28.2.09
27.2.09
sorPassi
da un lungo isolamento
e sentire la pressione tra la terra e il cielo
e poi guardarsi intorno
come la prima volta
e scoprire che non c'è nessun motivo
per vedersi da lontano
parlare con un altro sconosciuto
proiettare nei suoi occhi le risposte
e trovare le risposte che non hai
e ridere di gioia e di malinconia
e poi andare via.
e poi andare via soli
in un'altra direzione
legati ancora per un tratto da una scia di commozione
andare via
da sempre
e chissà se sarà vero
che ritornerai
se ritornerai.
…
uscire fuori – riccardo sinigallia
una settimana fa un furfante mi ha fregato lo zaino che mi accompagnava durante i miei giri. al suo interno, tra le altre cose, una storia del camminare, che proprio non riuscivo a terminare. la polizia stradale ha ritenuto il caso di scarsa o nessuna rilevanza. stasera, per un tempo che mi è sembrato lunghissimo, ho lavato i miei piedi, li ho accarezzati. la pelle sotto le dita è scorticata, segnata. per un momento ho creduto che fintanto mi sosterrà un malanno leggero come questo, la mia andatura instabile conserverà ancora la possibilità di un sorpasso.
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9.2.09
liscio festival
certe notti, in auto a passeggio, sintonizzarsi su radio magic due, ai 105.20 megahertz ad avellino e dintorni, quando è in onda liscio festival, può rivelarsi un’esperienza onirica. forse l’effetto straniante è dovuto al recupero inconscio di uno spezzone radiofonico che registrò involontariamente il sonoro drammatico di una tragedia locale, poi divenuta gravida di conseguenze per l’intero paese. esiste un baratro tra l’elementarità delle esecuzioni proposte e l’immanità della sciagura che, per un mal funzionante meccanismo della coscienza, pare possa nuovamente scaturire solamente dal suono di quelle note. la rievocazione di quell’avvenimento, dei suoi esiti politici, economici, paesaggistici, mentre scorrono le strade, i paesaggi (sulle colline paesi sfiniti avvertono la propria (r)esistenza con pulsanti luci arancioni), si contrappone al ricordo di certe feste estive di paese, alle quali partecipavano allegri campanari, per l’evento calati a valle. danzavano com’esagitati al suono d’organettisti di chiara fama, ogni anno annunciati come campioni del mondo o d’italia, ma poco più che parenti, e l’evento della serata era l’esibizione del fenomeno decenne, spettacolare agli occhi ingenui della folla, perché le dimensioni dello strumento oltrepassavano la sua prevedibile capacità di tenerlo in mano. e il drappello di zie intorno, occhi pieni di lacrime&gioia, spingevano perché anche noi imbracciassimo una fisarmonica. orgogliosamente, scuotevamo la testa, convinti di un futuro maggiormente consono allo spirito del tempo. ora, che lo speaker ossessivamente ribadisce liscio festival, radio magic due e alla mazurka succede la polka, al valzer un arrangiamento con accenti country, continuiamo ad avere un rapporto problematico con lo spirito del tempo.
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2.2.09
lettere da un esilio
noi siamo i figli e i nipoti del mondo dei vinti, di un’umanità immobile, tenacemente aggrappata ad una terra che non sempre possedeva. di rado ci si esprimeva ed erano epopee orali di guerre di bande e bande di musica dietro il santo ingioiellato. nel giro di qualche lustro, tutto subì una lacerante mutazione e le campagne furono investite da schegge di comunicazione. la maggior parte degli uomini, benché disorientata dal messaggio, partì abbacinata dal miraggio di ricchezza. noi siamo i figli e i nipoti di quell’emigrazione interna che ora produce segni talvolta piuttosto esteriori. irriducibili afasie o vistose logorree, crudeli detenzioni di corpi o stupefacenti esibizioni di cafonerie, esaltazioni improvvise e continui abbattimenti. il peggior nemico è sempre quello più vicino, articolo ottocentotrentadue del codice civile. il che genera una persistente insufficienza alla vita civile, un estremo bisogno di divisioni, invidie, retro pensieri. noi siamo i figli e i nipoti di una storia mal compiuta che non ci ha fatto italiani perché le visioni di noi erano troppo presuntuose, al limite del ridicolo. la risacca di oggi insegni quanto è difficile inseguire credendosi in testa, quanto è mostruosa l’umiltà di chi si crede indispensabile.
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1.2.09
lettere da un esilio
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