21.12.08

l'arroganza del piccio

siamo qui sulla terra per cazzeggiare.
non date retta a chi dice altrimenti.
kurt vonnegut

prendo e me ne esco dopo aver letto per caso o forse per necessità una frase di burke secondo cui perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rinunzino all’azione. poiché l’atac mi indica che per raggiungere da casa mia la feltrinelli di viale libia, un tre chilometri e mezzo, non c’è altro modo che mettere un passo avanti l’altro, di buona lena procedo in direzione opposta all’abituale. costeggio il tratto finale dell’aniene, costantemente nascosto alla vista se non poco prima della nomentana. un monotono susseguirsi di ferramenta, autolavaggi, falegnamerie, autodemolizioni. effetto o causa della distruzione di vitalità urbana? nel cortile di una casupola, un uomo con la coda di cavallo accarezza un bonsai rinsecchito. dopo il circolo lanciani, urla in piscina di palombelle rosse contro le blu, sale dietro le lamiere il respiro del fiume. il suo letto disfatto dalla piena finalmente fa la sua apparizione circondato rami di stracci. un'anatra vola rapida. oltre le strisce pedonali, il quartiere africano. chiedo ad un paio di passanti la strada. mi indirizzano al sottopassaggio della stazione ferroviaria. all’estremo opposto un quindicenne ultras avanza fiero della sua sciarpa giallorossa. emergo a viale etiopia, e m’attardo a decifrare i messaggi dei fascisti, la cui strada si situa dove si trova la volontà. all’angolo paolo di nella vive. il bonus aziendale esaurito facilmente a fatica. zigzago in libreria come la palla di un flipper. per individuare il libro che chiuda la rosa. un giallo parigino di simenon la spunta su saramago, manganelli, heller, mcewan, yates. mani tese per il sud del mondo del mio collega sottosopra. una pizza rossa alla casilina. il circolo degli artisti. la specchiata convinzione di un’omologazione laddove pure si eviterebbe. la solitudine per purezza ideologica, alla luciano bianciardi. che infatti come finale nemmeno si capisce.

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