specchio, specchio delle mie trame
A guardare con occhi distaccati (ma è possibile?) l'Italia di oggi viene in mente uno specchio rotto. Tanti specchi rotti e ridotti in frammenti che riflettono, ciascuno, un'immagine parziale e deformata della società. Un effetto di rifrazione.
In quella molteplicità di immagini si specchia una moltitudine di gruppi sociali grandi e piccoli; nei frammenti di minime dimensioni si specchiano singoli individui. Ciascun - gruppi e individui - guarda se stesso e se ne compiace, ma non c'è la visione di insieme. Si parla molto spesso di identità condivisa, di valori e di obiettivi condivisi, senza comprendere che la condivisione è diventata impossibile. Ci vorrebbe uno specchio unico per avere un'identità collettiva unica, ma è proprio questo che manca. Come è potuto accadere? E quando è accaduto?
(digressione storica: calata di Carlo VIII, Guicciardini, l'annessione piemontese voluta da Cavour tra cattolici coi portoni chiusi e listati a lutto, massoni miscredenti, contadiname, galantuomini, latifondisti, piccola borghesia degli impieghi, mafia, camorra. Poi, fascismo e nuova rottura dello specchio: 8 settembre 1943)...
Non è tuttavia di queste varie rotture che qui vogliamo parlare, non è questa la realtà di oggi anche se molti retaggi, positivi e negativi, confluiscono in essa. Faccio soltanto osservare che le rotture del passato furono provocate e gestite da gruppi egemoni in una società povera di risorse e in grave ritardo sull'evoluzione delle altre nazioni europee.
Noi qui vogliamo parlare di quanto è avvenuto in una società sostanzialmente opulenta o quanto meno abbiente, nella quale l'identità è andata in pezzi in assenza di gruppi che avessero una visione chiara del bene comune, diversa da una concezione puramente mercantile.
Quando il denaro diventa il valore esclusivo e insieme ad esso il potere che procura denaro; quando il sentimento morale si riduce ad una maschera o addirittura ad un ipocrita luogo comune, allora l'identità condivisa va in pezzi, le corporazioni si disputano le risorse, ciascuno difende il suo e cerca cupidamente di appropriarsi dell'altrui, tutti comunque cospirano contro il bene comune e l'interesse generale con tanto più vigore quanto meno l'interesse generale e il bene comune sono percepiti come realtà e come obiettivi individuabili e condivisibili. Questo è ciò che sta accadendo sotto i nostri occhi sgomenti.
Si dà la colpa di quanto accade ai politici. In particolare al governo. È diventato un tiro al piccione, uno sport condiviso - questo sì - e un gioco di società. Ma la colpa non è del governo né dei politici: quando le redini del cavallo sono rotte la colpa non è del fantino...
Il vero ammalato è infatti proprio quella società civile che si propone in teoria come medico terapeuta. Guardate: gli impiegati dello Stato sono odiati e sbeffeggiati dai lavoratori di tutti gli altri settori; i titolari di partite Iva odiano e sono odiati dai lavoratori dipendenti; le piccole e piccolissime imprese detestano la politica ed anche la stessa Confindustria che li rappresenta, ma chiedono d'interloquire dopo aver gridato che l'interlocutore non è credibile; i giornalisti sono ritenuti responsabili di tutti i fraintendimenti di quanto viene detto pubblicamente e anche questo è diventato un gioco di società. Le banche sono guardate con rancoroso sospetto dagli imprenditori. Perfino la camorra non ha più un'immagine univoca e condivisa di se stessa: si è spezzato lo specchio anche lì, nel cuore della criminalità; i piccoli camorristi si sono messi in proprio, ciascuno ha recinto e blindato il proprio territorio, le sparatorie si ripetono ogni giorno.
Per fortuna non tutto è nero pece. Ci sono aspetti positivi, alcuni addirittura di eccellenza, in questo paese...Non mancano risorse d'intelligenza, di moralità, di capacità organizzativa, anzi questo paese ne è ricco. Manca la fraternità italiana. Il rispetto reciproco. L'esempio proveniente dall'alto. Credo poco a chi spera e propugna che l'esempio venga dal basso e si propaghi. Non è così. Non è mai stato così. L'esempio capace di diffondersi e di configurare una comunità è sempre venuto dall'alto, dalla classe dirigente nel senso ampio del termine. Spetta alla classe dirigente fornire i modelli, i progetti, il canone...Il governo è composto da una settantina di persone e da tre o quattromila collaboratori a vario titolo. Troppi, ma pochissimi rispetto alla classe dirigente nel suo complesso, che si compone di tre-quattro milioni di persone, più o meno il 10 per cento della comunità nazionale. È da lì che può venire la rigenerazione del paese o la sua caduta nell'anarchia.
Lo specchio si è rotto. Occorre ricostruirlo. Oppure retrocederemo ad un "volgo che nome non ha".
Fratelli d'Italia, lo specchio s'è rotto
di EUGENIO SCALFARI
2 commenti:
Ho sempre detto che il virus è nella società. E' il senso di "furbizia", di cultura del raggiro, il più grande male di questa italia.
mai come ora, (credo) sia meglio non sparare (sulla croce rossa) e rimboccarsi le maniche, tra l'altro sono così evidenti le ragioni dei "mali" che affligono noi per primi che potremmo autoimmunizzarci!
Posta un commento