13.3.11

cantonata scanzonata

non vivo in me
forse a gesù non crederei
se fosse qua
razzi arpia inferno e fiamme - verdena

poiché non sopporto di rimanere in casa ad ammuffire, anche se il tempo è brutto, nei lunghi pomeriggi domenicali liberati dal lavoro, esco in strada e mi metto in cammino. camminare aiuta a pensare. così mi rendo conto che una delle nostre sventure è quella di essere un popolo orgogliosamente casalingo, poltrone – il cui massimo appagamento è di riposare dopo il pranzo domenicale sullo stesso divano in cui s’assopiva il nonno - bloccato dai più comuni fenomeni atmosferici, acqua e vento, come fossero spade infuocate che cadono dal cielo. esco fuori di casa ma non posso fuggire l’urbe disseminata e dispersa, o almeno il quadrante che di essa frequento, oramai battuto palmo a palmo, forse alla ricerca di moderne capanne di gesù bambino, di una rivelazione che può nascondersi soltanto nella periferia più degradata ma ancora, in via del tutto ipotetica, palpitante di vita. la verità è che se è vero che la scrittura buona sgorga pura da un stato di malessere prolungato, luogo comune ripreso ultimamente da rapper-cantautori che da adolescente marcavo duro a calcetto non per tattica ma per la loro insopportabile burbanza, dovrebbe essere vicino il tempo del mio capolavoro. ma un capolavoro viene fuori dopo ripetuti esercizi - mentre io frustro il mio presunto talento – e poi un capolavoro, a rigor d’etimologia, è un manufatto frutto di una serie di regole tecniche ed estetiche che ignoro, condivise da un gruppo di artigiani di cui non mi sento parte. ad ogni modo, è un fatto che mentre il tempo passa inesorabile, e fratelli e cugini e madri e figli riscoprono la scrittura come un modo per infliggere il proprio segno nell’umana tenzone - che ora pare sia sinonimo di twitter -, guadagno la consapevolezza che in passato ho scritto qualcosa che vale, degno forse di pubblicazione nei tipi delle edizioni ripostes, probabilmente dopo accurato e notturno lavoro di editing. tutto ciò è un pensiero stupido e vanaglorioso, lo so, ma sarà che, all’angolo con casale dei quintiliani, la madonnina di ceramica mi sorride mentre una busta di plastica sventola gonfia ed indifferente su un ramo.

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