16.6.05

aut aut

e così ho messo le ali, mi sono alzato in cielo, accarezzato da una leggera brezza estiva, ho sorvolato il mio quartiere che confina con il tuo, separati dalla ruggine dei binari della ferrovia, che si incrociano, che si dividono, che si sovrappongono, che scompaiono in sterpaglie ingiallite, sotto carrozze sventrate. e qui, in alto, solo l'indistinto ma costante rumore di sottofondo di questa città, chissà da quanto tempo non si ferma, ora vicino, ora lontanissimo, ora soffuso, ora fortissimo, una sirena impazzita, il lamento del vicino del terzo piano ne fanno parte, io volo e li porto con me. mentre piccoli omini s'affaticano a dar un senso alla strada che percorrono, mentre tu ottieni la tua razione di vita, distante da me, oltre i binari, divisa con chi sa chi. e seppure queste parole risultano vuote e inefficaci, m'accade quando volo sai?, mi faccio (sor)prendere dalla vastità, dalla impressionante numero di volontà che cozzano, la tua e la mia, e così smetto di battere le ali (così fragili), e non precipito, continuo a volare sospinto dal vento, non scelgo, e nonostante il rumore di questa città, resto in silenzio a sbirciare gli omini affaccendati che decidono di decidere.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Nel senso di keynesiano? :-)

Anonimo ha detto...

Vabbè quelli sono casi limite e cattiva letteratura ;-)