'na cifra
roma, ore dodici di una
domenica di maggio, insolitamente fredda,
piazza san pietro, folla
di fedeli inneggia il nuovo papa,
lui venuto a guidare un
pontificato di cambiamento,
loro giunti da tutto il
mondo per una benedizione,
chi dalla cina, chi da
terracina,
lo sguardo che scruta verso
l’alto,
un continuo andirivieni
tra la cupola maestosa e
la finestra più alta del palazzo,
il vento che muove le
pieghe bianche della tenda,
chi vi scorge un’immagine
di santità,
altri ricordano le
sembianze di un papa del passato,
poi qualcuno stende dalla
finestra un panno rosso porpora,
e finalmente il vicario
di cristo si affaccia e saluta la piazza,
che gli risponde con un saluto
fragoroso ma nel contempo misurato,
dopodiché si spande in
quell’abbraccio un silenzio immenso,
tutti provano ad
accordarsi ad un solo cuore
e quel cuore si apre alla
parola di dio
…
roma, ore diciotto,
allo stadio olimpico, le
due squadre di calcio della città
si contendono il titolo nazionale
e l’accesso, per l’anno successivo,
ad una competizione europea,
in breve, in un anno
sportivo magro di soddisfazioni,
di progetti di
ricostruzione traballanti, se non fallimentari,
l’opportunità di
fregiarsi di una gloria postuma
altrimenti impensabile vista la qualità tecnica in campo,
altrimenti impensabile vista la qualità tecnica in campo,
l’evento si disputa in
pomeridiana per mitigare il rischio
di zuffe tra le due tifoserie,
l’attesa in città è
spasmodica da settimane,
il papa ha ricevuto le
due squadre,
esortandole alla testimonianza dei più alti valori sportivi,
esortandole alla testimonianza dei più alti valori sportivi,
eppure lo stadio in
alcuni settori presenta degli spazi vuoti,
gli stadi che non sono
accoglienti come quelli dell’europa che si vuole guadagnare,
ed infatti entrambe le
società hanno progetti di costruirseli nuovi, in periferia,
dalle squadre dei campioni alle squadre dei geometri,
dalle squadre dei campioni alle squadre dei geometri,
lontano da questo stadio
che ha ospitato le olimpiadi ma sparuti trionfi calcistici locali,
la partita, per lunghi
tratti tirata, termina uno a zero per i biancocelesti,
la città divisa in due
prima dell’incontro,
continuerà a dividersi nelle
lunghe analisi del post-gara,
in una inconciliabilità sportiva, umana, irreparabile
…
roma, ore ventidue,
al cinema barberini, sala
centrale di una piazza centralissima,
intitolata ad una
famiglia dell’aristocrazia cittadina,
file di giovani e meno
giovani
per assistere alla proiezione dell’ultimo film di sorrentino,
di cui la protagonista è
proprio la città di roma,
uno sguardo felliniano
sulla sua bellezza inesauribile ma estenuante,
la prima scena ritrae le
maschere strafatte di una festa cafona di questi tempi,
viste la facce presenti
in platea, non ci si può non riconoscere,
il protagonista è un
vitellone ultrasessantenne
che approda piuttosto amareggiato
alla fine della sua corsa,
la macchina da presa
giudica e continuamente contrappone
le bellezze dell’urbe alla
modestia morale di chi la abita,
all’uscita capannelli si
interrogano sul senso ultimo del film,
alcuni ci vogliono riflettere
su,
altri si dilungano in commenti
frettolosi,
bello o brutto che si sia
la folla si sfrangia in
mille giudizi estetici
…
roma, intera giornata di
domenica
si vota per rinnovare l’assemblea
capitolina e la carica di primo cittadino,
1667 candidati consiglieri
per 48 scranni disponibili,
19 diversi candidati a
sindaco,
cui si aggiungono 137
candidati al ruolo di presidente di municipio,
e 7090 aspiranti
consiglieri municipali,
l’affluenza alla fine
della giornata è scarsissima,
più bassa del 20% rispetto alle elezioni precedenti,
dopo una campagna elettorale deludente,
con piazze vuote le rare volte in cui i candidati
hanno provato a misurarsi,
si riduce a ritmi sempre crescenti
il divario tra il numero dei rappresentanti
e quello dei rappresentati
pare avverarsi la profezia della post-democrazia
per cui, finalmente, uno vale uno
ed in fondo, ognuno va per conto suo
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