14.11.11

quando diventerai partner

l'istinto di desistere dall'arrovellarsi sulle ragioni del mancato spirito di collaborazione, del veto preventivo alle opinioni eccentriche, apparentemente fuori luogo, di sicuro lo sono per la vocazione anarchica che le ispirano, nella recessione che non è finanziaria ma emotiva, profondamente legata a quanto chiediamo orgogliosi a noi stessi e non agli altri, causata dall'ipertrofia dell'ego, sfuggito in cielo come un palloncino nella rivoluzione sessantottina proclamata da ciascuno contro le presunte imposizioni del prossimo, allora meglio neutralizzarlo. una buona canzone placa gli effetti di una sconfitta generazionale leggibile nelle nostre espressioni presuntuose, cretine, minimizzanti, sconfitta che elaboriamo in camere separate, anti-rumore, caratterizzate dall'odore insistente di vaniglia. a vivere questa vita menzognera sempre in continuo circolo su carrozze scialuppe di uomini in fuga dal naufragio di sé stessi e dall'oblio di una memoria di cui abbiamo definitivamente perduto la chiave, ogni residuo appiglio, che pesa come un macigno in un mondo divenuto di senso ultimo plurale, abituati com'eravamo, da ultimi come siamo sempre stati, ad avere certezze quantomeno sui non verificabili capisaldi della fede, sulle ricompense eterne di un dio altissimo; e invece senza niente, quale messaggio o testimone trasmetteremo ai figli eventuali, forse inibiti sul nascere da un anticoncezionale morale? e certamente pure dalla lunga assenza a sé stessi, coartati in battaglie secondarie per l'attenzione a lavoro dei capi delle finzioni, tragici epigoni di capitani di ventura scaraventati in culo del mondo a cannoneggiare un nemico costruito per convenienze di politica interna. in questi venerdì difettosi in cui roma è inferno laterale, di motori euro 4 in lentissima processione, appenderemmo volentieri al chiodo della banchina della stazione l'abito da sera e ogni residua velleità borghese, serrati in un ufficio lazzaretto che non ispira genio ma solo idee di vecchio conio. perché con i sorrisi ed il sarcasmo non si è invertita mai la direzione di una storia, il lavoro è prima di tutto un diritto alla dignità personale e invece si trasforma nell'arte di comunicare un concetto di certo confuso ma disegnato bene. nell'azienda l'organizzazione mira alla formazione di n-duce che spadroneggiano su n-mila poveri di cerebro, in una concitazione di battiti cardiaci mai tanto gratuita; ogni decisione si assume per rinviare la decisione finale e capitale e salomonica ad un tavolo di illuminati ispirati possessori del capitale tempo che non si riunirà mai per un improvviso impegno estetico della segretaria che lo deve organizzare, noi che si diventa grigi come i tetti di parigi, sentiamo sulle spalle il peso degli anni che sprechiamo a costruire cartelloni pubblicitari che spandono ovvietà a clienti irretiti dal valore della nostra credibilità di riflesso… no, non è proprio un bel periodo a lavoro!

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