l'Alpe d'Huez
mi fa male la coscia destra. come uno strappo. ma non accenno ad uno sforzo fisico da almeno un paio di settimane. come è possibile? acciacchi dell’età. ventiduenne già prossimo al ritiro. ora che avrei dovuto passare al professionismo. io che sognavo di diventare un passista scalatore. certo, i primi anni da gregario non li avrei evitati. però mi sarei fatto vedere in qualche corsa minore. le prime fughe. dei piazzamenti. qualche vittoria, alla settimana Coppi&Bartali, magari. la partecipazione al giro, per farmi le ossa. raggiungere Milano e trovarla splendida. seppure da novantaseiesimo in classifica generale. le classiche. alla sanremo avrei attaccato sul poggio; alle fiandre, sul muro del grammont; a san sebastian sull’alto de jaizkibel. a ventisette/ventoanni avrei curato la classifica generale per l’ultima squadra italiana del pro-tour, alla corsa delle corse. e lì, la grande occasione. sull’alpe d’huez. a metà corsa, resto attardato per una foratura. con l’aiuto di tre compagni, e grazie alla scia delle ammiraglie, riprendo il gruppo proprio all’imbocco della salita, a le bourg d’oisans. i primi due chilometri sono micidiali. subito al 10%. risalgo in gruppo e tengo la ruota di chi ha la ruota della maglia gialla. il gruppo è scremato dai tre miei uomini, che tirano a tutta per sette/ottocento metri, poi si piantano di colpo, mi fanno un accenno col capo, nemmeno la forza di dirmi, coraggio! hanno fatto un lavoro splendido. devo attaccare anche per loro. il gruppo è ora ridotto a sette unità. tocca a me. do le prime stilettate di pedale giusto per saggiare le gambe agli avversari. per due volte mi risponde il secondo della classifica generale. la maglia gialla sembra in difficoltà. s’accoda con ritardo. la sua pedalata è legnosa però il suo volto resta impassibile. gli altri quattro del gruppo oramai sono staccati. le rampe salgono di nuovo al 9/10%. sto bene. è la mia occasione. vado forte in salita perché così accorcio la fatica. e scatto di nuovo. una fucilata. in duecento metri ne guadagno cinquanta sui due. non mi volto più. mi alzo sui pedali e rilancio. la folla m’incita, ma non la sento. i tornanti si susseguono ma non fanno male. la moto dell’organizzazione mi segnala sulla lavagnetta di un vantaggio che cresce. dietro l’ombra della mia ammiraglia. ho già più di un minuto. all’ultimo chilometro, capisco che è fatta. la strada per un po’ spiana. è un’impresa. e mi viene da piangere come un bambino ma tengo duro e stringo i denti. sprinto per la classifica generale. sul traguardo alzo le braccia. batto le mani. esulto con lo sponsor bene in vista…e poi non ce la faccio più. scoppio a piangere come un bambino.
1 commento:
Bellissimo il tuo post, scritto davvero bene.
Cercarò di festeggiare il fatto che non ci sia nulla da festeggiare, certe volte mi lascio scoraggiare e non vedo queste piccole motivazioni. Sarà la vecchiaia.
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