11.11.08

revolutionary road

limpido: oggi il cielo è così limpido
come acqua chiara dentro gli occhi tuoi
che bagna gli occhi miei
io raccoglierò tutti i petali caduti dalla tua orchidea
tutti i giorni spesi dentro quell’idea
quei giorni che non torneranno mai
(…)

verano – moltheni


il problema è che l’ufficio non è un open space. come il resto del creato di nostra pertinenza. il problema è che l’edificio di fronte non è né un grattacielo né un palazzo in vetrocemento. ma pericolosamente qualcosa di intermedio. e lo spiazzo antistante culmina con una scultura moderna che è un accrocchio di brandelli di metallo. come lo spazio suburbano della sera, nulla di pianificato, dispersione di superfici e di vite. che temono il cambiamento perché potrebbe cambiarle. nessuno che abbia un’idea precisa di chi sia veramente. da una parte, un’assurda tensione al conformismo. dall’altra, torsione interiore perché siamo distanti nell’ideale di giustizia, nelle abitudini, nel disimpegno. sfibrato il tessuto civico, anemia pubblica: cura del ferro.

p.s. volevo ripromettermi nuovamente di non scrivere più. per non permettermi di rimasticare pensieri altrui perché comuni a tutti gli uomini. poi, però, nei miei indugi domestici mi sono trovato immobile al vetro del balcone, stupidamente impressionato perché appannato dal primo contrasto stagionale tra la temperatura esterna e il tepore di casa. l’immagine mi ha portato indietro a certi pomeriggi d’infanzia, quando, facendomi spazio tra le stoviglie della cucina, m’issavo alla finestra della cucina, spostavo i rami delle piante e disegnavo dueocchiunnasoeunaboccacheride. un attimo fa, ho ripetuto quel gesto e ho sentito il fluire angoscioso dei miei pensieri finalmente umanizzato.

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