27.9.08
25.9.08
le mani sul (piano del)la città
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22.9.08
pietralata in fiamme
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21.9.08
pedestrianism
e do ai miei desideri una mano
perché io so che tu non vuoi ridere più
tu sei preziosa come una finestra
quando ti vuoi buttare giù
gentile come un orologio, svelta
a dire oggi non ci sono più
io mi perdo in un oceano di parole
te l’ho prometto che non bevo più
ma insegnami quel gioco nuovo, guardami
c’è un mazzo buono tutto per noi
almeno qui, fammi vincere
non m’importa la verità
almeno qui, fammi vincere
non m’importa ma…
per carità o per amore
spiegami come si fa
a fare di un bisogno solo un desiderio…
oceano - dente
via dei serpenti
quanti rimpianti
un giorno, qui o altrove, qualcuno mi spiegò la differenza con i rimorsi
ma io dimentico
dimentico tutto a velocità consistente
non fanno una strategia i miei giudizi taglienti
i marciapiedi di monti, contatto involontario di mani vicine
nella testa una canzone di non amore che non so
come una qualsiasi parola giusta nell’aria grigia
confronto la tua fronte, l’affronto, sì, sì, è giù in fondo
occhiali con la montatura spessa, nera
un’agendina giapponese senza marchio
giocare a fare gli indifferenti, che cosa stupida
galleria sordi col cerume nelle orecchie
un taschen sproporzionato schiaccia di peso una farfalla, la sua borsa
hanno smantellato il caffè fandango
un dente in meno sulla mia bussola
la mandibola che a furia di masticare amaro è il muscolo più in forma di cui dispongo
m’arruolo, basta interpretare più maschere, basta attraversare la strada
bussare al forte, passare le visite mediche, i test sui fiori
finire al caffè della libreria di mel brooks, l’attore
quando sarò demente del tutto, ricorderò questo particolare
girare cento volte una scena non verrebbe mai uguale
intensità, pathos e parole
eccetto i risultati
211- il dissapore fa 61
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come uscire dalla crisi
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17.9.08
al dopolavoro, laboratorio di scrittura
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15.9.08
i testi di vasco rossi
non capivo molto dei suoi scritti
non capisco molto anche arbasino
molti non capiscono i miei
insieme ad arbasino non mi suiciderò
diversamente da lui nessuno se ne accorgerà
egotico
sei uno stupido
piove fuori
dentro muori
lehman brothers finalmente è fallita
tre miei conoscenti sono in mezzo alla strada
in europa sono seimila
inseguono i futures sul loro smartphone
ho perduto my futures, shock out
erratico
sei uno rapido
piove fuori
in fronte ai muri
oggi ho lavorato all’eur alla salute
in una strada che è urbanistica a venire
ho scoperto un mio stakanovismo che non sapevo
lontani gli occhi, lontani i pensieri
senza te vicino sarei stato fermo
ematico
il cuore si ricompone
piove fuori
come ieri
domani no
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14.9.08
il papà di giovanni
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13.9.08
sabato di san sabino
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11.9.08
diario di uno stupido
che non ha mai perso una corsa,
sei tu che vieni avanti,
sei rara come una sorpresa.
ma che buffa che sei,
ma che buffa che sei,
il denaro per te è un giornale di ieri.
ma che buffa che sei,
ma che buffa che sei,
ogni cosa che fai
ha troppi strani motivi,
tranne una, e la sai: l'amore…
ma che buffa che sei – piero ciampi
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9.9.08
8.9.08
la signora esse
la signora esse batte pietralata palmo a palmo e la sua andatura vacilla ai colpi dei pensieri bui che l’affliggono. i suoi capelli sono arruffati, bicolori. ha uno sguardo da ragazza e la pelle che gli anni la macchiano. indossa gonne sopra il ginocchio che mostrano gambe forti e sotto scarpe grosse. i suoi occhi sono nero petrolio e s’illuminano quando avvertono l’accenno del sorriso altrui. altrimenti restano ingabbiati in orbite cerchiate da un trucco che deturpa. la signora esse un giorno mi passò davanti e vomitò a più riprese null’altro che alcool rappreso, continuando, imperterrita, a camminare. ne rimasi turbato. la sua presenza è familiare a chiunque frequenti la zona. come accade in occasioni simili, c’è chi si scansa e chi solidarizza. avevo conosciuto una fotografa che apparteneva al secondo gruppo. mi raccontò che la signora esse, un tempo, era una pittrice affermata. poi qualcosa si ruppe e la sua vita si accartocciò. le aveva chiesto di posare per i suoi scatti e la signora esse, sulle prime, ne sembrò entusiasta. per poi dimenticarsene subito. una mattina la incontrammo a boulevard tiburtini, le dicemmo buongiorno, la signora esse ci rispose con un sorriso clamoroso. non ricordo se la ragazza le accennò del servizio fotografico. ricordo che la signora esse le chiese, precipitosa, è il tuo ragazzo?, evidentemente lontana da noi, soddisfatta di correre in uno dei suoi mondi paralleli. scrollammo le spalle, divertiti dalla cosa. e lei, ancora, è un bel ragazzo, scappando via, a modo suo, trotterellando. di notte solitario, attraverso lo stesso viale desertico, e sogno di osservare i suoi quadri di ragazza. che mi incantano. che raccontano la violenza di un amore.
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4.9.08
12:17
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2.9.08
oblivion
mi torna difficile tornare, con insulsaggini come questa. eppure, lasciarla come incipit mi torna utile per il ragionamento che vado a incominciare. ho smesso perché mi sembrava di dismettere una buona parte di ciò che ero. poche ore fa un amico - anche lui sparito d’un tratto senza perché, improvvisamente, con la repentinità dell’azione che oggi va molto di moda, dopo che il postmoderno ha svuotato ogni tipo di ragione – mi ha scritto che la vita è piena di cesure. stupide, senza senso. gli ho risposto che le cesure servono eccome, spesso da esse origina una nuova vita. poi se no, pazienza. mi preoccupano di più le censure. il mondo d’oggi muore perché è soffocato dalla censura. per cui ignoro i sentimenti di chi mi è accanto, il suo reddito, la sua propensione ad assassinarmi.
una società la cui coesione è assoluta non è malata di questi germi. cooperare per estirparli richiederebbe un investimento sul prossimo che è suicida allo stesso modo della vita che conduco. i miei tarli mentali sono complicati da condividere. inestricabili con essi vi sono una serie di ragioni affettive, sentimentali, familiari, geografiche. un magnete i cui due poli sono l’insignificanza e la gloria: l’errore più nero della nostra generazione. credevo di leggere molto come estati fa, e invece ho osservato paesaggi senza nemmeno tormentarmi. ho vissuto in pace procrastinando i dubbi e mai ho scritto, nemmeno in brutta.
che basta poco cambiare lavoro, donna, paese, convinzioni. oppure semplicemente, come è capitato a me, confusamente abbozzare, e vivere di poco. ci sono romanzi che raccontano personaggi di dispersione indubbiamente più riusciti di quanto sia io. questo spazio privato rimane tale e probabilmente continuerò a inzepparlo di sbreghi linguistici fin quando reggo. però sappiate che il più è stato già detto, il meglio è già stato dato. infine, che il resto è sempre altrove. tra quelli che paiono uguali, eppure uguali non sono.
Pubblicato da maynardo alle 15:42 4 (con)tributi