14.2.11

la libertà è una parola nel vento

il liberalismo, come movimento di idee da cui originano in europa e poi si diffondono nel mondo le attuali forme di democrazia, si impone a partire dalla seconda metà del seicento, in inghilterra, grazie a pensatori come giovanni locke, con opere quali due trattati sul governo (1690), in cui si contesta l’assolutismo del monarca, i suoi pretesi diritti (divini) a governare, mentre quegli stessi diritti (naturali) si reclamano per tutti gli uomini (il popolo), in particolare per il ceto borghese: sostituire la vita di corte con il parlamento. l’esistenza di una forma di governo democratica garantisce la salvaguardia dei diritti fondamentali: di pensiero e parola ed espressione, di uguaglianza, di giustizia, di religione.

trecento e passa anni dopo, in italia, è urgente abbattere il governo attuale, e accantonare il suo capo, presunto alfiere delle libertà, proprio perché totalmente alieno da qualsiasi nozione di seconda mano di cultura liberale: possiede, nel paese, la quota più cospicua di ricchezza, circostanza che lo accomuna ad un monarca moderno, ed una buona fetta della sua ricchezza gli deriva da un impero mediatico (la televisione, cattiva maestra, potere disumanizzante e potenziale rischio per la democrazia è una tesi di un altro filosofo liberale, carlo popper) che utilizza, fin dal primo giorno della discesa in campo, per fini politici e dunque di censura dell’avversario.

infine ama riprodurre nelle sue regge la vita di corte, con giovani donne, gratificate da doni milionari, e talvolta da cariche pubbliche così come accadeva per i privilegi concessi ai nobili delle passate monarchie. dunque un passaggio dalla nobiltà di sangue alla nobiltà da fiction televisiva. dunque, benché ciò che pensa sulla giustizia sia indicativo della sua concezione della democrazia e le pendenze giudiziarie che incombono sul suo capo, qualunque ne sia l’esito, rivelatrici del suo rapporto per lo meno spregiudicato con la legge, ciò che lo dovrebbe condannare in perpetuo all’irrilevanza politica è l’assoluta incompatibilità della sua figura con il liberalismo.

un potere assoluto che invece di discendere da dio, proviene dalla tv.

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