1.4.10

senza i fatti

se rovisto nello scatolone disordinato dei ricordi, aiutato dal blog diario, negli ultimi aprile ritrovo solo disillusioni elettorali, possibili rivoluzioni civili trafitte sul nascere, dal popolaccio grullo che non capisce e che forse solo non si pone il problema ché la metà di esso o resta a casa o, nell’urna, è mosso da altre sfere (emotive). molto probabilmente sono io a non capire poiché il mio campione di osservazione è composto da amici delle elementari che figliano imperturbabili, chiusi nel quartiere popolare che mai hanno lasciato e amici delle superiori, emigrati oltre cortina, che si pongono come obiettivo una crescita personale infinita, scossi perché ancora non producono 740 all’altezza delle proprie incertezze. l’opinione che hanno del berlusconismo e dei suoi effetti non li divide di più della scelta che inconsciamente hanno compiuto, o stanno compiendo, riguardo la disponibilità ad accettare il nuovo modello di produzione, globale. nei fatti, chi rimane e chi si muove, secondo traiettorie che prescindono dai luoghi, da ogni legame con ciò che c’era prima, ignari di ciò che sarà. semplifico di molto il discorso se affermo che il problema nazionale non è berlusconi ma la modernità; quando mancano gli anticorpi necessari per affrontare la modernità, rischi di beccarti un’influenza di populismo illiberale, così sarà ricordato il ventennio 1990-2010. e hai voglia a sforzarsi di rintracciare le ragioni nei mali persistenti della penisola, controriformato senza riforma, con una amministrazione debole, una borghesia pavida, la massa codina, e via dicendo. sarebbe un tollerabile difetto vivere in un paese incapace di interrogare la sua lunghissima storia. quando qui invece, si aggiunge la grave responsabilità di non sapere sfidare il presente.

Nessun commento: