16.1.10

una crisi d'ispirazione si risolve sempre con l'autobiografia

un ben misero intellettuale di provincia, il quale da tempo aveva smarrito la sua più genuina ispirazione, dunque sinceramente in crisi, dopo la consueta, mattutina lettura della repubblica, si risolse ad uscire di casa per avviarsi al vicino cimitero, di cui dalla finestra avrebbe potuto vedere le punte dei cipressi, se la sua stanza in affitto l’avesse avuta una vera finestra e non fosse la vecchia tintoria che era, con tanto di saracinesca sulla strada, riadattata alla bell’e meglio per stiparci in numero di tre, studenti e/o lavoratori. non c’era mai stato al verano: da anni a roma, non aveva mai osato varcarne la soglia, al massimo gli era capitato di pisciare lungo le mura, dopo le lunghe bevute nella vicina san lorenzo, tornando a casa senza aspettare i bus notturni, perché aspettare i bus notturni, ragionare sulle loro complicate coincidenze, gli avrebbe sicuramente fatto scappare la pipì che da ore rimandava. eppure da sempre gravitava nella stessa porzione di città, non perché l’avesse scelta o perché la preferisse ad altre, semplicemente per una concezione parecchio spiccata dall’affezione ai luoghi, alle cose. che non gli lasciava spazio per le fughe improvvise, per il vagabondaggio a lunga gittata, lui credeva di conoscere ogni segreto recesso del suo piccolo quartiere e gli andava bene, per carità. aspirare a trovare il mondo in ogni angolo piuttosto che il proprio angolo nel mondo intero, così ribatteva a chi gli contestava una sua caratteristica, per giunta innegabile, la staticità. in ogni caso, rispondeva con scarsa convinzione a chi gli poneva la questione, quasi temesse di sbagliare e non poterlo poi verificare di persona. superato l’ingresso principale, accanto alla basilica di san lorenzo fuori le mura, nota perché vi è sepolto l’ultimo papa re, il nostro ben misero intellettuale di provincia, che proprio non riusciva a dipanare la matassa delle sue oscure riflessioni, piomba nel silenzio irreale del cimitero, rotto solamente dal miagolio dei gatti, dal potente verso dei gabbiani che volteggiano nel cielo insolitamente terso. alla sinistra del quadriportico, un corpo di marmo che giace e una bandiera tricolore che lo copre, è la lapide di goffredo mameli, patriota, poeta, morto a soli ventidue anni per difendere la repubblica romana del 1849 dall’assalto delle truppe francesi. al che al nostro intellettuale di provincia pare di ritrovare il corso naturale dei suoi pensieri, con infinita deferenza s’inchina e poi lentamente s’allontana.

1 commento:

Anonimo ha detto...

dove continua?
_gemini