rimane. il nocelleto in secca, la magnolia luccicante, il camino in fiamme, un padre in affanno, un paese in panne, un'amica di ritorno, una madre in bende, il sole tramontante, mio fratello in trance, la cagna mugulante, io in gioco, io che gioco... quello che mi rimane


sono molto peggio di quello che sembra e molto meglio di quello che credo. anche se dovrei dire il contrario. o forse dipende dai giorni.


chi ben comincia è a metà dell'opera... infinita!


svogliatezza incorporata che tutt'intorno nullafacenza. non è questione di intellighenzia, di climi o di quattrini. solo disabituati a sgobbare e ad avere intuzioni più o meno felici da poter mangiare quantomeno panini.

5.1.06

deliri da blogstar che non sono perché...

... mai un commentatoreanonimo che m'insulti... prego!

3.1.06

post incidente

coscienza laica non adduce giustificazioni se non gira, se non va. non impreca né implora. non questua né taccheggia. magari traccheggia. e dunque responsabile fino in fondo pure del fango tutt’intorno. perché meglio accollarsi tutti i mali dell’umanità che accollare tutti i mali su di una sola persona… poi chiamalo se vuoi, sistema.

2.1.06

c'è solo la strada

[parlato] maria, ti amo.
maria, ho bisogno di te. poi la stringo e la bacio, infagottato d'amore e di vestiti. e anche lei si muove, felice della sua apparenza e del nostro amore. e la cosa continua bellissima per giorni e giorni. una nave, con una rotta precisa che ci porta dritti verso una casa, una casa con noi due soli. una gran tenerezza e una porta che si chiude.


nelle case non c'è niente di buono
appena una porta si chiude dietro a un uomo
succede qualcosa di strano,
non c'è niente da fare
è fatale, quell'uomo comincia ad ammuffire.
basta una chiave che chiuda la porta d'ingresso
che non sei già più come prima
e ti senti depresso.
la chiave tremenda, appena si gira la chiave
siamo dentro a una stanza:
si mangia, si dorme, si beve.


ne ho conosciute tante di famiglie, la famiglia è più economica e protegge di più. ci si organizza bene, una minestra per tutti, tranquillanti, aspirine per tutti, gli assorbenti, il cotone, i confetti falqui. soltanto quattrocento lire per purgare tutta la famiglia. un affare. si caga, in famiglia. si caga bene, lo si fa tutti insieme.


nelle case non c'è niente di buono
appena una porta si chiude dietro a un uomo
quell'uomo è pesante e passa di moda sul posto
incomincia a marcire, a puzzare molto presto.
nelle case non c'è niente di buono
c'è tutto che puzza di chiuso e di cesso:
si fa il bagno, ci si lava i denti
ma puzziamo lo stesso.
amore ti lascio, ti lascio.


c'è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l'unica salvezza
c'è solo la voglia e il bisogno di uscire
di esporsi nella strada e nella piazza
perché il giudizio universale
non passa per le case
le case dove noi ci nascondiamo
bisogna ritornare nella strada
nella strada per conoscere chi siamo.


c'è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l'unica salvezza
c'è solo la voglia e il bisogno di uscire
di esporsi nella strada, nella piazza
perché il giudizio universale
non passa per le case
e gli angeli non danno appuntamenti
e anche nelle case più spaziose
non c'è spazio per verifiche e confronti.


[parlato] laura, ti amo.
laura, ho bisogno di te.
con te io ritrovo la strada, le piazze, i giovani, gli studenti. li avevo lasciati qualche anno fa con la cravatta. sono molto cambiati, sono molto più belli. le idee, sì, le idee sono cambiate, e i loro discorsi e il modo di vestire. gli esseri meno. gli esseri non sono molto cambiati. vanno ancora nelle aule di scuola a brucare un po' di medicina, fettine di chimica, pezzetti di urbanistica con inserti di ecologia, a ore pressappoco regolari. ed esiste ancora il bar, tra un intervallo e l'altro. e poi l'amore, per fabbricarsi una felicità. come noi ora. una coppia, e ancora tante coppie. unica diversità, un viaggio in india su una due cavalli. due, come noi.


e poi ancora una porta, ancora una casa
ma siamo convinti che sia un'altra cosa
perché abbiamo esperienze diverse
non può finir male
perché abbiamo una chiave moderna
abbiamo una Yale
perché è tutto un rapporto diverso
che è molto più avanti
ma c'è sempre una casa,
con altre aspirine e calmanti
e di nuovo mi trovo a marcire
in un'altra famiglia, la nostra, la mia
abbracciarla guardando la porta
e la mia poesia.
amore, ti lascio, vado via.


c'è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l'unica salvezza
c'è solo la voglia, il bisogno di uscire
di esporsi nella strada, nella piazza
perché il giudizio universale
non passa per le case
in casa non si sentono le trombe
in casa ti allontani dalla vita
dalla lotta, dal dolore, dalle bombe.


[parlato] lidia, ti amo.
lidia, ho bisogno di te...
ma, per favore, in un hotel meublé.


perché il giudizio universale
non passa per le case
le case dove noi ci nascondiamo
bisogna ritornare nella strada
nella strada per conoscere chi siamo.
c'è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l'unica salvezza


c'è solo la voglia, il bisogno di uscire
di esporsi nella strada, nella piazza.
perché il giudizio universale
non passa per le case
in casa non si sentono le trombe
in casa ti allontani dalla vita
dalla lotta, dal dolore, dalle bombe....


perché il giudizio universale
non passa per le case
in casa non si sentono le trombe
in casa ti allontani dalla vita
dalla lotta, dal dolore, dalle bombe.


Gaber - Luporini

1.1.06

non commentabile

inizia un nuovo, scoppiettante, anno
(ma pure) un mese sfidante
una settimana importante
un giorno sbadigliante
un’ora tutta nuova
un minuto irrepetibile
un istante, ecco, un istante che se ne va
(quindi cosa cazzo festeggiamo? che sia sempre festa!)


l’impellenza di scrivere. buttar giù parole che frullano e infastidiscono, sai il rumore del frullatore... mentre tutto intorno piove&vento. e aggrapparsi a quello che non c’è. duemilasei. i numeri sono importanti. le lancette non smettono di scorrere e io odio il ticchettio. però volentieri ci facciamo trascinare. verso nuovi panorami. nuove idee. speranze di ogni uomo cuore-munito. mica è difficile scorgerne di senza. mai come nell’anno che è andato, c’è stato un turnover così vasto di conoscenze. chi è andato via, chi è venuto, chi ha solo fatto capolino (sull’uscio di casa), non c’ha capito granché e se l’è data a gambe. detesto una certa immagine che ho di me. su quella che hanno gli altri, non saprei dire. forse sta tutta qui l’incapacità, non dico di voltare pagina, ma di stare fermo, il tempo giusto, su di una, una soltanto.

28.12.05

rumore bianco

stamattina pensiero morte mi ha prima lambito poi atterrito irretito umore nero (o bianco) è sgorgato a fiotti dalla testa forata sfiorita sfinita di lutti e funerali prove generali che qui intorno non è morto mai nessuno e a meno che muoia prima io moriranno prima loro

25.12.05

natale con i miei: come dare alle fiamme presepi

a tavola con mezzi sconosciuti che mi squadrano di sottecchi. mi tocco il naso e le orecchie. taglio l’imbarazzo a fette. verso il vino e per un impercettibile tremolio della mano, che mi porto dietro fin da piccolo, tre gocce cascano sulla tovaglia, rosse, belle grosse. nessuno lo fa notare. ma continuano a guardarmi di sottecchi. ‘fanculo ai vecchi.

e domande strariciclate. roma? È ancora lì! da quanto sei tornato? da qualche giorno! quando partirai? fra qualche giorno! ti manca molto (per finire l'università, non roma)? un po’! londra o marte, la prossima tappa? me ne esco, con un ipocrita, sì, oggi l’italia non è che offra molte prospettive. ma intanto firmerei subito per un lavoraccio sicuro e sottopagato (da impiegato, magari di concetto) al comune di roccabascerana. ambizione vade retro!

finalmente mi scrollo di dosso parentela varia ed esco. respiro. uno sbuffo di vapore. due. tre. silenzio insolito. noto, allora, con piacere che quest’anno non facciamo invidia a baghdad. fino a quando un cecchino, appostato chissà dove, lancia un paio di cipolle a qualche metro da me, boati, sbando e mi vien voglia di rispondergli con un colpo di kalashnikov dritto in fronte. perché non sono violento. è autodifesa.

in mezzo ai ggiovani. auguri a destra e a manca. gente a cui non ho dedicato un minuto nei tre anni che ci precedono. sorriso a metà e smack schioccante.

X: sei ad ingegneria?
io, consapevole: no, fabio!
X, risentito: guarda che mi chiamo claudio
io: cazzo, devo scappare. scusa mario!


ad alcuni offro solo il profilo. nell’imbarazzo del primo passo, siamoancoraamicioppureno?, perdo forse l’ultima occasione per chiarirci le idee. e vanno via. senza i miei auguri. cazzo! più in là, la sede provinciale della banca d’Italia ha una finestra illuminata alle tre di notte. e la cosa mi inquieta. tanto.

e una sequela di sms dalle persone più disparate. con le formule d’auguri più disperate. mi limito a rispondere con una stringatezza d’altri tempi, persino uno scarnificato, “auguri!”. che la pace sia con te. pure se scanso messe&sacramenti, processioni&bambinelli, oramai ridotto a laico laido.

tanto che, più empio non ce n'è, un mini-presepio, male poggiato sulla mensola del caminetto della nonna, rovina a terra e si frantuma in mille pezzi. prima bruciamo la capanna di legno. poi con l’indice ed il medio mi diverto ad imitare maradona con la testa della madonna. fino a scaraventarla nella brace più ardente. solo il bambinello, ancora intero, è messo in salvo. abbiamo l’approvazione della devota di famiglia. confidiamo ancora nel paradiso.

p.s. nulla sui regali e su babbo natale, sarebbe troppo. mentre sgomento m’accorgo che natale non è finito. dunque auguri!

24.12.05

alla larga dal letargo

"mi metterei a dormire!" sopire l'ansia. e morirne. giustizia inadeepsleep e scorie familiare e ristrettezze mentali. non c'è tempo per reagire se il torpore mette sotto scacco pure il dolore. rianimo vitalità sonnacchiosa e mi scelgo prima che mi scelgano. per riallineare gli obiettivi del sogno con quelli del giorno. (meglio ribadirlo!)

22.12.05

freddo si dissolverà

19.12.05

lazzarone

ero morto. caduto come un sacco, mezzo svenuto, vista annebbiata, testa che girava, fischi alle orecchie, freddo dappertutto, sudore alla fronte, sbiancato, mi dicono. e nemmeno il tempo per scorrere tutta la vita davanti agli occhi, altroché. poi mi hanno steso sul letto. acqua e zucchero, mi dicono. tenevo gli occhi sbarrati per paura di chiuderli. e un valzer di ipotesi. devo rifare le analisi del sangue. le ultime mi davano un ematocrito al 53%, peggio del pantani di madonna di campiglio. eccesso di globuli rossi. comunque niente di grave. sì, ero morto. ma roba di cinque minuti!

18.12.05

passate letture riaffiorano

L'uomo non vive soltanto la sua vita personale come individuo, ma - cosciente o incosciente - anche quella della sua epoca e dei suoi contemporanei, e qualora dovesse considerare dati in modo assoluto e ovvio i fondamenti generali e obiettivi della sua esistenza ed essere altrettanto lontano dall'idea di volerli criticare quanto lo era in realtà il buon Castorp, è pur sempre possibile che egli senta vagamente compromesso dai loro difetti il proprio benessere morale. Il singolo può avere di mira parecchi fini, mete, speranze, previsioni, donde attinge l'impulso ad elevate fatiche e attività; se il suo ambiente impersonale, se l'epoca stessa, nonostante l'operosità interiore, è in fondo priva di speranze e prospettive, se furtivamente gli si rivela disperata, vana, disorientata e al quesito formulato, coscientemente o no, ma pur sempre formulato, di un ultimo significato, ultrapersonale, assoluto, di ogni fatica e attività, oppone un vacuo silenzio, ecco che proprio nel caso di uomini dabbene sarà quasi inevitabile un'azione paralizzante di questo stato di cose, la quale, passando attraverso il senso morale psichico, finisce con l'estendersi addirittura alla parte fisica e organica dell'individuo. Per aver voglia di svolgere un'attività notevole che sorpassi la misura di ciò che è soltanto imposto, senza che l'epoca sappia dare una risposta sufficiente alla domanda "a quale fine?", occorre o una solitudine e intimità morale che si trova di rado ed è di natura eroica o una ben robusta vitalità. Né questo né quello era il caso di Castorp, sicché si dovrà pur dire che era mediocre, sia pure in un senso molto onorevole.

Thomas Mann, La Montagna Incantata

ultimamente assomiglio di più a me stesso

faccio tanti di quelli errori che all'esame di coscienza, spesso, preferisco stare zitto!

16.12.05

notizie false...con attenuanti

fazio mi è simpatico. perché ha dodici figlie di nome maria. perché ha occhiali giganti da saldatore. perché quando parla non si capisce. perché è cattolico come nemmeno oltre tevere. perché quel palazzone a via nazionale è triste e lui deve lavorarci. perché credeva di giocare a risiko, ma con regole tutte sue ed è stato scoperto. perché magari aspirava ad entrare in politica, tanto ci entrano tutti prima o poi e l’hanno bloccato. perché è amico di politici di secondo livello e di banchieri di bassa levatura. perché va a francoforte e gli altri banchieri centrali lo trattano male. perché tremonti lo tratta male. perché deve andarsene da un pezzo e non se ne va. perché, in fondo, quando tutto è contro un personaggio, sono mosso a pietà. perché sono sicuro che in quella fatidica mezzanotte, mentre dava in anticipo buone nuove all’amico lodigiano, non s'aspettava certo come ringraziamento un bacio in fronte e seppure non visto, si fece rosso rosso...senza nulla da dire!

14.12.05

quelli che...ripubblicano

Quelli che scrivono sui blog perché hanno i figli da mantenere oh yes!
Quelli che di mestiere selezionano i blogger con l’età dei figli oh yes !
Quelli che poi pubblicano i blog oh yes!
Quelli che quando c’è la salute c’è tutto oh yes!
Quelli che perdono la salute e ritrovano la fede oh yes!
Quelli che vanno a messa solo a Natale e pregano in playback oh yes!
Quelli che ai funerali sanno quando è il momento giusto per le condoglianze oh yes!
Quelli che al momento giusto ti farò vedere oh yes!
Quelli che quando mi incazzo oh yes!
Quelli che al giorno d’oggi, nella situazione attuale, alla luce di oh yes!
Quelli che non spengono la luce quando escono di casa per paura dei ladri oh yes!
Quelli che mille lire un euro oh yes!
Quelli che l’inflazione è colpa delle massaie oh yes!
Quelli che prima al supermarket ora al discount oh yes!
Quelli che nelle grandi città tutto costa di più oh yes!
Quelli che nelle piccole città non c’è nulla da fare oh yes!
Quelli che nelle città medie non sentono l’importanza del contendere oh yes! oh yes!
Quelli che il lavoro al sud non si trova oh yes!
Quelli che si rifiutano di emigrare perché questa è la mia terra oh yes!
Quelli che al sud si licenziano oh yes! Oh yes!
Quelli che è tutta colpa della mafia oh yes!
Quelli che la mafia forse esiste ma la Sicilia è bella oh yes!
Quelli che la mafia non ci risulta oh yes! oh yes!
Quelli che non leggono libri per paura di diventare ciechi oh yes!
Quelli che non leggono i libri ma poi li recensiscono oh yes!
Quelli che leggono in metropolitana oh yes! oh yes!
Quelli che la metro è affollata oh yes!
Quelli che i bus sono affollati oh yes!
Quelli che il traffico è aumentato oh yes!
Quelli che poi camminano a piedi oh yes! oh yes! oh yes!
Quelli che non seguono la politica oh yes!
Quelli che la politica non li segue oh yes!
Quelli che votano scheda bianca per non sporcare oh yes!
Quelli che votano a destra per paura degli islamici oh yes!
Quelli che votano a destra perché Berlusconi sparla bene oh yes!
Quelli che votano a destra perché Fini a differenza di Berlusconi è un politico oh yes!
Quelli che vomitano oh yes!
Quelli che i politici sono tutti uguali oh yes!
Quelli che ai comizi sono i primi a far partire l’applauso oh yes!
Quelli che la sinistra non ha un leader oh yes!
Quelli che organizzano la marcia per la guerra oh yes!
Quelli che berlusconi vende fumo oh yes!
Quelli che fumano quando berlusconi vende oh yes!
Quelli che berlusconi lo sopportano loro malgrado, da vicepremier* oh yes!
Quelli che le toghe rosse per via della boccassini oh yes!
Quelli che i magistrati sono psicologicamente deviati oh yes!
Quelli che riformano la giustizia per raddrizzare (psicologicamente) i magistrati oh yes!
Quelli che buttiglione è un filosofo oh yes!
Quelli che sono onesti fino ad un certo punto oh yes!
Quelli che mi raccomando oh yes!
Quelli che gira voce che oh yes!
Quelli che non ci volevo credere neanche io oh yes!
Quelli che tengono alla tv oh yes!
Quelli che tengono al Milan oh yes!
Quelli che non tengono il vino oh yes!
Quelli che detengono il potere solo nel salotto tv guardando il Milan oh yes!
Quelli che mia moglie non è mai in casa oh yes!
Quelli che mio marito non vuole uscire mai di casa oh yes!
Quelli che poi litigano sull’uscio di casa oh yes!
Quelli che hanno tre cellulari, tre schede telefoniche e tre amici oh yes,
Quelli che temono il cellulare perché hanno qualcosa da nascondere oh yes
Quelli che l’auto è il mio unico lusso oh yes!
Quelli che l’auto non l’uso più oh yes!
Quelli che non hanno mai avuto un incidente mortale oh yes!
Quelli che la morte l’hanno vista con gli occhi oh yes!
Quelli che con una dormita passa tutto anche il cancro oh yes!
Quelli che ma te l'ho raccontato di quando oh yes!
Quelli che ma non ci vediamo mai oh yes!
Quelli che magari stesse con me quella oh yes!
Quelli che tipo…tipo…tipo…oh yes!
Quelli che non si divertono mai neanche quando ridono oh yes!
Quelli che al cinema sbuffano continuamente oh yes!
Quelli che al cinema commentano il film col megafono oh yes!
Quelli che dopo il cinema criticano il film pari pari al quotidiano del giorno prima oh yes!
Quelli che non vogliono terminare il liceo perché è il periodo più bello oh yes!
Quelli che non vogliono terminare l’università perché è il periodo più bello oh yes!
Quelli che non vogliono compiere 30 anni perché capiscono che sta per terminare il periodo più bello oh yes!
Quelli che non badano più all’estetica oh yes!
Quelli che quando perde l’Inter ed il Milan dicono che in fondo era una partita di calcio poi tornano a casa e picchiano i figli o yes!
Quelli che non c’erano oh yes!
Quelli che non ci risultano oh yes!
Quelli che non esultano oh yes!…
Quelli lì…

*il post è del 17 dicembre 2004. Ci si riferiva alla posizione di Follini.

12.12.05

quello che non ho capito in un anno di blog

perché, solo dopo un mese dalla scoperta della blogosfera, ho aperto inadeepsleeep, non sapendo niente di niente. non avrei potuto restare lettore silente?...

cosa sono i feed, gli rss e compagnia bella. che poi un’idea ce l’ho pure ma proprio non mi va di approfondire. sai quando l’ignoranza alligna…

come personalizzare il template, non riempiendolo di bannerini del cazzo, semplimente, ora che è natale, come cambiare lo sfondo blu con il rosso...

perché ho scritto almeno metà dei miei post… e se un giorno verranno riscoperti dalla critica come le commedie sexy della fenech...

a cosa servono gli archivi…

visto che ho riempito il blog di giochi di parole mal riusciti, di farneticazioni bell’e buone, una spruzzata di politica, pochissima musica&letteratura e niente sesso, in quale categoria è inseribile il blog, per forza in altro&varie…

perché lo shinystat provoca dipendenza…

perché, prima che inserissi lo shinystat, erano passati di qui solo sventurati utenti di blogger.com da nonsodovequalepaese, cliccando sulla finestra ultimi post pubblicati e quante frazioni di secondo hanno impiegato per chiudere la pagina…

se è meglio blogger.com o splinder…

perché, talvolta, un/a blogger, di un certo seguito, pubblica un finto post d’addio, riceve una vagonata di commenti imploranti il ritorno, che poi effettivamente viene tra le lacrime di giubilo dei lettori affezionati. Insomma non è mariomeroleggiante tutto questo?

che tipi di incontri, apparizioni, epifanie si possono avere ai blograduni…

se mai, un giorno, ad avellino&provincia si organizzerà un blograduno a cui io potrò mancare, qualora invitato, per un improvviso contrattempo…

perché, generalmente, le blogstar sono trentenni di milano…

perché c’è chi posta rigorosamente da lunedì a venerdì, ad orario fisso, insomma perché esistono blogger con il cartellino…

perché sono tanto poche le donne che mi leggono. forse che devo inserire una foto promozionale?

o fare una campagna di commenti acquisti in tutti quei siti, tardo adolescenziali, in cui scrivono, sOnO mOLto CArinA e amo la MuSiKa….

se, una volta entrato tra i primi mille di blogitalia e i primi trecentomila di technorati, devo considerare il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto e di conseguenza licenziare maynardo e passare a milton…

una volta per tutte, dove rispondere ad un commento, sul proprio o sull’altrui blog…

se, quando e soprattutto a chi, tra quelli che mi sono accanto, dire dell’esistenza di inadeepsleep...

se la small verdina va bene come formato (lo chiedo in particolare a sury e abgely): non vorrei accecarvi…

se vale la pena continuare…

10.12.05

( )

quanto tempo e ancora ci rimane per aggiustare le cose che scricchiolano e disturbano la testa più che il movimento? così tanto da meravigliarsene e poi meravigliarsi della propria medietà. né genio né tonto, se la butti sull’intelligenza. né vincitore né sconfitto, almeno per adesso. conservatore quasi in tutto, tranne in politica. a sorprendersi della libertà che abbiamo e di cui spesso non sappiamo che farcene. oppure saperne così tanto sul da farsi, che questo diventa, per contrappasso, la nostra prima schiavitù. e dunque uomo medio costretto a mediare. forse c’è che non sono bravo a speculare. perché altrimenti sarei stato altrove. forse

8.12.05

sbornia

lacrimo per il conato soltanto. non per i sorrisi che non ti ho regalato. sarebbe paradossale. mi manca l’idea che ho di te e allora ne approfitto per far niente. in giorni sospesi come luci di natale spente. donne che fuggono. amici che impazziscono. ore che implodono. io che mi ritrovo solo per perdermi più velocemente. e parole che vengono senza raccapezzarcisi. nemmeno queste...

6.12.05

revisionismo storico

non fare di tutta l'erba un soviet!

4.12.05

l'Alpe d'Huez

mi fa male la coscia destra. come uno strappo. ma non accenno ad uno sforzo fisico da almeno un paio di settimane. come è possibile? acciacchi dell’età. ventiduenne già prossimo al ritiro. ora che avrei dovuto passare al professionismo. io che sognavo di diventare un passista scalatore. certo, i primi anni da gregario non li avrei evitati. però mi sarei fatto vedere in qualche corsa minore. le prime fughe. dei piazzamenti. qualche vittoria, alla settimana Coppi&Bartali, magari. la partecipazione al giro, per farmi le ossa. raggiungere Milano e trovarla splendida. seppure da novantaseiesimo in classifica generale. le classiche. alla sanremo avrei attaccato sul poggio; alle fiandre, sul muro del grammont; a san sebastian sull’alto de jaizkibel. a ventisette/ventoanni avrei curato la classifica generale per l’ultima squadra italiana del pro-tour, alla corsa delle corse. e lì, la grande occasione. sull’alpe d’huez. a metà corsa, resto attardato per una foratura. con l’aiuto di tre compagni, e grazie alla scia delle ammiraglie, riprendo il gruppo proprio all’imbocco della salita, a le bourg d’oisans. i primi due chilometri sono micidiali. subito al 10%. risalgo in gruppo e tengo la ruota di chi ha la ruota della maglia gialla. il gruppo è scremato dai tre miei uomini, che tirano a tutta per sette/ottocento metri, poi si piantano di colpo, mi fanno un accenno col capo, nemmeno la forza di dirmi, coraggio! hanno fatto un lavoro splendido. devo attaccare anche per loro. il gruppo è ora ridotto a sette unità. tocca a me. do le prime stilettate di pedale giusto per saggiare le gambe agli avversari. per due volte mi risponde il secondo della classifica generale. la maglia gialla sembra in difficoltà. s’accoda con ritardo. la sua pedalata è legnosa però il suo volto resta impassibile. gli altri quattro del gruppo oramai sono staccati. le rampe salgono di nuovo al 9/10%. sto bene. è la mia occasione. vado forte in salita perché così accorcio la fatica. e scatto di nuovo. una fucilata. in duecento metri ne guadagno cinquanta sui due. non mi volto più. mi alzo sui pedali e rilancio. la folla m’incita, ma non la sento. i tornanti si susseguono ma non fanno male. la moto dell’organizzazione mi segnala sulla lavagnetta di un vantaggio che cresce. dietro l’ombra della mia ammiraglia. ho già più di un minuto. all’ultimo chilometro, capisco che è fatta. la strada per un po’ spiana. è un’impresa. e mi viene da piangere come un bambino ma tengo duro e stringo i denti. sprinto per la classifica generale. sul traguardo alzo le braccia. batto le mani. esulto con lo sponsor bene in vista…e poi non ce la faccio più. scoppio a piangere come un bambino.


1.12.05

technorati, così com'è, non funziona!

mentre rassettavo nel mio blog, in vista del compleanno...

ho deciso autoritativamente che lo stesso possa supportare (e sopportare) solo diciotto link, nove donne e nove uomini, per le pari opportunità: diamo l’esempio. ora detta così può sembrare una vaccata e magari lo è. ma lasciate che mi spieghi, poi lascio a voi. il numero chiuso ha un senso perché un blog che ha troppi link, semplicemente, è come se non ne avesse alcuno. che poi, a cosa serve la lista di link? ad orientarsi. può aiutare il nuovo lettore se rimanda a blogger più o meno affini, più o meno limitrofi. in ogni caso non si è mai veramente vicini a tanti blogger. a meno che si bari o peggio si finga. e se in un blog c’è una lista infinita di link, non si è minimamente incentivati ad aprirne alcuno. insomma una ventina di link possono bastare. poi ci sarà chi ne riesce a gestire di più, chi di meno. sì, dico gestire. linkare equivale ad assumersi una responsabilità. sulla bontà di una scrittura? non so. forse è il mio criterio (è il mio davvero?). ma ognuno ha i suoi criteri. la finto poetessa linka altri finti poeti, ma pure suo cugino perché così gli va. lo sparacazzate, cento altri sparacazzate ma pure un paio di lolite dodicenni che magari lo arrapano. ognuno può fare quello che gli pare, sia ben chiaro. quello che è insopportabile è che in giro ci siano link a sbafo, che il blogger non ricorda perché...o ancora meglio di cui il blogger non sa una cippa, che non frequenta. oppure dei link morti, clicchi e vien fuori una pagina che emana un odore di marcio. qui ci vogliono regole certe. il numero chiuso ci semplifica il compito. una volta che un nuovo blog possegga i requisiti per entrare a far parte della ristretta lista, uno dei linkati deve lasciargli il posto. naturalmente a lasciare il posto è il blog ritenuto, al momento, meno interessante (chi può dirlo, un giorno potrà recuperare il suo posto al sole). che poi un blog magari t’appassiona per mesi interi, lo leggi con avidità, commenti pure con regolarità. poi però tutto svanisce, ci passi di rado, non finisci nemmeno di leggere gli ultimi post. mantieni il link soltanto per una sorta di gratitudine per il tempo che fu. no, non si fa così. non ha logica. taglia i ponti. per essere coerente si dovrebbe linkare all’archivio di quel blog, non alla home page di oggi che è diventata tanto insulsa*. voglio dire che è opportuno tenere sotto controllo i blog linkati. una sorta di valutazione reciproca ma che sia dinamica. chi linka dovrebbe essere un lettore abituale del linkato. bene, se guadagni un link non è obbligatorio contraccambiare. almeno fino a che non si è convinti che il blog del linkatore possa scalzare uno dei tuoi. e ancora, se si ritiene che nessuno merita di entrare, ma un blog linkato non dà più garanzie (o peggio ancora è morente), si è obbligati ad estrometterlo e dare un'occhiata in giro per aggiungerne uno.
dimostrazione pratica:
tra gli uomini tengo:
volso
chinaski 77
i ragazzi di via toniolo
contro karma
allerta
artatamente
tre metri sopra al cielo
nick cohen

butto via
Settore ed Enthusia

linko burakudream

tra le donne tengo:
catartika
underbreath
i provinciali
irisnera
claretti
sury
gupi gupi
sprammanoia (è donna?)

butto via
erba

linko rosadirabbia
è una vaccata?
*le home page dei blog dianzi esclusi non sono, in ogni caso, insulse. altre e varie sono le ragioni di tali sofferte estromissioni.

29.11.05

plagio verdena

mi illudi distratta
e crei ciò che vorrei
tu sei ovunque
e io dovrei reagire per te
tu giuri e fingi
poi neghi e scappi
tu sei ovunque
ovunque
ma io vorrei reagire
tu stringimi colpevole
e sarò ciò che vorrai
tu sei ovunque
ovunque
ma io saprò reagire (per me)

28.11.05

i provinciali

le città hanno fatto celebre l'italia, ma ciò che la tiene assieme è la provincia, la cui ambizione è andare in qualche modo, politico o mondano o televisivo, a roma per raggiungere il desiderio forte di scapparne.
giorgio bocca

26.11.05

c'è che c'è

c’è che avrei voglia di gridare VAFFANCULO ma che sia rigenerante, un esorcismo, che dopo tutto si trasformi in oro

c’è che dal post sul terremoto mi sarei aspettato reazioni unanimi ma non ne sono venute nemmeno di discordi e la cosa che mi irrita è che abbia delle aspettative

c’è che sono solitario questo weekend e ne approfitto per studiare, magari come un tempo, con la paura di aver disimparato, ma non ci si può lamentare dello studio, non è mai un obbligo

c’è che dove studio io, l’ambizione sfonda i cervelli e sforna mostruosità: io ho fatto, io ho detto, io ho letto, io ho viaggiato, io, io, io, io………un noi nemmeno a pagarlo

c’è che non riesco a parlarti più, non so nemmeno io perché, forse per abituarmi alla tua prossima assenza, forse per rendere più lieve la tua presenza, per convincermi che ti sopravvivo, nonostante tutto

c’è che però ti voglio bene e sono quasi felice di aver sragionato per te se solo non fossi sicuro che avrei potuto sragionare molto meglio

c’è che anch’io ora ho il messanger, avrei resistito ad oltranza, non è questione di essere refrattari alle innovazioni, è che non ho tanta voglia di comunicare, punto: qui piove, da te?

c’è che se avessi avuto una buona memoria, sarei già impazzito, così era scritto sul giornale, per fortuna già non ricordo

c’è che finché rimani passivo puoi conservare la consapevolezza dell’estensione della verità, ma non appena diventi attivo ti ritrovi in qualche modo, se non proprio a violare una convenzione, almeno a sconvolgere la prospettiva delle cose.

c’è che quest’ultima non è mia e si vede

c’è che fra un po’ questo blog compie un anno, dovrò inventarmi qualcosa, festeggiare con i miei quattro lettori, stabilire il post da ripubblicare, il conto da pagare, il sonno da recuperare...la data in cui chiudere

25.11.05

second best


A 73 anni, Pat Morita, meglio noto come Kesuke Miyagi, il saggio istruttore di Karate Kid, ci ha lasciati. Ciao Pat, un'intera generazione ti piange!

21.11.05

noi dei palazzi, loro dei prefabbricati

quando ero piccolo il mio orizzonte era fatto di un paio di palazzacci identici al mio, una superstrada che li cingeva e decine di prefabbricati post terremoto, verdi acqua e dal tetto di lamiera. erano addossati l’uno all’altro confusamente. solo uno stradone con i dossi a dividerli. stracolmi di gente. pieni di bambini come me. io credevo di vivere più che decentemente allora. io ero uno dei palazzi. avevo solo un fratello. mai avrei pensato che dopo un tot di anni sarei cresciuto, trasformato nella persona che sono, abbandonato quel quartiere e soprattutto che al posto di quei prefabbricati potesse nascere il parco più cementato d’italia.

non c’ero ancora il 23 novembre 1980. sono venuto fuori una manciata di anni dopo. ma durante tutta la mia infanzia, il fantasma del terremoto girava eccome. nei racconti della gente. nelle crepe dei muri. nelle macerie delle case. nella paura che tutto si potesse ripetere. saremmo stati più preparati ora? a correre a perdifiato. a salvare la pelle. ci bastava essere nel novero dei sopravvissuti anche questa volta. questione di epicentro. se balli tu, allora ballo anch’io.

e ogni volta si diceva: “se il nostro palazzo ha resistito al terremoto dell’80 è di buona tempra. non può tradirci. salvo la catastrofe totale. ma la catastrofe totale non scampa nessuno. allora perché sopravvivere?” insomma discorsi agghiaccianti, se uno ci pensa. come se il cataclisma avesse indurito i cuori tanto che ognuno pensasse alla sua come una solitaria guerra contro il terremoto e escogitasse dei sistemi su come scamparla. sia chiaro: non è andata così. è che un bambino come me, non poteva che esorcizzare la tragedia, personificare il pericolo, tradurre il tutto in un grande gioco ad eliminazione.

tieni sempre i piedi ben poggiati a terra che in un attimo puoi sentire un fragore venire dal centro del mondo, un’occhiata al lampadario: si muove. anche i muri ballano. tutto viene giù. non toccare la tv. è solo tempo di scappare. non gridare. non serve. chi abita al primo piano, come mia zia, alla comodità di poter fuggire velocemente unisce lo svantaggio di poter essere sepolta da ben cinque piani di macerie. al sesto piano, conviene restare immobili, magari salire sul tetto, almeno governi la caduta. che mente bacata. noi siamo al terzo piano, dunque la nostra strategia deve tenere conto dell’intensità della scossa. per i terremotati dei prefabbricati è più facile, non gli può cadere nulla addosso. si salveranno questa volta. fai come se fossero già eliminati dal gioco.

che poi la circostanza per la quale eravamo ancora in gioco, non garantiva sul nostro benessere né sul decoro del nostro condominio. benché vi abitassero, per la maggior parte, coppie appena sposate, pochissime erano le donne che lavoravano, ancora di meno i laureati. ma ogni famiglia bene o male portava a casa almeno uno stipendio. non sprizzavamo di salute, ma si mangiava sempre. nei prefabbricati si mangiava quasi sempre e di malaticci disoccupati ce n'erano, eccome.

sotto i nostri palazzi, cunicoli bui e maleodoranti facevano da garage. si prega di non orinare sulla saracinesca, rischio marcescenza, mica per l’igiene. alcuni dei garage, i più lontani dalla strada, non erano nemmeno terminati. Il vulcanico costruttore era caduto in disgrazia e nessuno non se lo aspettava. in quei quadrati non rifiniti, parcheggiava chi non poteva permettersi un box tutto suo né l’auto nuova. allora ripiegava su un buon usato. e non l’ ho mai capito ma il buon usato che girava nei miei paraggi era sempre targato cn (cuneo).

dunque non vivevamo nel lusso, ma nei prefabbricati? ci sarò entrato dentro un paio di volte in tutto ad accompagnare mia madre e cosa volete che vi dica, sarà pure banale, ma cazzo era tutto decisamente angusto. quaranta/cinquanta metri per nuclei familiari spesso molto numerosi. per conquistare un po’ di spazio, si tiravano su delle mini verande, ma non è che si risolvesse molto. di pomeriggio masse di bambini bighellonavano per strada così era naturale che si formassero delle bande di pupi.

anche noi (dei palazzi) avevamo una banda. dai sei anni in su, prima solo in estate, poi praticamente tutto l’anno, col nostro inseparabile super santos, scendevamo in strada e giocavamo fino a tardi. eravamo in sette/otto, di cui due più che grassi, due più che magri, insomma poco adatti allo scontro fisico e per la verità un tantinello pavidi, d’altra parte poco più in là giravano sciami di coetanei agguerriti. fin quando i prefabbricati rimasero una casbah popolosa ed inespugnabile, era impensabile per noi oltrepassare il confine immaginario. anzi dovevamo difenderci da pericolose azioni intimidatorie delle bande avversarie (quelle dei bambini-prefabbricati), che, se volevano, s’abbattevano come un ciclone sul nostro campetto, requisivano il pallone, devastavano le porte, schiaffeggiavano il malcapitato di turno, e fuggivano via. era impossibile reagire. era meglio non reagire. a meno che non volessi anticiparli e nasconderti nei cunicoli bui e maleodoranti.

ma venne il tempo del primo sgombero. le nuove case popolari erano finalmente pronte. le prime famiglie iniziavano a traslocare e cominciava la demolizione dei prefabbricati. restavano enormi spazi vuoti. buoni per una partita di calcetto. magari di riconciliazione. in realtà ora che avevano perso parte degli uomini, il nostro coraggio si rianimava. eravamo pronti per una sfida ad armi pari che avrebbe sancito, senza dubbio, chi fosse il migliore. certo il clima, per noi ospiti (seppure a 80 metri da casa), non fu dei più accoglienti. cori ostili, sputi simulati, sottili violenze psicologiche in un campo persino regolare, per noi abituati a giocare in un rombo. insomma venne una sconfitta sonora. I prefabbricati ancora una volta si mostravano più forti dei palazzi.

e non fu un caso. le partitelle, per niente amichevoli, si ripeterono con esiti finanche più disastrosi. nel frattempo lo sgombero proseguiva e presto non ci fu che un solo prefabbricato. oramai eravamo i padroni di tutta l’area. non che ce lo fossimo meritati, era la storia accidenti che così aveva voluto. scorrazzavamo felici per lunghi sopralluoghi tra le macerie dei prefabbricati e raccoglievamo bretelle di plastica con cui costruivamo piste per le macchinine, finalmente fieri della nostra “palazzitudine”. ignari che di lì a poco il tempo avrebbe spazzato via quella fragile vittoria: l’adolescenza, le prime ragazze, i litigi, i due più grassi dimagriti, i due più che smilzi appesantiti. nessuno voleva più giocare a pallone e la paura del terremoto d'un tratto come svanita.

volutamente ho omesso cosa è stato il terremoto per l’irpinia, la macchina dei soccorsi, la solidarietà dell’italia e del mondo, la ricostruzione, i suoi scempi, i suoi miracoli. ma non avrei saputo dire molto. quello che so è come il terremoto è entrato prepotentemente nella mia infanzia, come ci sono entrati i prefabbricati. e la lezione che ne ho tratto. che sarò sempre un privilegiato. uno dei palazzi. che un posto dignitoso dove vivere, bene o male, lo troverà sempre. in ogni caso, se possibile, dio ci scampi un altro terremoto.
se volete saperne di più, cliccate qui!

18.11.05

a mezzanotte, cenerentoleggio

bruma. luna piena. e tu, ora, bruna. annaspo per i tuoi occhi. di là qualcuno grida il mio nome. la ignoro. meglio evitarla. mi faccio spazio tra la folla solo per scorgerti. che bell’attrazione che sei. mi sforzo di trovare ragioni pur di lasciarti in pasto agli sguardi altrui. a stento ne rabbercio una. così ti saluto con la manina dietro il vetro semi appannato. il tuo sorriso inebriato mi risponde. mi volto di scatto. mi dileguo. e che male. ai piedi. tolgo le scarpe e le lascio sulla scalinata. che dire, aspetto che me li riporti indietro. tanto mio fratello porta il 49!

15.11.05

via da roma

un giorno me ne andai come oggi i ragazzi vanno in india. me ne andavo da quella roma puttanona, borghese, fascistoide, da quella Roma del "volemose bene e annamo avanti", da quella roma delle pizzerie, delle latterie, dei "sali e tabacchi", degli "erbaggi e frutta", quella roma dei castagnacci, dei maritozzi con la panna, senza panna, dei mostaccioli e caramelle, dei supplì, dei lupini, delle mosciarelle... me ne andavo da quella roma dei pizzicaroli, dei portieri, dei casini, delle approssimazioni, degli imbrogli, degli appuntamenti ai quali non si arriva mai puntuali, dei pagamenti che non vengono effettuati, quella roma degli uffici postali e dell’anagrafe, quella roma dei funzionari dei ministeri, degli impiegati, dei bancari, quella roma dove le domande erano sempre già chiuse, dove ci voleva una raccomandazione... me ne andavo da quella roma dei pisciatoi, dei vespasiani, delle fontanelle, degli ex-voto, della circolare destra, della circolare sinistra, del vaticano, delle mille chiese, delle cattedrali fuori le mura, dentro le mura, quella roma delle suore, dei frati, dei preti, dei gatti... me ne andavo da quella roma degli attici con la vista, la roma di piazza bologna, dei parioli, di via veneto, di via gregoriana, quella dannunziana, quella barocca, quella eterna, quella imperiale, quella vecchia, quella stravecchia, quella turistica, quella di giorno, quella di notte, quella dell’orchestrina a piazza esedra, la roma fascista di piacentini... me ne andavo da quella roma che ci invidiano tutti, la roma caput mundi, del colosseo, dei fori Imperiali, di piazza venezia, dell’altare della patria, dell'università di roma, quella roma sempre con il sole – estate e inverno – quella roma che è meglio di milano... me ne andavo da quella roma dove la gente pisciava per le strade, quella roma fetente, impiegatizia, dei mezzi litri, della coda alla vaccinara, quella roma dei ricchi bottegai: quella roma dei gucci, dei ianetti, dei ventrella, dei bulgari, dei schostal, delle sorelle adamoli, di carmignani, di avenia, quella roma dove non c’è lavoro, dove non c’è una lira, quella roma del "core de roma"... me ne andavo da quella roma del monte di pietà, della banca commerciale italiana, di campo de’ fiori, di piazza navona, di piazza farnese, quella roma dei "che c’hai una sigaretta?", "imprestami cento lire", quella roma del coni, del concorso ippico, quella roma del foro che portava e porta ancora il nome di mussolini, me ne andavo da quella roma di merda! mamma roma: addio!
Remo Remotti

la verità non è ferma

mi muovo con circospezione, non che l'ambiente sia nuovo ma mi pare di leggere le cose in maniera diversa. non vorrei che si accorgessero che lentamente sto cambiando. ed il bello della trasformazione sta nel fatto che più sei consapevole dell'imminente cambio di guardia, più rassicuri gli altri, e te stesso per primo, dell'immutabilità delle tue opinioni. le gridi ai quattro venti. con la convinzione dell'uomo valigia. chi non cambia mai idea viene distaccato dalla verità.

12.11.05

indiani metropolitani

rivolta corre sul web. guerriglia urbana contro esclusione sociale. sarkozy presidente? ma mi feccia il piacere! on va bruler panama. e la renault 4 parcheggiata. il governo risponde con il coprifuoco. vieta gli assembramenti in centro. insomma un gigantesco gioco di ruolo. che parigi val bene una sommossa!

10.11.05

avanti

avrei bisogno di qualcuno che mi spieghi come il mondo è arrivato fino ad oggi e dove mi sono ficcato io

7.11.05

mmmh...

no, non mi viene niente

5.11.05

maynardo e le storie grottesche

lentamente ci stiamo trasformando tutti in servi della glebalizzazione

3.11.05

senza né capo né coda

a dieta per un chilo di noia in meno e un etto di entusiasmo in più e amore quanto ne vuoi, non dovrebbe essere difficile superare le secche di oggi: i buoni sentimenti o propositi di domani. vomito ué e ià con voluttà. sonorità campane. ricevo in cambio sguardi ostili e meno spesso un ahò. sei napoletano? sì (ma non lo sono, vallo a spiegare). emigrante? no, io un lavoro ce l’avevo. sono venuto fuori per viaggia’, per conosce’. troisi accompagna le nostre rivendicazioni linguistiche. per il resto si fa da soli. mentre inseguo pensiero in sentiero accidentato, buio, senza fiato. abbaglianti lontani a frotte si schiantano sulla mia retina. ci sono persone nelle auto. con i sorrisi. con gli affanni. gli oppongo un cuore asciutto pure dell’ultima lacrima. e la linea dell’alta velocità ferma. attende il taglio del nastro, berluprodi sorridente alla selva di telecamere e flash, uno stivale più vicino all’europa. sì, ma sempre uno stivale, bucato. un tempo si scriveva ideologico e io non avrei nemmeno imparato a farlo. oggi si scrive contaminato e io fingo di farlo. a chi dire grazie? intanto il pulman va. ascolto kid a. how to disappear completely? chiudendo gli occhi e stringendo i pugni. rapida carrellata di tutti i volti che hai creduto di conoscere. che siano benedetti. e via dove non sei più.

1.11.05

duecentoquindici avvenimenti

ero oppresso da una sfilza di ricorrenze. ventisei luglio duemiladue - trenta ottobre duemilacinque. avevo segnato, sulla rubrica telefonica, le date clou di una esistenza in decollo. dopo il nostro disastro. peraltro un tuo sos è venuto proprio ieri. magari ci incontriamo di nuovo. o forse no. non saprei come spiegarti tutto questo. e non solo. la zavorra. l'assuefazione. la volontà sotto scacco. la redenzione!
giuro è il mio ultimo post simil-depresso!