1.2.09

lettere da un esilio

il grosso della retorica politica locale, massimamente alla vigilia delle amministrative, si concentra sul tema del cambiamento. ma è paradossale che lo invochino politici che nel corso dei decenni né siano riusciti a innescarlo né abbiano significativamente modificato la propria idea di cambiamento che essenzialmente riposa nella semplice sostituzione del personale politico attualmente al governo con uomini di loro provata fiducia. una variazione del tema invoca una fantomatica chiamata in campo della società civile, dov’essa tutto pare tranne che civile, civica, intesa a socializzare. l’ossessività con la quale torno sul piano strategico, d’altra parte sollecitato da modelli comunitari di governance per la spesa di fondi destinati allo sviluppo di regioni in ritardo, risiede non nella bontà in assoluto dello strumento, che anzi è altamente complesso e non sempre in grado di garantire il successo dell’operazione di rigenerazione urbana che intende avviare. tuttavia, lo schema del piano, se funzionale, obbliga le élites politiche locali, e non solo le élites politiche, a misurarsi in con il problema del governo di una città in un’ottica strategica, ovvero proiettata al futuro. la città intesa come sistema complesso nel quale il potere pubblico incide con una serie di politiche pubbliche, i cui effetti sono talvolta in conflitto, nei diversi ambiti della sanità, della mobilità, dell’educazione, dei servizi sociali, dell’urbanistica, della sicurezza, del commercio. non un partito, non una leadership illuminata, non un dinosauro politico e la sua clientela sono in grado di riuscire a rispondere con esaustività ad un quesito di tale gravità. eppure il solo impegno a sfidarlo per l’intero, attivando amplissimi meccanismi di partecipazione collettiva, varrebbe il conferimento della rappresentanza politica. qualcuno che abbia il coraggio di affermare che gli è antipatico l’appello ad una meglio non qualificata società civile, quando poi quella risulta essere un’accozzaglia di amici degli amici, ma è prontissimo ad accogliere l’idea dell’ultimo derelitto cittadino, che assieme alla dignità ha conservato un nome e un cognome.

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