26.3.11

i bui recessi della centrale idroelettrica

salvaguardiamo beni comuni come l’idea di camminare senza meta
senza ideali da urlare, in questa città che ci muore,
noi con ciuffi di campagna che ci spuntano dalle orecchie
che però abbiamo dimenticato il nome degli alberi, delle piante
e siamo costretti dal lavoro a raderci via il dispiacere ogni giorno
e prendiamo il vento in faccia della metro che arriva
ascolto i tuoi pianti lontani in una stanza stinta come la mia
le mie lacrime le raccolgo nel bicchiere poggiato sul lavello
il nero dei nostri affitti sarà reinvestito nei colori dei gelati all’angolo
incerti tra una impegnativa solitudine ed una precaria compagnia
chiusi come ricci, con le valigie già pronte per scappare in un’america come questa
oppure per un veloce autoscatto nella steppa mongola, e non importa se sarà tundra
c’è tanta paura nel gesto dei tuoi polpastrelli che estraggono notizie dallo smartphone
l’aria di rivoluzione non nobiliterà il nostro immobilismo,
siamo suggestionabili sia sull’amore che sulla guerra
nell'inesausta attesa di un risolutore che ci sollevi dalla fatica della libertà
così ti invocheremo per farti tornare dall’estero
ma appena sbarcato ti feriremo a morte con la nostra naturale dose di freddezza

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