il giovane e il mare (back to 2002)
Le mani stringevano nervosamente in un pugno cumuli di sabbia che dunque ricadevano su se stessi, perdendosi, indistinti, nel mare di sabbia sottostante che si stagliava di lì a pochi metri sul mare azzurro spuma. E, a sua volta, il mare azzurro spuma, le cui onde ritmicamente sbattevano sulla battigia, si infrangeva, sulla linea dell’orizzonte, nell’azzurro pallido del tramonto. Da dove viene questa spossatezza dell’anima? Questo dolore continuo per il velo che si frappone tra l’esperienza e la comprensione delle cose? Che diavolo di importanza può avere la mia interazione col prossimo quando non distratto, inautentico, inopportuno, inane come me ma con giustifica? Posso conoscere solo le mie ragioni, forse nemmeno tutte. A mia discolpa c’è che nemmeno oso infiocchettarle in un discorso logico che pesi torti e ragioni, d’altra parte, proprio questo atteggiamento di chiusura per gli interlocutori rappresenta il massimo affronto. Per quanto mi riguarda esistono l’incomunicabilità delle parole e l’evidenza dei gesti. Ed è per questo che sono arrivato qui, al mare, a ritirare il mio pacco di umiliazione, perché il momento era propizio, il tempo di uno schiaffo in faccia, del reset traumatico da cui ripartire. Del resto sui fili del telefono già si leggeva, a chiare lettere, la fine. Nulla da spiegare, non riesco ad ascoltarti, è una lingua divenuta improvvisamente sconosciuta alle mie orecchie la tua. Io sono venuto soltanto a vedere: il corpo esanime del nostro amore, in putrefazione altroché. Forse perché non avevo ancora conosciuto la morte di persona e devo dire che l’evento in sé impressiona in modo tale da render molli i sensi, vanifica ogni reazione. Ho visto il tuo volto mutare d’espressione, deformarsi, imbruttirsi in un ghigno animalesco. Ho visto le tue bugie prender forma sulle tue labbra come bolle di sapone. Ho visto i miei passi perdere di consistenza, i miei discorsi di lucidità, i miei pianti di scorrevolezza. Nel frattempo nuvole di parole continuavano ad addensarsi sulle nostre teste, dal loro umore scaturivano momentanei riavvicinamenti, collere violentissime. Poi, persino le parole hanno cominciato a diminuire in frequenza, col tempo s’ingrossavano i silenzi, i sordi risentimenti. Ora gli occhi gonfi fissavano quella distesa immensa di acqua che incontrava un pezzo di costa qualunque. È tutto inutile, la Natura non collabora, a volte è persino meno espressiva degli uomini. Da lì ho rotto per sempre con quella donna. Ho rotto per sempre con il mare!
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