28.4.10

a maputo: l'umiltà

antefatto: qui e qui

perché diventa oggetto di polemica una decisione non ufficiale?

mentre s'attende la conferma ufficiale della decisione del nucleo di valutazione regionale sulla graduatoria dei progetti ammessi al finanziamento, comune e provincia s’attivano per reperire fondi alternativi per evitare che opere, per circa 140 milioni di euro, restino solo sulla carta. l’amministrazione sibilia e l'amministrazione galasso aspettano la nomina e l'insediamento della giunta caldoro per dare la caccia a nuovi finanziamenti europei. si punta a reperire le risorse necessarie per la realizzazione dei progetti accedendo ai fondi fas.

cinzia puopolo, articolista di: piano strategico, la lista dei progetti bocciati, su il mattino ed. avellino di oggi

gli accordi di reciprocità accedono a fondi fas

non per fare l'apologeta di me stesso, né per ostentare capacità divinatorie che non posseggo, è tuttavia un fatto che ho sempre avversato l'impostazione sottesa ai progetti presentati, ritenendoli inadeguati a garantire concrete occasioni di sviluppo per l'irpinia: proprio per questa ragione, avevo avanzato l'idea, a mio avviso autenticamente strategica, di enucleare una proposta che, per così dire, sconfinasse geograficamente dai limiti angusti della nostra provincia, che andasse oltre il sistema provinciale, individuando ed intervenendo su aree omogenee anche in un contesto extra-regionale, ed elaborando un progetto di sviluppo complessivo ed esigente per quel territorio

silvio sarno, presidente di confindustria avellino dal mattino ed. avellino di oggi

come può sconfinare una pianificazione territoriale?

mentre la proposta del comune di avellino risultava inconsistente con scarse ricadute economiche e occupazionali e, quindi, non rientrava nelle finalità dell'accordo di programma, il progetto della piattaforma logistica dev'essere recuperato perché riveste un'importanza strategica per lo sviluppo economico della provincia. ritengo che la giunta bassolino abbia compiuto, non inserendolo nei progetti finanziabili, un colpo di mano perché a presentarlo era stata un'amministrazione di centrodestra

pietro foglia, presidente asi e neo-consigliere regionale UDC dal mattino ed. avellino di oggi

ovvero

bassolino ha chiuso cinque anni di governo così come li ha condotti. nel modo peggiore. nemmeno in mozambico si fa la pianificazione degli interventi nell’ultimo mese di mandato, ed è legittimo sospettare che la distribuzione dei fondi ha privilegiato qualche amichetto. anche se qualcuno si offende, le delibere dell’ultimo dell’anno e dell’ultimo mese rispecchiano i sistemi di governo di gava e pomicino. per fortuna è finita un’epoca, se si vuole individuare un aspetto positivo di queste elezioni.

donato pennetta, coordinatore del piano strategico di avellino, PD, dal mattino ed. avellino di oggi

bassolino è contro la provincia o contro il comune?

21.4.10

desistenza

la società non è scalabile
e noi ci rompiamo i coglioni

18.4.10

furie di sé

è un rischio affogare nella foga di fare
senza prima fugare la voglia di fuggire

11.4.10

brindisi di montagna

ad edmondo berselli

rompicapo:
un paese spezzato
il cuore lo rappezza?

6.4.10

politica della personalità e politica delle idee

a sinistra c'è ancora chi imputa a walter veltroni, con un'argomentazione di tipo personalistico, la scelta, sbagliata, di anteporre le personalità (pantheon democratico) all'identità/ ideologia/ idee quando il centrosinistra con il trattino affogava le resistenti ragioni identitarie/ ideologiche/ ideali nella continua rissa tra le mille segreterie di partito. in realtà, dunque, tutto è cambiato per nulla cambiare: abbiamo definitivamente liquidato le personalità e le mille segreterie di partito; ciò che manca resta la proposta di una rinnovata identità/ ideologia/ idea(le).

5.4.10

il malepasso

e la cappa di nuvole grigie sospendeva ogni attesa di resurrezione, fra di noi si battagliava aspramente in nome di un paese che i più di noi stentavano a sentire proprio, a nulla serviva camminare sulla nuda terra scalzi, oppure rievocarne le passate grandezze, la verità è che ne venivamo di continuo sbalzati fuori, e, tuttavia, quanto di opprimente c'era restandoci aggrappati acquistava una sua luce soffusa allontanandosi, non perché i posti cui arriviamo siano ostili alla nostra integrazione ma perché ci siamo portati dietro una ferita infetta, un conto aperto con il passato, che è un passaggio di consegne tra generazioni incompiuto, allo stesso tempo tragico e immaturo.

1.4.10

senza i fatti

se rovisto nello scatolone disordinato dei ricordi, aiutato dal blog diario, negli ultimi aprile ritrovo solo disillusioni elettorali, possibili rivoluzioni civili trafitte sul nascere, dal popolaccio grullo che non capisce e che forse solo non si pone il problema ché la metà di esso o resta a casa o, nell’urna, è mosso da altre sfere (emotive). molto probabilmente sono io a non capire poiché il mio campione di osservazione è composto da amici delle elementari che figliano imperturbabili, chiusi nel quartiere popolare che mai hanno lasciato e amici delle superiori, emigrati oltre cortina, che si pongono come obiettivo una crescita personale infinita, scossi perché ancora non producono 740 all’altezza delle proprie incertezze. l’opinione che hanno del berlusconismo e dei suoi effetti non li divide di più della scelta che inconsciamente hanno compiuto, o stanno compiendo, riguardo la disponibilità ad accettare il nuovo modello di produzione, globale. nei fatti, chi rimane e chi si muove, secondo traiettorie che prescindono dai luoghi, da ogni legame con ciò che c’era prima, ignari di ciò che sarà. semplifico di molto il discorso se affermo che il problema nazionale non è berlusconi ma la modernità; quando mancano gli anticorpi necessari per affrontare la modernità, rischi di beccarti un’influenza di populismo illiberale, così sarà ricordato il ventennio 1990-2010. e hai voglia a sforzarsi di rintracciare le ragioni nei mali persistenti della penisola, controriformato senza riforma, con una amministrazione debole, una borghesia pavida, la massa codina, e via dicendo. sarebbe un tollerabile difetto vivere in un paese incapace di interrogare la sua lunghissima storia. quando qui invece, si aggiunge la grave responsabilità di non sapere sfidare il presente.

30.3.10

chi d'immagine perisce

escono da palazzo santa lucia, i cinque consiglieri irpini eletti nel 2005: mario sena (margherita), luigi gesù anzalone (ds), angelo giusto (ex comunista), franco d’ercole (an), roberto castelluccio (fi).

entrano a palazzo santa lucia, i nuovi cinque consiglieri: antonia ruggiero (poligrafica ruggiero), pietro foglia (consorzio asi), sergio nappi (villa rubra), ettore zecchino (zecchino d’oro), rosetta d’amelio (air da bere).

24.3.10

les peureux anarchistes

a piazza san giovanni è gioco forza questione di inquadrature. ad ogni modo, all’appello della piazza del governo ha risposto il tele-elettore mediano, piuttosto anziano. il quale s’entusiasma più per lo stacchetto musicale di demo morselli che per i formulari ad uso deficienti proposti dal presidente. tengo a precisare che la mia non è una constatazione peregrina, per partito preso, costruita sulla base di una veloce lettura dei giornali quanto esperienza diretta: ero in piazza. vittima di un attentato tesomi dalla mia indole di flâneur. dunque, è inutile accapigliarsi sul numero dei manifestanti poiché, esclusi i presenti per ragioni di servizio, era in piazza anche chi non manifestava affatto. dopotutto, è banale ricordare che, persino alle funeste adunate del duce, a piazza venezia, accorressero anche incolpevoli passanti. calamitati, pur sempre, da uno dei crocevia principali della città. di fatto muti, l’effetto ovazione tramandato dai filmati d’epoca era gonfiato dall’istituto luce. la storia, grande o minima che sia, giusto o sbagliato che sia, non riserva alcuna pietà per queste anonime figure di passaggio.

p.s. non perché debba difendere qualsivoglia onorabilità, tuttavia, giusto per scrupolo diaristico, preciso di aver rapidamente abbandonato la piazza al minuto numero quindici del discorso del presidente allorché il nostro ha invitato la platea ad applaudire calorosamente il capo della protezione civile, guido bertolaso, non solo per i notori servigi resi alla nazione ma anche perché si trattava del giorno del suo compleanno.

20.3.10

il delirio di bugs bunny

conosco la strada
non dove mi porti

18.3.10

contrappunto

ho letto che in italia un libro di poesie
non arriva a vendere mille copie.
e che ci sarebbero trenta milioni di italiani
che si dilettano con i versi.
è poesia?
no, sono diari.
la gente scrive andando a capo
e crede sia poesia.
la poesia è uno dei mezzi per conoscere,
conoscersi e far conoscere.
i greci usavano il verbo poiein, fare spirituale.
il gran numero di presunti poeti di oggi
è il segnale di un bisogno:
trovare strumenti per esternare
diversi da quelli che offre il quotidiano.
dall'altra parte è un segno di vanità.


franco loi, intervistato da francesco erbani, la repubblica 18 marzo 2010

17.3.10

la freddezza di porta pia

uno straccio creativo che sollevi amore
uno smacco emotivo in spacco lavorativo
villa borghese già c'era nella vita che c'era
pasticci grafici per supportare decisioni che non vengono
oggetto di continui lamenti per aumenti che mai saranno
diminuisce coesione, avvampa l'incomprensione
individuo il problema nell'individuo
il totalitarismo prossimo brucerà i cretini
i disinformati, gli onesti, i solitari
nel frattempo, la statua del bersagliere
desisterà definitivamente dall'intento
irretita dalla freddezza di porta pia

8.3.10

aver cura

quando ero studente, ho avuto un professore di antropologia il quale mi diceva (lo ricordo perfettamente) che gli antropologi sono arrivati a individuare gli albori della società umana grazie al ritrovamento di uno scheletro fossile, lo scheletro di una creatura umanoide invalida, che aveva una gamba spezzata; ma la gamba gli si era spezzata quando era bambino, e lui era morto all'età di trent'anni. la conclusione dell'antropologi era semplice: lì doveva esserci stata una società umana, perché questo non sarebbe potuto accadere nel branco, dove una gamba spezzata pone fine alla vostra vita, poiché non potete più sostentarvi.
la società umana è diversa dal branco di animali perché qualcuno può sostenervi; è diversa perché è in grado di convivere con degli invalidi, tanto che storicamente la società umana potrebbe dirsi nata insieme con la compassione e con l'aver cura; qualità soltanto umane. la preoccupazione odierna è tutta qui: portare questa compassione e questa sollecitudine sul piano planetario. so che le generazioni precedenti hanno affrontato questo compito, ma voi dovrete proseguire su questa strada, vi piaccia o no, cominciando dalla vostra casa, dalla vostra città, adesso. non riesco a pensare a niente che sia più importante di questo. è da qui che si deve cominciare.

zygmunt bauman

5.3.10

il governo dei leopardi

fra poco meno di un mese
sapremo se voteremo
fra poco meno di un mese

3.3.10

l'appiedato

alle nove, all’appello, quando madri ansiose puntano l’orologio della speranza sull’ora della possibile consegna del compito d’esame dell’adorato figliolo, accompagnando il gesto con un lungo respiro, io arranco nelle retrovie, madido di sudore, per l’ennesimo concorso che sfuma, addebitabile al mio rapporto maledetto con l’atac o forse con la città troppo vasta e poc’attrezzata per attraversala tutta. se mi convincessi dell’affidabilità del destino, mi quieterei pensando al mio futuro nel lavoro che attualmente svolgo e la smetterei di rispondere a qualsivoglia bando pubblico. ed eviterei pure di acquistare subito dopo scarpe nuove, che è il tipico esorcismo di un appiedato.

1.3.10

chiedi alla polverini

l’argomentazione secondo la quale la forza politica più rappresentativa di una circoscrizione abbia il diritto di partecipare alla competizione elettorale indipendentemente dal rispetto delle regole per la presentazione della liste perché si tratta della forza politica più rappresentativa non tiene conto, tra gli altri, dei diritti delle forze politiche di minoranza - il partito dei ricottari del quadraro - che proprio per il rispetto di quelle regole (es. raccolta firme) non possono presentarsi alla competizione stessa. in italia si vuole trasformare la democrazia da governo della maggioranza a diritto alla maggioranza. il partito dei ricottari del quadraro mai la spunterà.

28.2.10

sul piano strategico di avellino che tale non è

sul sito istituzionale del comune di avellino, qualche giorno fa, è comparsa un’icona di un albero dalle fronde bianche e dalle radici verdi ben avvinghiate ad un terreno che sembra liquido. il logo presenta, nientepopodimenoche, il piano strategico di avellino. avendo sostenuta, a suo tempo, l’urgenza per le amministrazioni locali di adottare tale strumento e dunque criticate le modalità assai improprie, con cui esse lo maneggiavano, e non ritrovando praticamente alcuna sintesi on line (ad eccezione dei commenti del prc e delle ragioni del vicesindaco di san michele di serino), ho preso coraggio e la sintesi, critica, l’ho fatta da me. compito arduo, poiché cliccando sull’icona del piano strategico di avellino, in realtà è scaricabile lo studio di fattibilità del progetto territoriale per lo sviluppo sostenibile, e relativo allegato. ovviamente, prima di tutto questo sono pubblicate le undici tavole urbanistiche che corredano i documenti, uno straniante antipasto, così che al coraggio ho dovuto aggiungere una buona dose di pazienza.

cerchiamo di fare ordine: ad agosto duemilanove, la giunta regionale pubblica sul burc (nome scorbutico del bollettino regionale campano) il
disciplinare degli accordi di reciprocità: il nuovo strumento di programmazione integrata attraverso cui i sistemi comunali individuati dal piano territoriale regionale possono accedere ai finanziamenti del programma di attuazione regionale del fondo aree sottoutilizzate (in tutto, cinquecento milioni di euro). ora, il piano territoriale regionale, approvato definitivamente nel duemilaotto, e che rappresenta il quadro di riferimento regionale per la pianificazione territoriale, divide i cinquecentocinquantuno comuni campani in quarantacinque sistemi territoriali a diversa caratterizzazione (sistemi naturalistici, rurali-culturali, rurali-manufatturieri, urbani, urbani-industriali e costieri). il sistema urbano avellinese ricomprende oltre la città capoluogo, i comuni di atripalda, mercogliano e monteforte irpino. tuttavia, ai fini dell’accordo di reciprocità sono aggregati all’area urbana i comuni di aiello del sabato, cesinali, contrada, s. stefano del sole, sorbo serpico, manocalzati e montefredane: undici comuni per oltre centodiecimila abitanti: finalmente, una vera area urbana!

il documento pubblicato è lo studio di fattibilità del progetto territoriale per lo sviluppo sostenibile, in pratica l’atto con cui il sistema territoriale si candida a poter utilizzare i fondi messi a disposizione dalla regione nell’ambito della programmazione dei fondi fas (il progetto piu europa della città di avellino, invece, è finanziato con fondi comunitari fesr). è solo “il primo passo di un percorso
programmatico più ampio e complesso in corso di definizione nell’ambito del piano strategico in corso di formazione”. tralasciando ogni commento sulla chiarezza del testo, non si capisce a che punto è il piano strategico e in che modo esso si lega all’accordo di reciprocità. pure se il documento definisce il sistema urbano intercomunale di avellino (il suia), il primo aspetto che salta agli occhi è che tutte le pagine del documento sono sottoscritte dal rappresentante capofila del partenariato istituzionale locale, il sindaco di avellino, dott. giuseppe galasso, onore a sua eccellenza.

ad ogni modo, l’analisi del contesto socio-economico è parecchio lacunosa, riprende dati non sempre rappresentativi della realtà urbana (ma dell’intera provincia) e tutti a tinta fosca. il suia (il sistema urbano intercomunale avellinese: gli undici comuni!) soffre negli indicatori relativi alle reti infrastrutturali, idrico-energetiche, bancarie, telematiche, per non dire della povertà. l’area urbana è alla ricerca di una nuova identità produttiva e sociale ed è necessario che tutti gli attori cooperino attraverso un progetto integrato, poiché la maggior parte dei problemi, per complessità e interdipendenze, sono affrontabili esclusivamente in una scala sovra comunale. il sistema di governance del progetto poggia sul partenariato istituzionale locale (sindaci e assessori), un comitato tecnico scientifico (non è specificato chi lo compone ma da altre fonti risulta che è stato presieduto da alessandro del piaz, classe ’39, professore di progettazione urbanistica all’università di napoli) e dal partenariato economico sociale (non è specificato né chi lo compone né quando e dove sia stato convocato). dall’analisi delle emergenze del sistema territoriale si rilevano cinque questioni strategiche: la sofferenza del sistema produttivo locale, la carenza infrastrutturale, la necessità di sviluppare a livello intercomunale gli interventi materiali ed immateriali sul territorio (sic!), il degrado urbanistico, l’assenza di una rete locale di coordinamento tra gli enti locali.

il progetto persegue cinque macro-obiettivi: garantire una maggiore connessione ecologica tra territori a maggior valenza ambientale e paesaggistica, garantire un maggior grado di protezione ambientale contro il dissesto idro-geologico, valorizzare il patrimonio culturale locale, incrementare l’attrattività del territorio verso imprese e nuovi residenti, innovare, integrare, qualificare il sistema produttivo locale, infine, organizzare una comunicazione integrata per dare visibilità al territorio. gli assi di intervento proposti riguardano appunto il sistema produttivo, il sistema dell’inclusione sociale, il sistema ecologico ed il sistema della mobilità sostenibile. di seguito, una sintetica descrizione delle misure previste per poi passare velocemente ai commenti.

sistema produttivo: attraversa una profonda crisi industriale, che affonda le radici negli anni ottanta ed è di fatto amorfo per l’assenza di un carattere unitario, debole per la crisi del comparto auto, con un’imprenditoria poc’avvezza al rischio, dalle limitate capacità innovative. occorre al più presto finalizzare una strategia per la ridefinizione del sistema produttivo, probabilmente (non si chiarisce se è una decisione già presa o da prendere in relazione alla strategia da ridefinire) caratterizzandolo attraverso il potenziamento della logistica e incentivando l’insediamento di imprese tecnologiche (ad esempio spin off delle università di benevento e salerno, mai napoli). all’uopo, il documento lancia il sistema urbano telematico avellinese, il cablaggio con fibra ottica dell’intero territorio urbano (importo da finanziare di venti milioni di euro), il progetto numero uno per risorse ed effetto mediatico ma non quello portante. inoltre, si annuncia la realizzazione di un polo high tech all’ex mattatoio, un incubatore per nuove imprese, un pivot informativo, che raccolga brevetti e diffonda buone pratiche.

sistema dell’inclusione sociale: caratterizzato dall’assenza di spazi aggregativi, dal dissesto idrogeologico (!) e dal continuo abbandono del territorio delle attività tradizionali (es. artigianato). si propone la costruzione di un “villaggio sociale” al ex mercatone (sì, la nostra è proprio una città di ex) nel quale “ricomprendere tutte le istanze sociali presenti anzitutto nel contesto del territorio comunale di avellino” (vade retro, emarginato di santo stefano del sole!). il villaggio diventi inoltre un luogo di discussione delle politiche sociali, addirittura uno scrupoloso osservatorio che analizzi l’andamento delle politiche pubbliche in materia (in raccordo, sempre, con le università di salerno e di benevento) ed intervenga a sollievo della povertà urbana anche in sinergia con la caritas e altri enti religiosi (!).

sistema ecologico: il progetto mira alla caratterizzazione del suia come una città produttiva sostenibile, dunque accanto alle iniziative per il rilancio o il decollo di attività produttive nei campi dell’innovazione tecnologica e del potenziamento logistico, sono previste azioni di riqualificazione ambientale e di valorizzazione turistica del patrimonio culturale e naturalistico. in particolare, viene descritta la fattibilità della rete ecologica territoriale attraverso il recupero dei corridoi fluviali del sabato e del torrente fenestrelle. si riannodino le aree a naturalità diffusa con la città attraverso la mobilità lenta, le sempiterne piste pedonali e ciclabili. si limiti il consumo di suolo, se possibile.

sistema della mobilità sostenibile: la struttura trasportistica del sistema urbano si regge quasi esclusivamente sulla rete stradale per l’assenza di collegamenti significativi su ferro. “in un quadro di interventi di lungo periodo, si pone, a livello regionale, la necessità di potenziare collegamenti su ferro verso benevento e salerno (non napoli, forse per evitare pericolose infezioni) e la chiusura della maglia autostradale di contenimento (?). di fatto, si rilancia, ma non con l’accordo di reciprocità, il progetto dell’anas che raccorda le tratte autostradali roma-napoli con la napoli-canosa e la salerno-avellino. si suggerisce poi il raddoppio della variante, prevedendo un doppio percorso. ma il progetto richiede direttamente il finanziamento per il secondo lotto della metropolitana leggera (da sette milioni di euro) per raggiungere monteforte a ovest e atripalda ad est e per la realizzazione di un parcheggio di interscambio sempre a monteforte.

in sintesi, l’accordo di reciprocità prevede dodici interventi per un finanziamento complessivo di cinquantasei milioni di euro, cofinanziati al dieci per cento dagli enti locali. il meccanismo introdotto dalla regione campania innesca una competizione tra i sistemi urbani, città in nuce, per l’accesso ai finanziamenti per lo sviluppo territoriale. ciò che manca al progetto del suia è un grave difetto di governance: il partenariato istituzionale locale (la sommatoria dei sindaci, capeggiati dal sindaco di avellino, città in cui si concentra la quasi totalità degli interventi) si riunisce per individuare, alla bell’e meglio, un insieme di azioni mai condivise con nessun altro attore locale né discusse pubblicamente, e non istituzionalizza una procedura di decisione pubblica trasparente che trattando dello sviluppo territoriale dell’intera area, recepisca i suoi fabbisogni. il paradosso che ne scaturisce è che in questo modo, nessuno, sia sindaco o professore di tuttologia può ergersi a decisore pubblico e sancire che è la banda larga ciò di cui abbiamo bisogno per connetterci alla modernità così come nessun qualunquista da bar dello sport potrà mai strologare sulle astruserie con cui ci rubano i soldi (è tutto pubblico!). occorre un investimento di ben altro tenore (e ben altre capacità di leadership, altro che laurea in capofila) per fare di avellino e dintorni una vera città che sappia affrontare i gravi problemi di competitività che la attanagliano, che solo una vera città può affrontare.

16.2.10

lo spazio della repubblica

la figura del servitore dello stato, il civil servant d’importazione anglosassone, per come ce la rappresentavamo sui banchi della scuola di eccellenza della pubblica amministrazione che ci è sempre mancata, era quella di un freddo interprete della legge, un esecutore scrupoloso di politiche, dal giudizio indipendente dalla politica, il cui profilo mai si stagliava dall’amministrazione nella quale operava, perché il nome dell’istituzione resta mentre gli uomini si avvicendano, perché la decisione dell’amministrazione è la sintesi complessa di un ambiente complesso che è la democrazia. da qui la bolsa rappresentazione del grigio tecnocrate, irraggiungibile nel labirinto burocratico in cui s’è asserragliato, che non comunica con l’esterno, i cittadini che dovrebbe servire, se non per il tramite di atti incomprensibili: minuziosi regolamenti sull’allevamento degli stoccafissi e vuoti normativi sul diritto a staccare la spina.

poi la figura del servitore dello stato, in italia, è profondamente mutata come il senso di molte delle parole che riempiono lo spazio pubblico. la fortuna ha arriso all’amministratore tuttofare, iperattivo, egomaniaco che può permettersi finanche di piegare la legge, di ignorarla, per perseguire interessi pubblico-privati poco limpidi, per favorire reti relazionali fameliche, per assecondare la smania di una personalità avida solo di sé. ovviamente, il simbolo di questa genia è guido bertolaso. da efficiente capo della protezione civile si trasforma, negli anni dell’emergenza permanente, in strumento onnipresente del governo del fare che stacca l’amministrazione dai lacci della procedura legislativa ordinaria, costretta dal rito lungo del controllo parlamentare e si muove sempre d’urgenza per battere il tempo e l’immagine di chi non fa. sostituirsi ad una macchina burocratica mal funzionante come un sol uomo, una democrazia s.p.a. (o meglio, una s.r.l. monopersonale).

ora, giusto per abbozzare un ragionamento, nella moderna democrazia in cui crediamo di vivere (o aspiriamo a vivere), occorre sì fare, ma possibilmente fare bene e auspicabilmente mai fare da soli. se esiste, come esiste, un’evidente necessità di ammodernamento della pubblica amministrazione, come dice scalfari, non è un problema di bertolaso e non si può esternalizzare l’inefficienza fuori dall’ordinamento. dipende, più probabilmente, dalla poliarchia istituzionale che impedisce l’assunzione di qualsiasi decisione consapevole e dalla classe politica che non affronta il problema per incapacità sue o acquisite rendite di posizione. chi ha a cuore lo stato della nostra democrazia non deve per forza passare attraverso i ragionamenti di bertolaso sulla evidente afasia italiana per riconoscere il problema che ci affligge né ritenere che la dittatura emergenziale di bertolaso sia bene perché gli altri peggio. lo fa solamente chi crede che lo spazio della politica sia modificato solamente dalle posizioni assunte dai leader-attori e non dalla esclusiva forza delle idee. il futuro dell’italia si gioca su quelle, poi inevitabilmente verranno anche i politici che se ne faranno portavoce. se l'unico retaggio dell'evo di b. sarà l'imprescindibilità della Personalità nella politica nostrana, non guariremo mai dai nostri antichi mali.

9.2.10

gli uomini del forse

…cara barbara, non sono sicuro che questi uomini di sinistra del "forse" siano migliori di quelli del "sì", e di quelli del "no". però sono la mia cultura, la mia biografia, la mia storia, hanno qualcosa del vecchio (e mai morto) spirito azionista. provarci sempre, non cedere mai. senza paura di fare. senza paura di sbagliare. un abbraccio dal tuo papà.


esistono molte ragioni per considerare beniamino placido un maestro del giornalismo italiano che non so (e non sto a) spiegare. tra le altre cose, beniamino placido era - era perché è venuto a mancare agli inizi dell’anno dopo una lunga malattia che lo ha tenuto a lungo lontano dai suoi lettori- uno splendido esemplare di intellettuale meridionale: arguto, leggero, passionale. meridionale non perché tutti gli intellettuali del sud italia siano arguti, leggeri, passionali ma perché era nato a rionero in vulture, paesino del potentino noto per aver dato i natali a giustino fortunato. non sto a spiegare le ragioni della bravura di placido perché questo non è affatto un elogio post mortem. ma la lunga premessa di un aneddoto a lui legato. ieri l’altro, potete verificare con la rotella del mouse, scrivevo un post lunare intitolato, non a caso, il tarlo azionista, da “il tarlo della coscienza” scritto di nicola chiaromonte, attivista di giustizia e libertà, nativo di rapolla, guarda caso un altro paesino della provincia di potenza. il quotidiano su cui scriveva beniamino placido, nell’edizione di ieri, pubblicava una lettera del nostro indirizzata a sua figlia, in cui raccontava cosa sognavano i giovani azionisti come lui e cosa di quella lontana esperienza rimane. sullo stesso quotidiano, oggi, walter veltroni, ex segretario del partito erede della sinistra, richiamandosi alla lettera di placido, cerca di spiegare l’attualità di una certa idea azionista della politica. il tarlo azionista, appunto. che rode l’anima ma ci vivifica. autobiografia (di una minoranza) della nazione. non sempre ispirati come i maestri. di sicuro da loro sempre ispirati.

7.2.10

il tarlo dell'azionismo

se vuoi goder la vita
vieni quaggiù in campagna,
è tutta un’altra cosa
vedi il mondo color di rosa,
quest’aria deliziosa
non è l’aria della città

svegliati con il gallo,
specchiati nel ruscello,
bacia la tua compagna
che t’accompagna col somarello,
ogni figliolo è un fiore, nato sulla collina
o baciane una dozzina. oh! che felicità…
se vuoi goder la vita, beniamino gigli

non c’è viaggio di ritorno che non sia punteggiato dai fuochi di artificio lungo la strada: il regalo del padre della sposa agli invitati del sontuoso ricevimento, un clan di camorra che festeggia la presta libertà di un affiliato, la processione del santo patrono che esce dalla chiesa, mentre la vecchia gloria della canzone si appresta a scendere in paese per lo spettacolo della sera. li accompagnano, smarriti, i nostri occhi lucidi, per via delle lenti a contatto e non, come pure sembra, per un’inguaribile saudade per la terra che lasciamo, asentimentale tanto quanto noi. paesi sopra frane ferme e frane d'uomini che ossessivamente si spostano.

mia nonna che muore svela un congegno di parrucca insospettabile. ha le braccia distese lungo il corpo perché se se le porta al grembo comincia a sferruzzare come ha sempre fatto sull’esempio dei settimanali confidenze e intimità. in un momento di lucidità, mi soffia di portarle via i libri che ha accumulato, le dico di aver scelto per ora solo un camilleri, un esorcismo perché duri il tempo di un’altra promessa. lei approva e mi chiede di roma ma non so proprio a quale roma lei si riferisce. trovo in un angolo del salotto una copia del foglio dei pensionati della cisl, lei che nei giorni buoni cantava sempre le canzonette del ventennio, che parlavano di un’italia con la vanagloria di sempre, contraltare della depressione civile di sempre.

la badante rumena non sa che pesci prendere, si sente sola nella casa vuota, e forse vorrebbe scappare dal figlio sordomuto. che paese è quello in cui s’accoglie lo straniero per affidargli il compito di liquidare alla bell’e meglio il nostro scomodo passato? braccianti, sarte, minatori, manovali, vagabondi, anime perse e poveri cristi. che paese è quello in cui s’è scempiata la memoria, che si interroga per ore se è il crack a curare la depressione di un uomo pubblico? quando il crack di un’idea di paese deprime continuamente la vita di tutti

30.1.10

la sindrome di lapo

ribatto convinto ma senza frutto ad un capo che in realtà è già andato, vendutosi al suo superiore (quasi) estinto, per i suoi ripetuti voli d’icaro sulla pampa argentina, dovuti dall’assunzione smodata di peyote e polvere bianca, un infarto ai quaranta, salvato, per sua fortuna, per la punta dei capelli che non porta, non in quanto calvo, ma perché, formidabile benemerenza, ai suoi tempi fu l’iniziatore della moda della pelata, ancora prima della sparizione della fluente chioma di vialli gianluca. così la flessibilità del lavoro si tinge di mancanza assoluta di direzione e quando la barca affonda invale l’uso che i primi a scappare siano i nocchieri. tutto il resto dell’equipaggio finga di mantenere la rotta in attesa di nuovi ordini, per il buon nome della firm: lasciate stare che i suoi uomini possano talvolta comportarsi come se fossero nella lapio consulting, quel che resta siamo noi, siamo noi, che annuiamo assenti e in realtà siamo già andati.

28.1.10

addio

ragazzi, quando morite vi servono di tutto punto. spero con tutta l'anima che quando morirò qualcuno avrà tanto buonsenso da scaraventarmi nel fiume o qualcosa del genere. qualunque cosa, piuttosto che ficcarmi in un dannato cimitero. la gente che la domenica viene a mettervi un mazzo di fiori sulla pancia e tutte quelle cretinate. chi li vuole i fiori, quando sei morto? nessuno.

jerome david salinger (1919 - 2010)


24.1.10

religione

il problema non è la Creazione ma quello che combinava Dio prima

16.1.10

una crisi d'ispirazione si risolve sempre con l'autobiografia

un ben misero intellettuale di provincia, il quale da tempo aveva smarrito la sua più genuina ispirazione, dunque sinceramente in crisi, dopo la consueta, mattutina lettura della repubblica, si risolse ad uscire di casa per avviarsi al vicino cimitero, di cui dalla finestra avrebbe potuto vedere le punte dei cipressi, se la sua stanza in affitto l’avesse avuta una vera finestra e non fosse la vecchia tintoria che era, con tanto di saracinesca sulla strada, riadattata alla bell’e meglio per stiparci in numero di tre, studenti e/o lavoratori. non c’era mai stato al verano: da anni a roma, non aveva mai osato varcarne la soglia, al massimo gli era capitato di pisciare lungo le mura, dopo le lunghe bevute nella vicina san lorenzo, tornando a casa senza aspettare i bus notturni, perché aspettare i bus notturni, ragionare sulle loro complicate coincidenze, gli avrebbe sicuramente fatto scappare la pipì che da ore rimandava. eppure da sempre gravitava nella stessa porzione di città, non perché l’avesse scelta o perché la preferisse ad altre, semplicemente per una concezione parecchio spiccata dall’affezione ai luoghi, alle cose. che non gli lasciava spazio per le fughe improvvise, per il vagabondaggio a lunga gittata, lui credeva di conoscere ogni segreto recesso del suo piccolo quartiere e gli andava bene, per carità. aspirare a trovare il mondo in ogni angolo piuttosto che il proprio angolo nel mondo intero, così ribatteva a chi gli contestava una sua caratteristica, per giunta innegabile, la staticità. in ogni caso, rispondeva con scarsa convinzione a chi gli poneva la questione, quasi temesse di sbagliare e non poterlo poi verificare di persona. superato l’ingresso principale, accanto alla basilica di san lorenzo fuori le mura, nota perché vi è sepolto l’ultimo papa re, il nostro ben misero intellettuale di provincia, che proprio non riusciva a dipanare la matassa delle sue oscure riflessioni, piomba nel silenzio irreale del cimitero, rotto solamente dal miagolio dei gatti, dal potente verso dei gabbiani che volteggiano nel cielo insolitamente terso. alla sinistra del quadriportico, un corpo di marmo che giace e una bandiera tricolore che lo copre, è la lapide di goffredo mameli, patriota, poeta, morto a soli ventidue anni per difendere la repubblica romana del 1849 dall’assalto delle truppe francesi. al che al nostro intellettuale di provincia pare di ritrovare il corso naturale dei suoi pensieri, con infinita deferenza s’inchina e poi lentamente s’allontana.

è cassazione

11.1.10

napoli per noi

con quella faccia un po' così
quell'espressione un po' così
che abbiamo noi prima di andare a napoli
che ben sicuri mai non siamo
che quel posto dove andiamo
non c'inghiotte e non torniamo più.

eppur parenti siamo un po'
di quella gente che c'è lì
che in fondo in fondo è come noi, selvatica,
ma che paura ci fa quel mare scuro
che si muove anche di notte e non sta fermo mai.

napoli per noi
che stiamo in fondo alla campagna
e abbiamo il sole in piazza rare volte
e il resto è pioggia che ci bagna.
napoli, dicevo, è un'idea come un'altra.
ah, la la la la la la

ma quella faccia un po' così
quell'espressione un po' così
che abbiamo noi mentre guardiamo napoli
ed ogni volta l'annusiamo
e circospetti ci muoviamo
un po' randagi ci sentiamo noi.

macaia, scimmia di luce e di follia,
foschia, pesci, africa, sonno, nausea, fantasia...
e intanto, nell'ombra dei loro armadi
tengono lini e vecchie lavande
lasciaci tornare ai nostri temporali
napoli ha i giorni tutti uguali

in un'immobile campagna
con la pioggia che ci bagna
e i gamberoni rossi sono un sogno
e il sole è un lampo giallo al parabrise...

con quella faccia un po' così
quell'espressione un po' così
che abbiamo noi che abbiamo visto napoli
che ben sicuri mai non siamo
che quel posto dove andiamo
non c'inghiotte e non torniamo più

12.12.09

cinque anni di inadeepsleep

sveglia è da molto che non scrivo seriamente, e pure se forse non ho mai cominciato, ricordo un tempo in cui ero decisamente entusiasta del mio passatempo. per l’occasione, cinque anni di questo blog, tornato, con discrezione, all’anonimato dei suoi esordi, sento la necessità di chiarire qualcosa riguardo a quanto vi ho via via raccolto: rapidi calembour, ritratti distratti, sfoghi amari, bestemmie al vento, pretenziosa bellettristica. nel frattempo, i blog si sono affermati, i loro contenuti, almeno in italia, piantati. le reti informatiche segnano le nostre vite, sconvolgono il nostro paesaggio psichico. in un sonno profondo continuiamo a vagare ma sogniamo ripetutamente di aprire gli occhi e di ritrovare un mondo migliore.

rispetto il problema centrale della modernità occidentale è che l’uomo non rispetta il prossimo per quello che di esso non comprende. ognuno si è rinchiuso in in un bozzolo parecchio spesso di egomania. nella vita pubblica prorompe rovinosamente il privato: un continuo, talvolta scabroso, mostrare se stessi; inguardabili narcisisti, forgiati nel culto della personalità, dei modelli rilanciati dal cinema, dalla pubblicità. un miscuglio perverso tra innovazione tecnologica e trasformazione antropologica. erodiamo lo spazio pubblico mentre aumenta il sospetto per gli attori superstiti, quelli che cambiano registro per il gusto di farlo, coloro che improvvisano per sottrarre terreno all’artificio. e proviamo paura dei diversi, quelli che si ostinano a rimanere poveri, stranieri, derelitti, sgradevoli, alienati. affetti da una grave forma di conformismo, anticamera del razzismo, che è, nel paese reale, il riflesso più fedele della crisi politica che stiamo attraversando.

berlusconi precisamente un lustro fa: silvio berlusconi e i suoi scherani tentano l’approvazione della riforma dell’ordinamento giudiziario, al secolo legge castelli: avrebbe modificato le regole di composizione del csm, separato le carriere dei magistrati inquirenti da quelle dei giudicanti. dopo poche ore, il tribunale di milano nel processo sme prescrive l’accusa di corruzione in atti giudiziari formulata contro il presidente del consiglio dei ministri, concedendogli le attenuanti generiche. a palermo, il suo sodale, onorevole marcello dell’utri, accusato del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, osserva sgomento la giuria del tribunale di primo grado entrare in camera di consiglio: sarà giudicato colpevole e condannato a nove anni di carcere, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e a due anni di libertà vigilata. dopo cinque anni, non s’è mossa foglia, solo il clima s’è aggravato. siamo ostaggi politici della parte deteriore del paese e la nostra opposizione è nelle facce che portiamo.


talento in italia, si sa, si fa spreco quotidiano del talento: drappelli di giovani con l’occhio vispo s’incolonnano ai check in degli aeroporti nazionali pur di salire sul primo volo low cost che salpi le alpi. ché l’estero offre le vere occasioni, le favolose opportunità, i rapporti civili, le strade pulite, i divertimenti, le donne (non) illibate. è che in patria, oramai è assodato, gli uomini puri di cuore, e non solo quelli, raramente raggiungono la felicità senza scendere a compromesso. si sprecano dunque inviti alla resa, dunque a partire, rilanciati da élites decrepite che però non gettano il guanto, fioccano lettere ai giornali di ricercatori oltreoceano che dopo aver lesinato per anni finanziamenti per il loro progetti hanno abbandonato sdegnati il belpaese e non lo rimpiangono. ovunque s’ingrossa il risentimento contro la mala gestione, la piccineria intellettuale, la scarsa lungimiranza del palazzo che ignora dove va il mondo, che pensa a se stesso, alla lunghezza del processo, allo stato di crisi della seconda repubblica, ai ricatti incrociati, allo sputtanamento generale, al mercimonio sessuale. per motivi speculari, ovunque si continua a pensare esclusivamente a se stessi.


roma quindici anni fa era una giostra all’eur assieme ad uno dei figli della terra dell’osso che non aveva speranze di invertire la tradizione di famiglia. allo scoppiare della guerra al terrorismo alqaedista, la mia famiglia quella tradizione credeva di invertirla definitivamente e mi mandò qui a studiare. al capezzale di mio nonno, che moriva lentissimamente, raccolsi una benedizione che è l’unico legame con i lari familiari. trovatomi in un ambiente non mio, nell’ardore, nel colore, nelle idee, nell’educazione ero poco più che adolescente in mezzo a tante cose da imparare. credevo si dovesse abolire la primina, evitare di perdere l’accento, i capelli, le residue convinzioni. non ero pronto a usare rispetto e devo essere stato un ignobile essere che sprigionava un insopportabile alone di diffidenza. non so se ho sprecato gli anni migliori ma quella roma era, per motivi diversi, infetta quanto me e non avrei potuto scendervi a patti.


napoliavellino l’età globale si caratterizza per la feroce competizione tra megacittà per attrarre le migliori risorse finanziarie e umane. come decenni fa, comprese la grande urbanista canadese jane jacobs è la diversità delle strutture economiche e sociali a rappresentare il motore della crescita e dell’innovazione. nessuno stratagemma consentirà ad avellino di separare il proprio destino da quello della regione che la ospita e del magnete urbano in cui gravita. gravato da un inarrestabile processo di deindustrializzazione, sfiancato dalla prepotenza della criminalità organizzata, segnata dall’inaffidabilità della classe politica, con un ciclo economico dominato dalla speculazione edilizia, dal saccheggio del territorio. raccogliere la sfida significa costruire una visione di un percorso possibile di rigenerazione, di sviluppo, da perseguire insieme. anche con quelli che ascoltano gigi d’alessio.


un tipico discorso di un dirigente locale del partito democratico il profondo rinnovamento dello scenario politico nazionale innescato dalla rivoluzione veltroniana ci sprona a raggiungere una sincera vocazione unitaria, la cui urgenza diviene pressante per il mandato raccolto dal popolo delle primarie. tuttavia, siamo consci di dover superare una serie di tensioni interne nate dai dissensi espressi dai soliti soloni della politica, in ordine alla rappresentanza in consiglio dei franceschiniani, probabilmente fuorviati da pratiche di potere sorpassate, per non dire demitiane, contro le quali noi ci siamo sempre aspramente battuti. noi non sbatteremo la porta a nessuno. emerge la volontà di esprimere un consenso su una figura al di sopra delle parti. non la imporremo con la forza per evitare gli errori e gli orrori della vecchia dirigenza. crediamo nella possibilità di un dialogo per ritrovare le ragioni dello stare insieme. sempreché riusciamo ad essere adeguatamente rappresentati nei direttivi, nelle assemblee, nelle commissioni, nelle sottocommissioni, negli organi, nei comitati, nei consorzi, nei ciddià, negli ato, nelle associazioni, nei conservatori, nei teatri, nei musei, negli stadi, nei cimiteri…


stretto di barba il fiume sabato corre gonfio d’acqua e stracci bianchi penzolano dai rami spogli, lasciandosi indietro la provincia di avellino, ruderi di acquedotti romani, strade ferrate deserte. uno strapiombo sulla sinistra nasconde alcuni paesi morenti: petruro, chianche, torrioni. sulla fauce di fronte domina ceppaloni e la scura colorazione della vegetazione che tinge le rocce agghiaccerebbe gli spiriti più indomiti. è un luogo magico e tragico insieme: sfondo dei sabba delle janare medievali, prim’ancora della massima umiliazione subita dall’esercito di roma. eppure non c’è mitologia che impreziosisca la desolazione di questa sera. il cartello arrugginisce e automobili guidate da fantasmi zigzagano tra le ombre e i cani randagi. pochi chilometri avanti archeologia industriale e bolla vinicola: lo strazio del sottosviluppo che strangola le ultime tracce di comunità. sento che in questi luoghi restano intrappolate le radici della nostra vigliacca abdicazione al futuro.

4.12.09

cosa è circo mediatico e cosa no(stra)

immediatamente prima, durante e subito dopo la deposizione del pentito spatuzza al processo di appello contro dell'utri, per concorso esterno in associazione mafiosa, hanno dichiarato (alle agenzie) dell'utri stesso ("io non conosco nessuno"), berlusconi ("è folle quello di cui mi accusano"), bonaiuti ("la mafia attacca il governo perché il governo è contro la mafia"), gasparri ("spatuzza refuso della parola spazzatura"), castelli ("su spatuzza la magistratura si gioca la credibilità"), stefania craxi ("vicenda diabolica"), boniver ("fantasia malata"), prestigiacomo ("ritengono attendibile un pluriassassino"), soprattutto capezzone ("sono indignato che una bestia che ha sciolto un bambino nell'acido improvvisamente ha una crisi di coscienza e dopo quindici anni sostiene che nel gennaio '94 ha sentito alcuni mafiosi dire che chi ha canale 5, aveva in mano il paese quando berlusconi doveva ancora scendere in politica. e su ciò è stata montata un'inchiesta e un circo mediatico che sputtana il paese")

30.11.09

noi non ce ne andremo

'fanculo ai vecchi che prima hanno rovinato questo paese
e poi ci consigliano, paternamente, di lasciarlo

29.11.09

muji life

la gravità dei quesiti che un uomo si pone
non ne fa un uomo importante

27.11.09

pancia a terra

nel paese della mafia
mafia batte mafia

26.11.09

autunno caldo

il lavoro o appaga o affama

25.11.09

buffet

al giorno d'oggi, quando entri in quello
che un tempo era un semplice ristorante
sei costretto a chiederti: come funziona?

24.11.09

web 2.0

puoi contare il doppio
finisci dimezzato

18.11.09

morandi

piazza piena
urne vuote

16.11.09

via del governo vecchio

fare i giovani costa
il pianto di un'altra epoca

13.11.09

le ragioni del territorio

sono l'espressione dell'intera regione campania e quindi mantengo la mia candidatura che è ancora più forte di prima dopo quello che è successo. gli ho spiegato (a berlusconi ndr) le ragioni del territorio. non possono essere i procuratori a decidere l'evoluzione democratica. sulla mia candidatura c'è un largo consenso. quindi non faccio un passo indietro.
nicola cosentino, sottosegretario al ministero dell'economia e delle finanze, candidato in pectore del pdl alla regione campania


il territorio campano scempiato, mutilato, cementificato, dissanguato, disossato, intombato di veleni, poiché la sua voce, i terremoti, i bradisismi, le alluvioni, le frane, le attività vulcaniche, viene continuamente ignorata dagli uomini che ospita, chiede di non essere più strumentalizzato dalle forze politiche, regionali e non, e declina ogni responsabilità per futuri disastri

11.11.09

villa borghese postprandiale

ragionare di libertà degli ultras con il capo
che non è tempo di discutere in pubblico
di forme più diffuse di schiavitù individuali

9.11.09

grigio fuori chicago

lo stato d'ansia di questa città si misura dalla marcia in più in cui
si muovono i tergicristalli quando piove forte

5.11.09

il crollo dei super bonus aziendali

uomini e topi arrischiano la propria salute per un pezzo di formaggio
capannelli in corridoio commentano le oscure decisioni del management
l’autoironia scaccia la crisi, l’invidia le è indifferente
mai come ora…, guarda, nessuno fa niente
vedo i segnali per uscirne, io sì che, io che meglio di altri…
la crescita professionale, l'accumulo delle esperienze
investire nel capitale umano nella capitale disumana
noi che non licenziamo
dopodiché concedeteci la licenza di annientarvi
le orbite rapite dallo schermo del pc
(sul quale)
fogli elettronici raffazzonati colgono i possibili andamenti del salario
duemiladieci, duemilaundici, duemiladodici,
analisi delle ricadute fiscali, il potere d’acquisto
la conclusione del processo di valutazione offre un suggerimento
impara a chiuderti a riccio e a fottere il prossimo

29.10.09

mammavellino

negli anni novanta io me ne andai,
come oggi i ragazzi vanno in cina,
vanno via, anch’io me ne andai nauseato,
stanco da questa avellino del dopo sisma,
io allora a vent’anni, mi trovavo di fronte a questa situazione,
e andai via da questa avellino anni novanta.

e me andavo da quella avellino addormentata,
da quella avellino pettegola, conformista, democristiana,
quella avellino del ci conosciamo tutti, del “a chi appartene?”,
quella avellino delle pizzerie, delle vinerie, dei salettabacchi, dei fruttivendoli,
quella avellino delle nocelle, delle castagne, del musso, delle pizze co l’ereva, senza l’ereva,
delle mozzarelle di bufala, delle coccetelle,

me andavo da quella avellino degli ambulanti, dei parcheggiatori,
dei mercati, dei mercatoni, degli imbrogli, delle approssimazioni,
degli appuntamenti ai quali non si arriva mai puntuali,
dei pagamenti che non vengono effettuati, dei fallimenti,
quella avellino dei maestri elementari, degli impiegati comunali, provinciali, dell’alto calore
quella avellino dove le domande erano sempre già chiuse,
dove ci voleva ‘na botta, la Raccomandazione

me andavo da quella avellino isola felice dalla camorra,
del riciclaggio, della monnezza, del traffico,
quella avellino della variante e della bonatti, della ricostruzione mai terminata,
delle case fuori sito, in cattivo stato,
quella avellino dei politici, dei medici, dei primari, dei lupi, dei licantropi

me andavo da quella avellino delle ville in collina,
la avellino di piazza garibaldi, di via piave, di borgo ferrovia,
quella moderna, quella rurale, quella di giorno, quella di notte,
quella asfittica, la avellino dei platani, con il cancro, senza cancro,
l’avellino di parco abate, della bottega, del calcio come droga
l’avellino di noi con loro,
l’avellino eterno democristiana di de mita

me andavo da quella avellino che non ci invidiava nessuno,
l’avellino città giardino, del santuario di montevergine, della collina della terra, del victor hugo,
del castello, del teatro, del carcere, della caserma, del macello di avellino,
quella avellino che piove sempre, estate e inverno,
quella avellino ch’è meglio di napoli

me andavo da quella avellino dove la gente si rinchiudeva nelle case,
quella avellino fetente e impiegatizia, delle pippe cerebrali,
dei sullo, di de vito, di gargani, di bianco, di mancino, di d’ercole, del sindaco di nunno,
quell’avellino periferia di napoli

me andavo da quella avellino della banca popolare d’avellino alla collina dei liguorini,
di …chi cazzo ne so, del corso vittorio emanuele, di via francesco tedesco, di via nappi,
quella avellino che “a tieni na sigaretta?”, “a tieni mille lire…pe no paio e cazettini?”,
quella avellino della legge del partenio, delle luminarie al ferragosto,
quella avellino dove le fontane di piazza libertà non hanno mai bagnato nessuno,
me n’andavo da quella avellino di merda!

mamma avellino! addio.