20.12.10
17.12.10
via cave di pietralata sans papier
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15.12.10
appunti su un martedì
un uomo che si raffigura servitore di stato, indebitamente incravattato per un colloquio di lavoro in una società parapubblica, nel trambusto di porta pia sfoglia numeri anni cinquanta de “il borghese”, settimanale fondato e diretto da leo longanesi, fortemente critico dell’allora partitocrazia. partitocrazia icasticamente rappresentata, nelle pagine centrali del settimanale, da gigantografie di politici, cardinali, signorine di compagnia, colti di sorpresa, a confabulare nei palazzi del potere, a gozzovigliare nelle ville abusive sull’appia, l’occhio curioso che scruta e svela il poco del potere, operazione culturale negli ultimi anni fruttuosamente recuperata da dagospia. rumori di elicotteri, sirene della polizia, d’ambulanze, slogan ritmati dei cortei di protesta che giungono smorzati.
bambini in fila marciano ordinati a piazza barberini, si specchiano nell’acqua della fontana del tritone, realizzata da bernini, indicano i quattro delfini, ammirano la traiettoria dell’acqua che cade, mentre le maestre intonano le canzoni di natale, tocca farle imparare a memoria nei pochi giorni di scuola che restano. il cinema è aperto per proiezioni su prenotazione anche di mattina, telefonare orario pasti. turisti australiani s’allontanano frettolosamente dal centro e scrutano interrogativi i passanti per capire dalla faccia chi possa dare agevolmente informazioni in inglese.
là dove via del corso sbuca su piazza venezia, in quello spazio che sulle mappe geografiche viene indicato come il centro del centro di roma, blindati della guardia di finanza impediscono di passare. un giovane finanziere di mesagne impugna stretto il suo scudo trasparente che riflette l’ansia in cui è stretto. il giorno prima, al telefono, la madre anziana gli ha chiesto quando ritorna a casa per le feste natalizie e lui non ha saputo rispondere, perché non sa più tornare da quando ha deciso di andare via. il collega più anziano che ha vicino lo scuote dall’intontimento e gli intima di respingere il flusso continuo di curiosi che chiede di passare, grida, per piazza venezia girare a destra e poi di nuovo a destra, ma cambiare direzione è meglio.
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8.12.10
il paradosso che ci scortica
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bozzo di programma
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7.12.10
cartoline dagli orti
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6.12.10
la detroit d'irpinia
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1.12.10
ragioni contrapposte
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20.11.10
il sistema incatena piano
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13.11.10
4.11.10
now how?
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2.11.10
il mare di cairano
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29.10.10
tutto a post
sono l’inquilino in abito grigio che spalanca premuroso la porta dell’ascensore agli anziani vicini che chiedono se ancora studio e si meravigliano del lavoro, perché tanto giovane mentre nello specchio sfavilla un ciuffo di capelli bianchi. sono il passante dall’andatura stracca che solleva polvere e foglie secche lungo il percorso che conduce alla fermata metro più periferica del mondo, tra capannoni di meccanici sfaccendati e merli che si posano placidi sulle carcasse delle automobili di fronte. sono l’impiegato tipo che attraversa sicuro il corridoio asettico dell’ufficio verso la stanza del capo a raccogliere i complimenti per un anno nel complesso andato male ma nel quale vanno premiati i meritevoli. sono ostaggio di una libertà incondizionata nell’evo dell’irresponsabilità assoluta in cui finisci per pensare che la morale sia salva se quando stai spezzando la vita di chi ti sta accanto, hai la grazia di compatirlo.
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28.10.10
lo sfascio delle finanze
joseph alois schumpeter
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23.10.10
il silenzio che contiene?
come da quando non scrivo più
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7.10.10
babel tiburtina
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1.10.10
vita promesse (non) mantenute
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22.9.10
sfoglie di cipolla
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17.9.10
9.9.10
l'uovo a una dimensione
è svaporato presto il gusto di raccontare, giorno dopo giorno, il poco che accade. il tutto è dovuto, forse, ad un’emotività bizzosa, spaurita nel bel mezzo del freddo artico del web. su cui si trascorre tempo sottratto al dissodamento sistematico dei cuori. d’altra parte senza si è tagliati fuori dal flusso d’informazioni, dalla pioggia di immagini sui fumogeni che colpiscono i leader sindacali; senza, esci fuori e trovi il deserto urbano, inframezzato da oasi il cui accesso è riservato agli uomini col fiore in bocca.
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7.9.10
squilibrato
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3.9.10
avellino - rocchetta sant'antonio
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2.9.10
bureau veritas
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1.9.10
teledurazzo
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31.8.10
l'importanza del lego
la strada è ancora poco trafficata, dunque silenziosa, si potrebbe restare a letto se non fosse per il lavorio dannato delle zanzare, voraci di sangue dolce, tesi però smentita da un servizio del telegiornale, a sentire la sarta dalla parrucca color argento. si potrebbe restare a letto perché tanto in ufficio non c’è nulla da fare, se non contare le auto in transito sulla colombo, i pezzi dell’impalcatura che riveste il palazzo, le sirene delle ambulanze. certo si potrebbero sempre gonfiare le storie delle vacanze, raccontare delle donne di due metri e mezzo, dai seni miracolosi, scoperte in un paesino sperduto del congo, delle bellezze dei classici, cristallini, mari del sud, solcati da un cataramano noleggiato a civitavecchia, costato un altro tipo di bellezza ma lasciamo stare. ma tutto sommato si evita perché siamo troppo lontani l’uno dall’altro, cento stanze (di cui la metà vuote) e un corridoio di due chilometri. eppure potrebbe non dipendere dalla distanza quanto dalla noia, fissiamo rapiti lo schermo del portatile da cui attendiamo sgorghi sapienza. la mia proposta di utilizzare una delle cinquanta stanza vuote per il lego è stata subito rigettata dal personale.
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30.8.10
deflussi
non esiste evento estivo più fotografato, dagli artisti in erba dell’immagine, che girovagano forsennatamente per l’emiciclo per cogliere l’attimo e intanto si premurano di spiegare ai malcapitati che i loro aggeggi ottici sono composti di pezzi semplici, semplici da aggiustare. intorno cresce e s’annusa la nuova classe creativa locale, tutte le città con ambizioni di esserlo ne hanno una. d’altra parte il lavoro gratificante o è creativo o non è, forse perché scomparsa è l’idea che gratificante possa essere il tempo liberato dal lavoro, fuori in città, fuori dalla città. la musica elettronica a volte è brusio meccanico di sottofondo, altre volte esplode in ritmi sincopati, addolciti dalla linea armonica di una chitarra. le luci colorate accecano, non è peccato offrire le spalle ai d.j., non ballare. sulle balle di fieno coppie stravaccate sparlano tirando una sigaretta dopo l’altra senza poi accendere la miccia sotto le gambe. i più assorti, o probabilmente chi serba una qualche malinconia, si affacciano sulla terrazza e ne vedono una seconda, non calpestabile, frutto dell’architettura anarchica del teatro, che copre in parte i ruderi del castello longobardo di fronte. dal cui cantiere prorompe una scala di metallo che annichilisce e rinvia a data da destinarsi il problema di come utilizzare lo spazio, la piazza che ne esce. eppure la migliore installazione del festival sulla cultura digitale resta la gru biancorossa del castello. bastavano un paio di luci ad intermittenza, qualche movimento pure simulato da un gioco di luci, ed ecco perfettamente espresso il concetto di interazione, non con i corpi e i suoni delle persone, che si dimenano, che urlano, tridimensionali ma inautentici perché mai come ora consapevoli del loro impatto visivo, quanto l'interazione con questa terra: ricostruita daccapo ma con errori, digitali, o zero o uno. già domani quella stessa gru si metterà all’opera: pizzicherà uno qualsiasi dei partecipanti e lo catapulterà oltre la linea di confine delle colline. dopo flussi, deflussi.
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26.8.10
diecimila giorni
di grazia e di tremori
di un’ansia sotterranea che genera sudori
per un bambino che brucia sterpi
nel sentiero stretto che conduce ad una fonte
in una frazione di mondo
barbara quanto basta da non potersi mimetizzare
erano giochi solitari o ammucchiate di pallone
mentre telekabul crollava e giochi senza frontiere
non superava i parametri di maastricht
l’inno delle medie non suonava bene
quanto gli amici della cassettina
nel progetto rivoluzionario di una radio di quartiere
poi venne il liceo e i rigidi protocolli della città
dei dottori, degli avvocati, dei segretari di partiti mai nati
delle giovani donne truccate
e di una via di scampo dall’intruppamento
salvezza e tormento
verità o infingimento
non ci fu il tempo giusto per appurarlo
perduto nell’innamoramento
e riemerso nella capitale smisurata
a scansare, di nuovo, altri modi alieni
esasperate convinzioni dell’ultima ora
ragioni che non ammettevano dissensi
fino ad oggi
alla società spappolata
indecifrabile
perché i pesci non si muovono in branchi
preferiscono mischiarsi in un prisma di colori
o nuotare solitari
verso l’abisso del mare
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4.8.10
petrolnocella
s'inaugurano nuovi parchi urbani ma è complesso demolire le case diroccate circostanti. l’assessore all’urbanistica è stato da poco rimpiazzato, l’ordine degli architetti è in fermento, ma nessuno crede veramente sia quella la delega pensante per il futuro, piuttosto quella pesante. nella gente che incontri, mai si discute di futuro, solo di quando eravamo giovani e belli, si giocava al campetto delle palazzine e colpire i legni era un dolore al petto. ma forse questo, e il resto pure, già l’ho scritto. il corso pedonale è talmente lungo che si strascicano i passi che è un piacere e i vestiti-poveramente progressivamente scompaiono alla vista. si continua a parlare a non finire, eppure qualcosa si è perso perché ora non parliamo di noi ma al massimo di qualcosa che oscuramente incombe. e non si tratta della scomparsa dei de mita. sulla variante, un sacchetto dell’immondizia viene abbandonato da un cane. la linea della funicolare, illuminata, nella notte rende un favore a chi intende misurare con le dita l’altezza del monte. il cartellone del ferragosto è una lenzuolata, soddisfa tutti i gusti ma non ne mobilita di nuovi. è lunga, troppo lunga la città, da una rotatoria all’altra chilometri, di una sola fila di case. troppa è la benzina che s’impegna, bisognerebbe ricavarla dalle nocelle. chissà che il metodo non aiuti a riformare la chimica dell’aria, tanto buona a respirarsi, ma che poi ripetutamente t’incita, scappa, scappa dalla cappa e non voltarti indietro.
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3.8.10
ucronìa irpina
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2.8.10
la polveriera
quando il vento in quota alza la voce, il valzer delle nuvole che s’annerano confonde l’umore nel reticolo dei paesi sottostanti. vicoli svuotati e masserie violentate per il ricevimento degli sposi, borghi in competizione nell’ospitare arti da strada mentre i villaggi accanto non hanno denaro per la pubblica illuminazione. le bocche della gente ospitano espressioni gergali, in un tempo in cui tutto il resto si forgia altrove. non importa se nel loro cuore alberga momentanea tristezza o dura soddisfazione, è pur sempre un’epoca che si trascina e ci trascina dove non è dato sapere. dopodiché si possono dismettere i toni apocalittici, l’urticante accento profetico e abbassarsi volentieri a discutere del possibile ripescaggio dell’as avellino 1912, confrontarsi sul futuribile confronto per la premiership tra un gay dichiarato ed un puttaniere che nega. rimane lo smarrimento come cornice e mancano gli strumenti con cui spezzarla. mancano la letteratura, il cinema, la musica, le arti, non necessariamente quelle di strada, che sappiano non solo riconoscere la crisi ma affrontarla e sostituire gli ultimi scampoli di modernità con qualcosa di altrettanto compatto. manchiamo io, io, io e, dispiace ammetterlo, un pochino pure tu.
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29.7.10
29 luglio '10: gran consiglio della libertà
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28.7.10
togliere Croce dalle scuole
nel paese il discorso pubblico rischia di passare dall’astrattismo giuridico alle narrazioni simboliche senza mai aver afferrato la realtà
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4.7.10
no taxation without cars and congestion
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3.7.10
cavalcavia torlonia
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26.6.10
bassa valle del sabato
va veloce
chi va insieme
lontano
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20.6.10
all blacks
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18.6.10
16.6.10
un discorso vecchio
a sbrindellati come noi leggono negli occhi una presunta superiorità intellettuale che è solo nostalgia di un tempo andato in cui si poteva affondare nello specialismo e viverne dignitosamente. qui, invece, tocca barcamenarsi in uno spazio pieno di musiche arabe e cibi esotici, colori sgargianti e vestiti vintage, che a volte ne segue un gran mal di testa. tanto che la conversazione con l’interlocutore aggiornato, per niente a disagio con i ritmi della modernità, s’incaglia, perché egli infierisce, voce monocorde, con una mitragliata di citazioni ipertestuali, dalle fiction americane ai personaggi minori di romanzi che non avrai mai il tempo di leggere ma per cui sono disponibili infelici trasposizioni su pellicola. i commentatori più occhiuti rimproverano alla sinistra un odioso senso di alterità nei confronti della modernità, per non dire il disgusto per le stupefacenti forme che essa assume nella quotidianità italiana. tuttavia, non si tratta soltanto di conservatorismo, di una inconcepibile attrazione per il passato che non ritorna, benché sia innegabile che certi processi siano sfilati di mano. piuttosto è l’indecisione di chi prova ad aggiornarsi alle nuove tecnologie restando ancorato ai vecchi valori quando probabilmente si tratterebbe di disidratare i valori per come è cambiato l’uomo. ovviamente, questa è una conclusione cui molti sono pervenuti e tuttavia molti se ne oppongono perché troppo scomoda da affrontare. cos’è la libertà senza spazio pubblico? l’uguaglianza se ognuno si sente unico? la solidarietà se ci si rinchiude in un gruppo di pari?
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non è per qualcosa
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13.6.10
non è un paese per single
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12.6.10
aprire il fuoco
le reti mediaset listate a lutto
annunceranno la morte di berlusconi
si sentiranno urla di festa
in strada
i clacson
i primi scontri
la polizia
sangue
finalmente
rivoluzione
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10.6.10
fabbricando case
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9.6.10
sempre la stessa solfa
il responsabile del procedimento, con gli occhi smarriti, cerca appigli per dividere con il prossimo parte della sua pur esigua responsabilità. d’altra parte, da questo palazzo vetrato del centro, non si scorge l’utenza né aleggia lo spirito di servizio. la manovra finanziaria, un anno si prepara a luglio, l’anno dopo a dicembre, ed è un accanimento a decifrare le oscure ragioni dei tagli ad un bilancio preventivo e pochi che si chiedono come siano stati spesi i soldi dell’anno prima. ci può essere o meno qualità nell’amministrazione ma di sicuro è quasi sempre uno sperpero l’autoamministrazione. e si finisce per rilanciare ipotesi strampalate di una rinascita civile che poggi sulla qualità dell’amministrazione, condivisa da un nugolo di quattro gatti, derisi dai più che trovano improbabile proporre innovazione a panicuocolo. ignorando che panicuocolo sta all'italia come villaricca al belpaese.
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25.5.10
la razionalizzazione delle rese
sicuramente è un tempo parecchio strabiliante a viversi, nel quale i gabbiani si sostituiscono ai piccioni di città nello spiluccare dalle ciotole dei gatti randagi e alle pompe di benzina si dissolvono i pachistani, sono ritornati i vecchi gestori, erano a godersi la pensione al circolo due di bastoni del quarticciolo. la borsa cola a picco ogni giorno e nessuno sente il bisogno di serie analisi economiche quanto dei vecchi sapori perduti come "o pollastro mpettonato", ah, se solo ci fossero donne ancora capaci di cucinarlo. capiprogetto sfiancati si sfaldano i legamenti crociati anteriori, amministratori delegati di controllate del ministero dell’economia e delle finanze sfilano in nerazzurro per l’ufficio, al suono di pazz’amala, e poi magari lasciano la baracca come mourinho. per il resto ci mangiamo le unghie, compresi i pollici, e nell’attesa di una sfiga greca, veniamo aggiunti su faccialibro da nipoti infanti che da quando sono nati, li abbiamo visti sei volte, tenuto conto di battesimo e comunione. ascoltiamo musica solo su utube e per fortuna nelle librerie trasmettono ancora vecchi brani di fossati. lavoriamo scoordinati e peggio ci amiamo cosicché l’unica traccia di socialità vibrante è la scala mobile della metropolitana nell’ora di punta. e mai resa fu più serena.
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16.5.10
aut aut autunnale
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13.5.10
trame di un canto
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12.5.10
il tempo liberato dal capitalismo distopico
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10.5.10
la coscienza infelice
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8.5.10
new lumpenproletariat
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6.5.10
speculativa
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3.5.10
respiri
la manovra lacrime&sangue preparata dal governo greco, nel paese aggredito dalla crisi del debito sovrano, taglierà, tra le altre cose, le pensioni d’anzianità per lavori usuranti previste attualmente anche per i trombettieri (la prolungata attività provocherebbe il reflusso esofageo). ora, la crisi provocherà un altro tipo di sbuffi per cui, forse, se ne esce solo se si impara a respirare.
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2.5.10
il giuramento di sambucuccio
di recente provo a scrollarmi di dosso cumuli biografici, dunque resta poco da raccontare perché in fondo il resto è troppo abnorme, anomalo, anormale. capita così di preservare una calma atarassica a dispetto di naufragi sentimentali, slavine relazionali, vuoti esistenziali, una vita senza ali, però a tratti, riemerge prepotente follia, a forma di vittimismo immotivato, cazzeggio ripetuto, lunghe tirate con argomentazioni ardite, sviluppate dove sono gli intellettuali. d’altra parte, l’unico elemento che distingue le nostre stanze, per il resto del tutto identiche, è la disposizione del pc portatile, stravolto sul letto o abbarbicato sul soffitto. leggere appesantisce quando farlo toglie spazio al mondo, di un mondo già ristretto all’open space di una società partecipata per intero dal ministero dell’economia e delle finanze, teatro di scorribande leghiste, posto di lavoro per figli di senatori in pensione, piuttosto antipatici perché vivono nell’imbarazzo una vita all’ombra di ciò che è stato. non gli opponiamo nessuna biografia, figli di nessuno se non di una regione che non conoscono perché lontana cento chilometri o poco più e quanto basta per ignorarla. reagisco ed il mio, per ora unico, acquisto critico diventa l’alta velocità roma-napoli. alcuni continuano a preferirle la panda gpl. meglio ancora se di colore verde.
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1.5.10
fini glocali
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28.4.10
a maputo: l'umiltà
perché diventa oggetto di polemica una decisione non ufficiale?
mentre s'attende la conferma ufficiale della decisione del nucleo di valutazione regionale sulla graduatoria dei progetti ammessi al finanziamento, comune e provincia s’attivano per reperire fondi alternativi per evitare che opere, per circa 140 milioni di euro, restino solo sulla carta. l’amministrazione sibilia e l'amministrazione galasso aspettano la nomina e l'insediamento della giunta caldoro per dare la caccia a nuovi finanziamenti europei. si punta a reperire le risorse necessarie per la realizzazione dei progetti accedendo ai fondi fas.
cinzia puopolo, articolista di: piano strategico, la lista dei progetti bocciati, su il mattino ed. avellino di oggi
gli accordi di reciprocità accedono a fondi fas
non per fare l'apologeta di me stesso, né per ostentare capacità divinatorie che non posseggo, è tuttavia un fatto che ho sempre avversato l'impostazione sottesa ai progetti presentati, ritenendoli inadeguati a garantire concrete occasioni di sviluppo per l'irpinia: proprio per questa ragione, avevo avanzato l'idea, a mio avviso autenticamente strategica, di enucleare una proposta che, per così dire, sconfinasse geograficamente dai limiti angusti della nostra provincia, che andasse oltre il sistema provinciale, individuando ed intervenendo su aree omogenee anche in un contesto extra-regionale, ed elaborando un progetto di sviluppo complessivo ed esigente per quel territorio
silvio sarno, presidente di confindustria avellino dal mattino ed. avellino di oggi
come può sconfinare una pianificazione territoriale?
mentre la proposta del comune di avellino risultava inconsistente con scarse ricadute economiche e occupazionali e, quindi, non rientrava nelle finalità dell'accordo di programma, il progetto della piattaforma logistica dev'essere recuperato perché riveste un'importanza strategica per lo sviluppo economico della provincia. ritengo che la giunta bassolino abbia compiuto, non inserendolo nei progetti finanziabili, un colpo di mano perché a presentarlo era stata un'amministrazione di centrodestra
pietro foglia, presidente asi e neo-consigliere regionale UDC dal mattino ed. avellino di oggi
ovvero
bassolino ha chiuso cinque anni di governo così come li ha condotti. nel modo peggiore. nemmeno in mozambico si fa la pianificazione degli interventi nell’ultimo mese di mandato, ed è legittimo sospettare che la distribuzione dei fondi ha privilegiato qualche amichetto. anche se qualcuno si offende, le delibere dell’ultimo dell’anno e dell’ultimo mese rispecchiano i sistemi di governo di gava e pomicino. per fortuna è finita un’epoca, se si vuole individuare un aspetto positivo di queste elezioni.
donato pennetta, coordinatore del piano strategico di avellino, PD, dal mattino ed. avellino di oggi
bassolino è contro la provincia o contro il comune?
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21.4.10
desistenza
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18.4.10
furie di sé
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11.4.10
brindisi di montagna
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6.4.10
politica della personalità e politica delle idee
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5.4.10
il malepasso
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1.4.10
senza i fatti
se rovisto nello scatolone disordinato dei ricordi, aiutato dal blog diario, negli ultimi aprile ritrovo solo disillusioni elettorali, possibili rivoluzioni civili trafitte sul nascere, dal popolaccio grullo che non capisce e che forse solo non si pone il problema ché la metà di esso o resta a casa o, nell’urna, è mosso da altre sfere (emotive). molto probabilmente sono io a non capire poiché il mio campione di osservazione è composto da amici delle elementari che figliano imperturbabili, chiusi nel quartiere popolare che mai hanno lasciato e amici delle superiori, emigrati oltre cortina, che si pongono come obiettivo una crescita personale infinita, scossi perché ancora non producono 740 all’altezza delle proprie incertezze. l’opinione che hanno del berlusconismo e dei suoi effetti non li divide di più della scelta che inconsciamente hanno compiuto, o stanno compiendo, riguardo la disponibilità ad accettare il nuovo modello di produzione, globale. nei fatti, chi rimane e chi si muove, secondo traiettorie che prescindono dai luoghi, da ogni legame con ciò che c’era prima, ignari di ciò che sarà. semplifico di molto il discorso se affermo che il problema nazionale non è berlusconi ma la modernità; quando mancano gli anticorpi necessari per affrontare la modernità, rischi di beccarti un’influenza di populismo illiberale, così sarà ricordato il ventennio 1990-2010. e hai voglia a sforzarsi di rintracciare le ragioni nei mali persistenti della penisola, controriformato senza riforma, con una amministrazione debole, una borghesia pavida, la massa codina, e via dicendo. sarebbe un tollerabile difetto vivere in un paese incapace di interrogare la sua lunghissima storia. quando qui invece, si aggiunge la grave responsabilità di non sapere sfidare il presente.
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30.3.10
chi d'immagine perisce
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24.3.10
les peureux anarchistes
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20.3.10
il delirio di bugs bunny
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18.3.10
contrappunto
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17.3.10
la freddezza di porta pia
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