26.8.10

diecimila giorni

e furono diecimila giorni
di grazia e di tremori
di un’ansia sotterranea che genera sudori
per un bambino che brucia sterpi
nel sentiero stretto che conduce ad una fonte
in una frazione di mondo
barbara quanto basta da non potersi mimetizzare
erano giochi solitari o ammucchiate di pallone
mentre telekabul crollava e giochi senza frontiere
non superava i parametri di maastricht
l’inno delle medie non suonava bene
quanto gli amici della cassettina
nel progetto rivoluzionario di una radio di quartiere
poi venne il liceo e i rigidi protocolli della città
dei dottori, degli avvocati, dei segretari di partiti mai nati
delle giovani donne truccate
e di una via di scampo dall’intruppamento
salvezza e tormento
verità o infingimento
non ci fu il tempo giusto per appurarlo
perduto nell’innamoramento
e riemerso nella capitale smisurata
a scansare, di nuovo, altri modi alieni
esasperate convinzioni dell’ultima ora
ragioni che non ammettevano dissensi
fino ad oggi
alla società spappolata
indecifrabile
perché i pesci non si muovono in branchi
preferiscono mischiarsi in un prisma di colori
o nuotare solitari
verso l’abisso del mare

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