look back in anger
occorre la tenacia di un fitzcarraldo per replicare non al consenso della gente ma al suo confuso bisogno di chiarezza. le tribolazioni del centrosinistra italiano sono oramai letteratura di genere. la specialità del quale è fonte di ulteriori divisioni. lunedì prossimo, dopo mesi di tempesta giudiziaria e mediatica, in una sala del maschio angioino si celebrerà il consiglio comunale della città di napoli. il primo della nuova giunta iervolino. colei che non intende dimettersi. neanche di fronte all’evidenza di un suo mancato esercizio di controllo sull’azione amministrativa degli assessori della sua squadra. i protagonisti della scena politica campana paiono affetti da una miscela esplosiva di amor proprio e risentimento. in tali condizioni secondo nozioni da oratorio, è obiettivamente complicato servire il prossimo. figurarsi l’interesse pubblico. l’immediato retroterra metropolitano, intanto, è in fibrillazione per i nomi da presentare alle prossime amministrative. poi ancora, per la battaglia intorno al rinnovo delle cariche di maiuscoli e non meglio qualificabili Enti (comunità montane, consorzi per i servizi sociali, piani di zona, autorità d’ambito poco ottimali) dei quali nessuno, probabilmente nemmeno i nominati, conosce le competenze, le utilità, i passati risultati. un elettore del pd dovrebbe prendere atto del buon lavoro della sua leadership provinciale quando la sua direzione riesce a strappare una poltrona ai destrorsi-demitiani? spesso, poi, manca l’accordo sul nome e allora le pagine delle cronache locali annunciano che “il rebus è di natura squisitamente politica”. la politica tribale della spartizione, dei clan, dei clientes, dei brutali rapporti di forza, delle chiamate in correità. praticata com’è, fuori dall’evidenza pubblica, non può essere l’anglosassone politics. non è capace di perseguire ragionevoli politiche (nel senso di policy). nel frattempo, il malessere sociale cresce. la sua pericolosità risiede nel fatto che contagia individui e categorie sociali che non sanno spiegarlo, non hanno i mezzi economici e culturali per distinguere, gli vengono a mancare le opportunità per stordirsi e guardare altrove. nel tempo in cui è paradossale che l’asprezza della crisi sia certificata dalla cessione di kakà al manchester city.
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